​FERRERO, Pietro

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​FERRERO, Pietro

Date di esistenza

Luogo di nascita
Grugliasco
Data di nascita
May 12 1892
Luogo di morte
Torino

Biografia / Storia

Nasce a Grugliasco (TO) il 12 maggio 1892 da Giuseppe, fondatore della Cooperativa lime, e da Carlotta Carolina Scarafia. Dopo le elementari, viene avviato al lavoro come operaio piastrellista. Per quanto F. possa essersi avvicinato giovanissimo all’anarchismo, è difficile pensarlo neppure tredicenne come “tra i primi aderenti al Circolo di studi sociali sorto alla Barriera di Milano nel febbraio 1905 con lo scopo di lottare contro il riformismo” (Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen). Secondo una testimonianza di Maurizio Garino (M. Revelli, Maurizio Garino: storia di un anarchico, «Mezzosecolo», n. 4, 1980/82) è invece opportuno vedere nell’agitazione pro-Ferrer e nella tragica fine dell’anarchico spagnolo, nell’ottobre 1909, il momento dell’adesione consapevole ai principi libertari sull’onda di un astensionismo istintivo frutto della delusione nei confronti del socialismo ufficiale torinese, profondamente riformista e chiuso nella logica elettorale. Agli inizi del 1910 F. è, con Garino, uno dei fondatori della Scuola Moderna, in realtà una sorta di circolo culturale con lezioni, conferenze e dibattiti per e tra giovani operai, al quale – sempre secondo Garino – partecipano anche alcuni studenti universitari. Nel gennaio 1912, dopo la firma della convenzione tra la FIOM e il Consorzio automobilistico torinese duramente contestata dai disorganizzati perché in cambio del “sabato inglese” aboliva le tolleranze e introduceva la trattenuta sindacale obbligatoria, F. aderisce al nuovo Sindacato Unico Metallurgico, sorto per opera dei sindacalisti rivoluzionari, e partecipa allo sciopero proclamato da detto sindacato, risoltosi dopo più di due mesi con una grave sconfitta. L’esperienza negativa della divisione sindacale lo induce a farsi portatore nell’ambito del Fascio Libertario Torinese, insieme con Garino, della scelta unitaria a favore della fiom, anche dopo la costituzione, nel novembre 1912, dell’USI. Per quanto priva di fondamento l’indicazione che F. sia redattore del supplemento torinese de «Il Metallurgico», «La Squilla», nel 1912 (ESMOI, da cui Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, Dizionario biografico degli italiani, Roma [pubbl. in corso], ecc.), è comunque certo che il nuovo, grande conflitto della primavera del 1913 nel settore dell’auto, chiuso favorevolmente dalla fiom, segni il ritorno di numerosi anarchici nell’organizzazione federale, lasciando all’usi margini di manovra così scarsi che Borghi avrebbe scritto nel 1917: “Torino – Niente di nostro”. Durante la guerra F. lavora come operaio militarizzato presso l’Arsenale, per essere poi assunto come meccanico alla fiat nel 1918. La “leggenda” biografica su F. lo vuole fermo oppositore del Comitato di mobilitazione industriale prima e della partecipazione operaia alla Commissione per lo studio dei problemi del dopoguerra, detta “Commissionissima”, poi. Il primo dato, abbastanza naturale per un anarchico, è esplicitato da Garino (“Era un organismo di collaborazione di classe. E per questo noi eravamo contrari”); mentre il secondo è del tutto ovvio, visto che l’intera Sezione torinese “fu contraria a detta Commissione” (C. Artesani, Ai compagni, «La Squilla», 12 set. 1918). In realtà, alla vigilia del Convegno Regionale Metallurgico del 22 settembre 1918 lo scontro tra tendenze all’interno della Sezione fiom di Torino è quanto mai acceso e si deve ricorrere al referendum di