​CARRÀ, Carlo Dalmazzo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​CARRÀ, Carlo Dalmazzo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Quargnento
Data di nascita
February 11 1881
Luogo di morte
Milano

Biografia / Storia

Nasce a Quargnento (Al) l’11 febbraio 1881 da Giuseppe e Giuseppina Pittolo. Nel 1893, ancora dodicenne, deve recarsi a lavorare a Valenza Po, dapprima come garzone muratore, successivamente in qualità di apprendista decoratore murale. Nella cittadina piemontese, così come a Milano, dove si trasferisce nel 1895, segue corsi serali di disegno. Coinvolto nel clima di fermento politico e sociale che caratterizza gli ultimi anni del secolo,  partecipa alle dimostrazioni contro la campagna d’Africa e assiste ad alcuni drammatici episodi durante i moti del 1898. Nel 1899 C. va a Parigi, dove lavora come decoratore nei padiglioni allestiti per la Grande esposizione del 1900. Nella  capitale francese ha la possibilità di conoscere la pittura antica e moderna. Entrato in contatto con il movimento anarchico francese, incontra l’ex-comunardo Amilcare Cipriani e assiste a un comizio di Sébastien Faure. Nel 1900 C. si reca a Londra per approfondire la propria cultura e pratica artistiche e per cercare un nuovo lavoro. Si lega con un gruppo di fuorusciti italiani, fra cui Emidio Recchioni e Alessandro Baccherini, che si ritrovano abitualmente nella pensione gestita da Mario Tedeschi. Legge importanti opere del pensiero politico socialista e anarchico (Fourier, Owen, Saint-Simon, Bakunin ecc.) e assume posizioni individualistico-libertarie. Alla morte di Umberto i, re d’Italia, assassinato il 29 luglio 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci, C., insieme con Tedeschi e altri anarchici, diffonde un manifesto, duramente criticato da E. Malatesta, in cui si prendono le distanze da quell’atto terroristico. Dipinge inoltre un ritratto del re ucciso, che viene esposto nella sede londinese del Circolo monarchico italiano. Rientrato in Italia nello stesso anno, C. lavora dapprima a Milano, presso una fabbrica di ventagli; svolge quindi l’attività di decoratore murale nel Canton Ticino e in varie città della Lombardia. A Milano C. frequenta la trattoria Lazzari, a Porta Tenaglia, luogo d’incontro di socialisti e di anarchici. Queste relazioni, il contatto quotidiano con il mondo del lavoro, lo studio delle opere di teorici dell’anarchismo individualista e del marxismo, dei testi di Bergson, di Nietzsche e di Sorel, rappresentano elementi che, tra il 1901 e il 1904, inducono C. “ad appassionar[si] ai problemi politici”, a percepire “l’urgenza di una risoluzione radicale dei problemi sociali” ( La mia vita, pp. 67-70). Si trova tra la folla durante gli scontri tra anarchici e cavalleria in occasione dei funerali di Angelo Galli, il giovane anarchico ucciso dal custode della Macchi e Passoni nel maggio 1906. Questa circostanza è all’origine della trasposizione di quell’evento nel quadro d’impostazione futurista I funerali  dell’anarchico Galli (1906-1911) e della frase “noi metteremo lo spettatore al centro del quadro”, che apparirà nel Manifesto tecnico della pittura futurista (1910). In quegli stessi anni C. esegue disegni per alcune pubblicazioni anarchiche: per la  Libreria Editrice Sociale fondata da Giuseppe Monanni e Leda Rafanelli al loro arrivo a MIlano,  e per le loro riviste «Sciarpa nera» e «La Rivolta», di cui traccia l’emblema; per «La Barricata» di Parma e per «La Rivolta» di Pistoia, delle quali compone la testata, ecc. Dipinge ritratti di Friedrich Engels, di P. Gori e di Nietzsche, e illustra testi di Paolo Valera. Insegna inoltre presso la Società Cooperativa Umanitaria, fondata a Milano dopo le barricate del 1898. Nel 1904 ottiene la direzione artistica della Cooperativa Pittori e Imbiancatori di Milano. Nel 1905 vince il premio della Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco, che gli consente di essere ammesso l’anno seguente all’Accademia di Brera, dove segue i corsi di Cesare Tallone. Entrato in contatto con Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, anch’essi orientati politicamente in senso socialista, C. passa dall’originario realismo ai modi del divisionismo. L’ingresso all’Accademia e il trasferimento di domicilio in via Brera hanno l’effetto di diradare in misura sempre maggiore i rapporti di C. con il gruppo anarchico dell’osteria Lazzari. Nella riconsiderazione retrospettiva della sua esistenza, C. svilisce il grado di rilevanza avuto dall’anarchismo nella sua maturazione intellettuale e artistica. Sottolinea il “divario” esistente tra l’andamento “occasionale” delle sue scelte ideologiche e il procedere “istintivo” e sicuro di quelle artistiche (ivi, p. 82). Tuttavia, in alcuni manifesti del futurismo, di cui C. è coautore e autore, si avvertono consonanze con alcuni principi dell’estetica anarchica e del sindacalismo di Sorel in particolare. Con gli anarchici e con i futuristi C. condivide non solo una profonda avversione nei confronti dell’egemonia culturale esercitata dalla borghesia, ma anche la convinzione che all’arte e agli artisti spetti una funzione di primo piano nella costruzione di una società su basi completamente rinnovate, in sintonia con i progressi della scienza e della tecnica. Nella progettualità politica di Sorel C. intravede inoltre una maggiore aderenza alla problematica storica e sociale dell’epoca rispetto a quella dei socialisti riformisti, quali, ad esempio, Eduard Bernstein, Karl Kautsky, Filippo Turati, Leonida Bissolati. Queste convinzioni politiche sono, tra l’altro, alla base dell’amicizia che, a partire dal 1909, lega C. a Renzo Provinciali e a Filippo Corridoni. Nel 1912 