CARNESECCHI, Dante

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
CARNESECCHI, Dante

Date di esistenza

Luogo di nascita
Vezzano Ligure
Data di nascita
March 12 1892
Luogo di morte
La Spezia

Biografia / Storia

Nativo di Arcola (Sp), è personaggio di rilievo nel movimento anarchico spezzino: uomo audacissimo, il più temibile sovversivo di un gruppo, di cui fanno parte Abele Ricieri Ferrari (“Renzo Novatore”), Tintino Persio Rasi (“Auro d’Arcola”) e Sante Pollastro. Accusato di aver partecipato all’assalto della Polveriera di Vallegrande il 4 giugno 1920, C. viene tratto in arresto nel settembre successivo, dopo l’occupazione delle fabbriche. Il giornale «Il Libertario» di La Spezia racconta che la stampa conservatrice sta facendo “un gran can can per l’arresto del terribile pregiudicato Carnesecchi, sul quale pendevano 4 mandati di cattura, che fu uno degli assalitori della Polveriera e che aveva la casa piena d’armi d’ogni genere. E se non ridi, di che rider suoli? Il Carnesecchi non è mai stato ricercato, tanto vero che tutti lo hanno veduto fino al giorno del suo arresto passeggiare tranquillamente in città e dintorni e perfino in Pretura ed in Tribunale. E nientemeno aveva 4 mandati di cattura! O perché non lo hanno preso prima? Mistero!” Il 7 ottobre 1920 il compagno di lotta  Ferrari scrive: “Dante Carnesecchi è una delle più belle figure dell’individualismo anarchico. Alto, vigoroso, pallido e bruno. Occhi taglienti e penetranti di ribelle e di dominatore. Ha l’agilità di un acrobata ed è dotato di una forza erculea. Ha ventotto anni. È un solitario ed ha pochissimi amici. L’indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima. Nelle conversazioni è un vulcano impetuoso di critica corrodente. È sarcastico, ironico, sprezzante […]. È un anarchico veramente individualista”. Rimesso in libertà, dopo sei mesi di carcere preventivo, per mancanza di qualunque indizio, C. è vittima di un agguato ordito da sette carabinieri, ben noti per aver provocato e arrestato altri sovversivi, e viene assassinato al Termo d’Arcola la sera del 27 marzo 1921, a pochi passi da casa sua. “Si trattava” scriverà Tintino Rasi “di una caserma speciale, fuori classe, a cui erano stati chiamati, mediante concorso volontario, una dozzina di militi scelti tra i più brutali e i più sanguinari dell’arma”. Gli anarchici denunciano apertamente i militi e li accusano di avere “proditoriamente e selvaggiamente assassinato” il loro compagno di ideali: il 27 marzo i carabinieri del “Limone” – racconta «Il Libertario» – sono sortiti dalla caserma come “cannibali ebbri ed armati”, al comando di un “nefasto brigadiere”, e si sono recati “al canto provocatore di ‘Bandiera rossa’ ed altri inni sovversivi in ricerca della preda designata al Termo d’Arcola”. Qui hanno schiamazzato, bevuto e costretto, con la violenza, la gente a rincasare, poi sono piombati su C., che usciva di casa con lo zio Azeglio e l’amico Franceschini, portando con sé una chitarra, e hanno brutalmente colpito Azeglio con una frusta e sparato a Franceschini, senza ferirlo. Quanto a C., egli è stato schiaffeggiato dal brigadiere e investito dai militi con “una briaca, tempestosa sfuriata di nervate”, prima di essere abbattuto da una fucilata alla schiena e colpito da numerose rivoltellate e pugnalate, mentre i carabinieri urlavano: “Vigliacco! Voglio spezzarti il cuore con una revolverata!” e il brigadiere ordinava: “Prendi il pugnale, spaccagli il cuore!”. Il 29 marzo 1921 la mamma di C. smentisce la versione dell’accaduto, diffusa da «Il Tirreno» e da altri giornali conservatori, puntualizzando che il 27 marzo i carabinieri hanno ingiunto al figlio e ai suoi due compagni di fermarsi e di alzare le braccia: “Mio figlio e gli altri obbedirono chiedendo a quei sette […] chi fossero. Rispose il brigadiere qualificandosi e mio figlio declinò allora il suo nome. A questo punto il brigadiere, saputo che davanti aveva mio figlio, gli vibrò uno schiaffo e tutti i carabinieri incominciarono a colpire con nerbate e pugnalate i tre disgraziati, i quali tentarono di salvarsi con la fuga. Mio figlio venne travolto e gettato a terra dove fu colpito da vari colpi di rivoltella e di fucile. […]. È pure falso che mio figlio fosse colpito da mandato di cattura”. Migliaia di lavoratori partecipano ai funerali di C., che riescono “seri, imponenti, commoventi”, nonostante gli espedienti della Questura locale, che ha censurato i manifesti degli anarchici e della CdL sindacale. Il carro funebre è coperto di corone, la bara avvolta da un labaro rosso, sul quale è scritto in nero: “Giù le armi”. Sono presenti anarchici, comunisti, socialisti e operai iscritti alla CdL sindacale e a quella confederale. Il saluto all’assassinato è portato da P. Binazzi, direttore de «Il Libertario» della Spezia, e da Ennio Mattias, segretario della CdL sindacalista.
 

Fonti

Fonti: Arresti, «Il Libertario», 30 set. 1920; R. Novatore, (Abele Ricieri Ferrari). Dante Carnesecchi, ivi, 7 ott. 1920; Il compagno Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri del Limone, ivi, 31 mar. 1921; Spezia. L’assassinio del compagno Carnesecchi Dante, ivi; Carnesecchi, Lucia. Lettera della madre di Carnesecchi, ivi; I funerali di Dante Carnesecchi, ivi, 7 apr. 1921; T.P. Rasi, I nostri caduti. Dante Carnesecchi, «L'Adunata dei refrattari», 11 mag. 1929.

Bibliografia: Un trentennio di attività anarchica. 1914-1945, Cesena 1953, p. 53; M. Novelli, Cavalieri del nulla. Renzo Novatore, poeta, Sante Pollastro, bandito. Casalvelino Scalo 1998, pp. 81-83.

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2003

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