lista per la nomina dei delegati. Da parte riformista si sottolinea come sia “strano che nei delegati a questo convegno si debba includere dei compagni anarchici (quale Garino) che non possono essere favorevoli che alla assoluta autonomia della Organizzazione” (ibid.). Preoccupazione principale del gruppo dirigente è la possibile saldatura tra il “gruppo libertario”, fautore dell’autonomia sindacale ma in realtà deciso a “nascondere dietro il paravento dell’unità sindacale il [suo] sogno di conquista”, e la corrente massimalista, i cosiddetti “rigidi”, convinta della subalternità del sindacato al partito (G. Gotta, Ognuno al suo posto, «La Squilla», 19 ott. 1918). In effetti, agli inizi del 1919 l’opposizione alla linea del Comitato Direttivo si sta coagulando in un blocco anarco-massimalista. Le Commissioni interne, riconosciute dall’accordo del 20 febbraio, tendono superare le loro prerogative sfuggendo al controllo dell’organizzazione e in qualche modo sostituendosi ad essa. Dall’agosto 1919, a partire dalla FIAT Centro, le Commissioni interne procedono alla elezione dei commissari di reparto che danno vita ai Consigli di Fabbrica, ciascuno dei quali nomina un Comitato esecutivo che a sua volta assume le funzioni di Commissione interna. Il 17 ottobre la prima riunione dei Comitati esecutivi dei Consigli costituisce un Comissariato centrale dei Consigli. Il 1° novembre l’assemblea della Sezione torinese della FIOM approva “a grande maggioranza” l’odg Boero-Garino, favorevole alla “costituzione dei Consigli operai di fabbrica, mediante l’elezione dei Commissari di reparto” (p. t. [P. Togliatti], L’Assemblea della Sezione Metallurgica Torinese, «L’Ordine nuovo», 8 nov. 1919), mettendo in minoranza il vecchio Consiglio direttivo ed eleggendone uno nuovo, provvisorio, al cui interno F., pare su indicazione di Garino che declina un primo invito, assume le funzioni di segretario. Contestualmente, viene istituita una Commissione di studio sui consigli, alla quale partecipano anche Garino e F., e che tiene spesso le sue riunioni nei locali de «L’Ordine nuovo». Da qui nasce anche la consuetudine con gli ordinovisti e con Gramsci, che scriverà dei due anarchici in termini estremamente positivi (Cosa intendiamo per demagogia, «Avanti!», ed. piemontese, 28 ago. 1920), e una collaborazione che si esprimerà nel manifesto Per il Congresso dei Consigli di fabbrica, apparso ne «L’Ordine nuovo» del 27 marzo 1920. Al Convegno straordinario della fiom a Firenze (9-10 nov. 1919) Boero e Garino riescono a ottenere che i vertici federali consentano all’“esperimento dei Consigli di fabbrica” intesi come “la continuazione dell’opera delle Commissioni interne coordinata con quella dell’organizzazione” (M. Antonioli, B. Bezza, La fiom dalle origini al fascismo, Bari 1978, p. 575). In quanto segretario della Sezione metallurgica F. ha un ruolo di primo piano nei movimenti successivi, dal cosiddetto sciopero delle multe (14-23 nov.), alla grande mobilitazione di protesta del 23 dicembre per l’aggressione dei carabinieri ai deputati socialisti a Roma, allo sciopero delle lancette del marzo-aprile 1920, sfociato in uno sfortunato sciopero generale. Nel dicembre 1919 F. partecipa al Congresso straordinario della cdl di Torino e presenta, con Garino, una mozione a favore dei Consigli, ritenuti “ai fini dei principi comunistiantiautoritari, organi assolutamente antistatali e possibili cellule della futura gestione della produzione agricola e industriale”. Quando, nel maggio 1920, si tiene a Genova il Convegno nazionale della FIOM, F. non solo difende “l’esperimento” consiliare dagli attacchi dell’ex segretario