C. espone a Parigi, presso la galleria Bernheim Jeune, opere, quali La Stazione di Milano 1909, L’uscita dal teatro 1909, I funerali dell’anarchico Galli 1910-1911 ecc., che traducono efficacemente i principi di un’estetica volta a esaltare “le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa” (T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909). Durante i soggiorni nella capitale francese, C. stringe rapporti di amicizia con artisti d’avanguardia, come Georges Braque, Pablo Picasso – che lo avvicinano ai principi della pittura cubista –, Guillaume Apollinaire, Gustave Kahn, Amedeo Modigliani, Medardo Rosso ecc., anch’essi nella maggior parte simpatizzanti dell’anarchismo. Nel 1911 C. inizia una stretta collaborazione con gli scrittori de «La Voce» (Ardengo Soffici, Giuseppe Prezzolini, Scipio Slataper ecc.). Collabora assiduamente al quindicinale «Lacerba», fondato nel 1913, diretto da Giovanni Papini e Soffici e diventato l’organo del movimento futurista. Partecipa alle “serate futuriste”, dove si realizza quella percezione estetica “attiva” già propugnata da Proudhon (Du principe de l’art et e sa destination sociale (1865), Parigi, 1939, pp. 70-71). Allo scoppio della guerra, con l’amico Corridoni, la maggior parte dei futuristi e i gruppi legati alle riviste «La Voce» e «Lacerba», C. condivide l’adesione alla corrente interventista. Nel settembre 1914, insieme a Umberto Boccioni e a Luigi Russolo, C. firma la Sintesi futurista della guerra. Con Boccioni, Russolo e Marinetti viene arrestato per avere organizzato manifestazioni interventiste. Nel 1915, dipinge il collage Manifestazione interventista. Nello stesso anno pubblica il libro Guerrapittura, dove esalta il “nazionalismo futurista” e la guerra che aumenta le “possibilità creative” (pp. 45, 46). Contemporaneamente, dopo un “travaglio di coscienza”, che lo induce a considerare che la lotta rivendicativa “non comporta se non una generica e superficiale dialettica di assai scarso valore storico” (La mia vita, p. 123), C. abbandona definitivamente i principi del socialismo anarchico. Le convinzioni interventiste e nazionaliste lo spingono ad assumere toni di intolleranza ideologica. “Quando ci si convincerà che la gentetta socialista – che ogni giorno, ogni minuto sputa sentenze sulle libertà dei popoli –, come pure quella pseudoanarchica, sono alla libertà dei popoli molto più nocive della cosiddetta ‘borghesia sanguinaria, cinica, guerrafondaia’?” (Guerrapittura, pp. 5-6). Verso la fine del 1915 C. pone fine alla sua collaborazione con i futuristi. Negli articoli Parlata su Giotto (31 mar. 1916) e Paolo Uccello costruttore (30 set. 1916), pubblicati sulla nuova edizione de «LaVoce», uscita nel dicembre 1914 e diretta da Giuseppe De Robertiis, C. contrappone alla dottrina estetica e politica del futurismo, a suo avviso, ormai superata, una poetica volta a stabilire una stretta connessione tra opera pittorica e tradizione artistica italiana. Iniziatore, nel 1916, della pittura “metafisica”, insieme con Giorgio de Chirico – che ritrova nel 1917 nell’ospedale di Ferrara, insieme con Alberto Savinio, Corrado Govoni e Filippo De Pisis –, C. orienta la propria ricerca pittorica verso un “realismo magico”, un misticismo fantastico, propugnato anche da «Valori Plastici»,  rivista diretta da Mario Broglio, alla quale C. collabora dal 1919 al 1921. A giustificazione delle sue scelte artistiche e politiche C. adduce l’esigenza impellente di non accompagnarsi più ad alcuno, di essere solo se stesso, di rimanere fuori dalle correnti di qualsiasi tipo, nella convinzione che “i ‘movimenti’” contino poco, “siano essi fatti in nome della tradizione o della rivoluzione, poiché quello che conta è l’individuo” (Il rinnovamento della pittura in Italia, pt. iv, «Valori Plastici»,  mag.-giu. 1920, p. 55). C. ha ormai maturato un individualismo non più volto ad assimilare rivoluzione artistica e rivoluzione sociale, ma improntato ai valori dell’idealismo e alla ricerca di un “nuovo misticismo” (Misticità e ironia nella pittura contemporanea, ivi, lug.-ago. 1920, p. 69). Avverte il bisogno di riproporre nella sua pittura “le cose ordinarie” (Il quadrante dello spirito, «Valori Plastici», 15 nov. 1918, p. 1) sottratte dalle contingenze; di riavvicinarsi alla natura (al mare della Liguria e della Versilia, in particolare), nella ricerca di un “ordine nuovo”, di una “trascendenza plastica”, di una rappresentazione del reale che ne colga il mistero. Nel 1919 C. sposa a Milano Ines Minoja dalla quale ha, nel 1922, un figlio. Nel novembre 1922 partecipa alla costituzione della Corporazione nazionale delle Arti Plastiche, nella convinzione della necessità di una valorizzazione sociale delle arti, che ritiene perseguibile attraverso strutture associative e sindacali. Nel dicembre successivo assume la carica di critico d’arte sul giornale «L’Ambrosiano», che mantiene per venti anni. Collabora anche alle riviste «Esprit nouveau», «Convegno», «La Fiera letteraria», «La Ronda», «Tempo» ecc. Nel 1942 C. dipinge due affreschi nel Palazzo di Giustizia di Milano (Giustiniano che libera uno schiavo e Giudizio Universale), opere che definisce di carattere sociale e che, a causa delle polemiche suscitate per l’assenza di riferimenti a simboli del regime, vengono fatte ricoprire dalle autorità fasciste. Dal 1941 fino al 1952 occupa la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel dopoguerra, collabora come critico d’arte a «Milano Sera», «Omnibus» ecc. Da sempre fecondo disegnatore, C. illustra, fra l’altro, L’Odissea, tradotta da Quasimodo, Un coup de dés di Mallarmé e L’après-midi d’un faune, tradotto da Ungaretti. Muore a Milano il 13 aprile 1966.
 

