GAMBETTI, Sabatino
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- GAMBETTI, Sabatino
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Siena
- Data di nascita
- 27 Dicembre 1877
Attività e/o professione
- Qualifica
- Operaio
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
- Nasce a Siena il 27 dicembre 1877 da Lorenzo e Zelinda Lucchetti, operaio. Dipendente dell’officina ferroviaria, aderisce al movimento anarchico e frequenta Ferruccio e Guglielmo Boldrini, Luigi Montelatici, Vittorio Vagheggini e altri compagni di fede. Membro del Circolo libertario “Germinal”, esercita una certa influenza nell’ambiente sovversivo, fa propaganda tra i ferrovieri e si mostra sprezzante nei confronti delle autorità. Nel settembre 1907 partecipa ai tumulti contro il caroviveri e viene denunciato per oltraggio e violenze ai carabinieri. Schedato nel 1908 e condannato per le proteste di settembre, beneficia di un’amnistia. Trasferito a Rimini, è vigilato per la sua assiduità alle manifestazioni sovversive e arrestato per la pericolosità politica. Occupato, negli anni successivi, nelle officine ferroviarie di Foggia, Torino, Taranto e Caltanissetta, prende attivamente parte alla campagna per la liberazione di Augusto Masetti e, il 1° giugno 1914, presenta, a Taranto, il maggiore esponente anarchico italiano, Errico Malatesta, invitato a parlare su L’attuale momento politico.
Contrario all’intervento, Gambetti è chiamato alle armi alla fine del 1915 e mandato in Albania. Condannato per diserzione, lascia il carcere militare il 23 ottobre 1919, grazie all’amnistia di Nitti, e torna a lavorare in ferrovia. Spostatosi a Firenze nel 1920, emigra clandestinamente, nell’aprile 1924, a Marsiglia, dove aderisce al movimento “garibaldino” e fa opera di proselitismo perché altri compagni si iscrivano alle “legioni”. Segnalato per i legami con Attilio Sighieri, Dino Baldacci, Ranieri Arrighi e altri anarchici emigrati, è arrestato a Ventimiglia il 21 ottobre 1924 e perquisito attentamente, perché ritenuto “elemento pericolosissimo”. Tradotto a Firenze e sottoposto a “rigorosissima vigilanza”, viene fermato il 29 aprile 1925, alla vigilia di una visita di Vittorio Emanuele III nel capoluogo toscano, e rilasciato il 3 maggio.
Tornato a Marsiglia, dopo aver eluso la sorveglianza, prende parte alle proteste contro le condanne a morte di Sacco e Vanzetti e ad altre manifestazioni rivoluzionarie, insieme a Giulio Bacconi, Adarco Giannini, Paris Pampana e altri compagni, poi, al principio del 1927, lavora a La Ciotat. Segnalato a La Seyne-sur-Mer, a Port-de-Bouc e a Marsiglia, è colpito da decreto di espulsione nel 1932 e l’anno seguente è incluso nella prima categoria dei nemici del fascismo, gli attentatori residenti all’estero, perché è elemento esaltato e assai temibile, legato, per di più, al “pericolosissimo anarchico” sarzanese Ugo Boccardi. Nell’autunno 1936 parte per la Spagna e il 25 ottobre giunge a Perpignano, insieme a Giovanni Dettori, Amelia Melli Prati, Camillo Lanzillotta, Lucette Bled, la compagna di Ernesto Bonomini,a Karl Ernst Teuffel e altri antifascisti. Arruolatosi nella Colonna “Ascaso” CNT-FAIb, Gruppo “Angiolillo”, Gambetti prende parte ai sanguinosi combattimenti di Tardienta, Almudévar e Carrascal de Huesca e rimane in Spagna fino agli ultimi giorni di aprile 1937. Tornato in Francia, è fermato a Perpignan e condannato dal Tribunale di Céret a 12 mesi di carcere per violazione del decreto di espulsione (ridotti in appello a quattro mesi).
Trasferitosi a Tunisi il 27 maggio 1938, Gambetti è sospettato di voler tornare in Italia per compiere un attentato contro Mussolini, in collaborazione con Giovanni Antonio Puggioni, Vincenzo Mazzone (ex miliziano di Spagna), Luigi Damiani, Guglielmo Contucci e altri anarchici italiani, residenti nella colonia francese. Fermato dalla polizia e invitato a lasciare immediatamente Tunisi, Gambetti prende una decisione estrema: invece di tornare a Marsiglia, si imbarca su una nave diretta in Italia e rifiuta di scenderne, quando alcuni anarchici, informati della sua scelta, si accostano al bastimento con un altro natante e lo supplicano di gettarsi in mare per riportarlo a Tunisi. Arrestato a Palermo il 28 maggio e tradotto a Siena, Gambetti nega, negli interrogatori, ai quali è sottoposto il 4 giugno e il 6 luglio, di aver fatto parte dell’esercito “rosso” spagnolo e dichiara, in risposta a un articolo, apparso su «Il Risveglio anarchico», che l’accenno “circa la mia qualità di miliziano è falso. Ripeto che giammai mi sono recato nelle file dei rossi”. Ammette, invece, di aver fatto, in Spagna, il fabbro ferraio, ma nega di aver incontrato altri antifascisti e ripete di non conoscere Elena Melli, pur avendo scritto, nel 1932, una lettera al suo defunto compagno Errico Malatesta. L’ispettore dell’OVRA commenta che Gambetti si è mantenuto “ostinatamente reticente circa l’attività politica svolta all’estero ed i contatti avuti con gli elementi anarchici e fuorusciti in genere ed a nulla sono valsi tutti gli allettamenti, le contestazioni e lo speciale trattamento usatogli, in considerazione della sua età di 61 anni e delle sue malferme condizioni di salute”.
Assegnato al confino per cinque anni e deportato a Ventotene, Gambetti sbarca nell’isola il 22 agosto e non dà segni di cedimento, confermando immediatamente di essere un “accanito sovversivo” e “associandosi agli elementi più pericolosi”. Arrestato il 14 maggio 1939 per resistenza e violazione del regolamento della colonia e condannato il 7 giugno a tre mesi di arresti, continua a frequentare, nel 1940, gli antifascisti più temibili di Ventotene e nel 1942 è ancora un accanito avversario del regime di Mussolini. Il 10 luglio 1943 il direttore della colonia fascista, Marcello Guida, scrive che Gambetti è da ritenersi ancora “capace di svolgere con profitto propaganda sovversiva” e propone che “alla scadenza rimanga come internato [nell’]isola per tutta la durata della guerra”. Mussolini cade due settimane dopo la lettera di Guida, ma Gambetti non viene liberato ed è, invece, trasferito nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (AR), dal quale evade l’8 settembre 1943. Tornato a Firenze, vi risiede ancora il 17 novembre 1945, quando la Prefettura del capoluogo toscano scrive al Ministero dell’Interno che le sue “condizioni sono misere” e che “vive col ricavato del lavoro”. S’ignorano data e luogo di morte. (F. Bucci – C. Gregori – M. Lenzerini)
Fonti
- Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Confino Politico, f. personali, ad nomen; ivi, H2, b.27; Da Tunisi, «Il Risveglio anarchico», 18 giu. 1938.
Bibliografia: Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad indicem.
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- 181