torinese Uberti e di Bruno Buozzi, ma mette sotto accusa “la impreparazione degli Organismi centrali nazionali”, dichiarando: “La rivoluzione si fa dalle masse, che agiscono per istinto. Bisogna lasciarle tentare” (ivi, p. 589). Sempre con Garino interviene al Congresso anarchico piemontese del giugno seguente proponendo il medesimo odg del Congresso camerale, anche se sarà il solo Garino a farsene portatore al Congresso bolognese dell’UAI (1°-4 lug. 1920). Nell’agosto 1920 F. interviene al Convegno straordinario della FIOM in cui si decide la tattica dell’ostruzionismo, nel tentativo di indurre gli industriali ad accogliere il memoriale della Federazione. La risposta imprenditoriale con la serrata dà il via all’occupazione delle fabbriche, di cui F. è uno degli infaticabili animatori. Attorno a lui si coagula l’opposizione alla linea dei dirigenti federali, propensi a mantenere la vertenza sul terreno sindacale e a chiuderla con il compromesso giolittiano sul “controllo operaio”. Suo è l’odg che al Congresso milanese del 1621 settembre ottiene 42.140 voti contro i 148.740 di quello di Buozzi, sancendo la sconfitta di chi aveva nutrito “speranze rivoluzionarie” e aveva intravisto “nell’allargamento della occupazione a tutte le industrie compresi i servizi pubblici la realizzazione immediata delle aspirazioni economiche” (ivi, p. 630). Nel febbraio 1921 F. riporta in vita «La Squilla», assumendone l’incarico di redattore responsabile. Presente, come in un drammatico crescendo, al Congresso straordinario di Roma dell’ottobre, dove deve difendere la sezione di Torino dall’accusa di aver leso i diritti dell’opposizione socialista, e al Convegno genovese del giugno 1922, in cui l’anomalia del caso torinese (considerata in mano ai “comunisti”) viene posta ancora sul tappeto, a Torino deve affrontare l’offensiva fascista. Il 18 dicembre 1922 le squadre di Pietro Brandimarte, per vendicare l’uccisione di due camerati, danno il via a una feroce “rappresaglia”. Numerosi sono i morti (tra i quali Carlo Berruti) e i feriti. F., sorpreso alla Camera del lavoro, viene in un primo tempo pestato a sangue e lasciato andare. Catturato nuovamente (si era recato a mettere in salvo la cassa della FIOM), “dopo essere stato colpito ferocemente, [viene] legato per i piedi ad un camion e trascinato a lungo per i viali di Torino” (Trentennio, p. 77). Il suo corpo, irriconoscibile, viene abbandonato ai piedi della statua di Vittorio Emauele ii ed è identificato grazie a una tessera della Croce Verde. Ricorda ancora Garino: “Vado all’ospedale S. Giovanni, nella camera mortuaria. ‘Ma dov’è?’. C’erano due cadaveri [F. e Berruti]. Insomma, Ferrero era lì, col suo cappotto tutto sporco, tutto rotto, tutto tumefatto, e io non l’avevo nemmeno riconosciuto, finché non l’ho visto di profilo. E poi ho trovato quei documenti lì, che ho ancora, che mi hanno poi consegnato dopo, tutti macchiati di sangue”. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Il massacro di Pietro Ferrero, «Avanti!», 11 lug. 1924; I nostri caduti. Pietro Ferrero, «Era nuova», 21 lug. 1945; G. M. [M. Garino], 18 dicembre 1922. Pietro Ferrero, ivi, 15 dic. 1946; Il proletariato militante: Pietro Ferrero, «L’Impulso», lug.ago. 1950.
 
Bibliografia: Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, 6 voll., Milano-Bergamo 1968-1989, ad nomen; Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen; Dizionario biografico degli italiani, Roma [pubbl. in corso], ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Giuseppe e madre ignota

Bibliografia

2003

Oggetto

Persona

Collezione

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