Fonti

Bibliografia: scritti di C.: La pittura dei suoni, rumori e odori. Manifesto futurista, 11 agosto 1913, «Lacerba», 1° set. 1913; Guerrapittura-Futurismo-Dinamismo plastico-12 disegni guerreschi-Parole in libertà, Milano 1915; Pittura metafisica, Firenze 1919; Taccuino, «L’Ambrosiano», Milano, mar. 1935; La mia vita, Milano 1943; Tutta l’opera pittorica, a cura di M. Carrà 1967, 3 voll.; Tutti gli scritti, a cura di M. Carrà, Milano 1978; Disegni, acqueforti, litografie, a cura di M. Carrà, Firenze, 1980. Scritti con altri: U. Boccioni et al.Manifesto dei Pittori futuristi11 febbraio 1910, apparso precedentemente in «Poesia», (p. 83), col titolo Agli artisti giovani d’Italia, 11 feb. 1910; U. Boccioni, et al., La Pittura futurista. Manifesto tecnico, 11 aprile 1910, in I manifesti del Futurismo, Firenze 1914; C. e A. Soffici, Lettere 1913-1929, Milano 1983. Scritti su C.: R. Provinciali, Anarchismo e futurismo, «La Barricata», Parma, 1 e 15-31 mag. 1912; M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Milano 1988 (1959); M. Drudi Gambillo, T. Fiori, Archivi del futurismo, Roma 1962; M. De Micheli, L’ideologia politica del Futurismo, «Controspazio», apr.-mag.1971; P.C. Masini, “Noi vogliamo glorificare il gesto distruttore dei libertari”, in Il Futurismo, a cura di V. Gabanizza, Milano 1976, pp. 88-89; M. De Micheli, L’arte fra anarchia fascismo e rivoluzione, «Questarte», Pescara, giu. 1984, p. 20; A. Ciampi, Futuristi e Anarchici. Quali rapporti? Dal Primo manifesto alla prima guerra mondiale e dintorni (1909-1917), Pistoia 1989; M. Antonioli, Pietro Gori il cavaliere errante dell’anarchia. Studi e testi, Pisa 1996 (n. ed.). 

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Giuseppina Pittolo

Bibliografia

2003

Persona

Collezione

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