​FELICÒ, Luigi

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​FELICÒ, Luigi

Date di esistenza

Luogo di nascita
Gaeta
Data di nascita
August 19 1844
Luogo di morte
Napoli

Biografia / Storia

Nasce a Gaeta (LT) il 19 agosto 1844 da Abramo e Marianna Sciacca, tipografo. Maz­zi­niano, diventa socialista dopo la Comune e l’incontro con Cafiero, inviato a Napoli da En­gels per organizzare il movimento operaio. Nel 1872 è tra i dirigenti della Federazione Operaia Napoletana, sezione dell’Internazionale, di cui firma il pro­gramma, uscito il 10 marzo 1872 su «La Campana», e guida i fabbri da letto in una riuscita vertenza sala­riale. Nell’agosto 1872 pubblica sul «Bollettino dei lavora­tori» il verbale della Conferenza di Ri­mini, dove i na­poletani si schierano per Bakunin, poi sconta sei mesi di car­cere per istiga­zione allo sciopero. Nel 1876 rompe con gli in­transigenti, fonda la Federazione Anti-anar­chica, ispirata a criteri evoluzionisti e aperta a istanze sindacali e parlamentari, e invita i lavoratori a rifiutare la guida di intel­lettuali intransigenti e individua­listi. A «Il Martello» di Bologna che attacca «L’Operaio», organo della Federa­zione dissi­dente, e alla Commissione di corrispondenza che il 18 marzo 1877 ne sconfessa le posi­zioni, F. replica duramente definendo Cafiero, Co­velli e Malatesta “bor­ghesi ma­scherati da operai […] che vi­vono senza giustifi­care i mezzi della loro esistenza”. Dopo il moto di San Lupo, il dissenso cresce; F. rimprovera agli insurrezionisti lo scollamento tra iniziative di lotta e realtà operaia e assume un ruolo preminente nella corrente evoluzionista che, in attesa della rivoluzione, si pone obiettivi di carattere sindacale. Riorganizzata la so­cietà “Amore e soccorso”, vi attiva una sezione operaia e rivaluta gli scio­peri, espe­dienti transitori, che senza “mutare definitivamente la condizione della classe operaia, ne possono lenire i dolori”. Il 29 agosto 1879 è condannato a vari mesi di prigione per isti­gazione allo sciopero. Tor­nato libero, induce varie società ope­raie a riorganizzarsi su basi esclusivi­stiche. La sua azione, priva di un’adeguata elaborazione teorica, non ac­quista la consa­pevo­lezza delle scelte strategiche, ma lo scontro con gli intransigenti si fa così duro che, schiaffeg­giato da Merlino, F. lo sfida a duello. Nel febbraio 1880 pubblica «Lo Sgrammati­cato», organo della società “Biasimo e Lode”, che gli deve lo sta­tuto. Benché il titolo richiami la ten­denza esclusivista e la polemica con gli intellettuali, il giornale è vi­cino a Merlino e attacca anzitutto lo Stato, che si basa sulla guerra e rappresenta il vero ostacolo al pro­gresso dei po­poli. Il 22 ago­sto 1880 pub­blica «Il Grido del popolo», che sostituisce «Lo Sgrammaticato» e riprende con singolare fragi­lità teorica e scarsa coerenza l’attacco ai “rivoluzio­nari bor­ghesi”; sinto­matica, in tal senso, la sfiducia negli scioperi, utili ap­pena un anno prima, e ora ri­fiutati, perché, scrive F., è lo Stato a garantire il capitale e con lo Stato “si lotta con la rivolu­zione, non con gli scio­peri”. Lenta­mente, però, grazie anche a Merlino, che ne è capo redattore, il gior­nale assu­me una forte identità anarchica e di­venta punto di riferimento per il movimento rivoluzionario ita­liano. Il 19 novembre 1880 F. vi pubblica il resoconto del congresso di La Chaux-de-Fonds, che segna il passag­gio al co­munismo anar­chico, e pochi mesi dopo quello del congresso di Lon­dra del 14 luglio 1881, cui partecipa di persona. L’intesa con Merlino, espulso ben presto dalla redazione de «Il Grido del popolo», è breve: nel mag­gio 1882 F. gli nega con altri compagni il mandato di rappresentanza, ottiene la nomina d’una CdC legata a Cafiero, che intanto è passato ai “legali­tari”, quindi aderisce alla Lega dei Figli del Lavoro, una società operaia legata a Costa, che si propone obiettivi elettorali e sin­dacali. Ai primi del 1883 F. torna su posi­zioni intransigenti e gli anarchici napoletani, superati i dissensi, formano un gruppo unico, guidato da Mer­lino. Il 23 aprile però Merlino è arrestato e F. assume con Giustiniani la guida del movi­mento, impedendo ai compagni di unirsi ai “le­galitari”. Nel maggio 1884 fonda «La Sferza» ma, accusato di istigazione allo sciopero, ai primi del 1886 finisce in carcere per sette mesi. Nel 1887 pub­blica con Giovanni Bergamasco «Il Demoli­tore», organo del circolo comunista anarchico “Il Lavoratore”, che esce il 17 settembre 1887 sotto la direzione di Fran­cesco Cacozza e at­tacca Mer­lino, ormai incline a forme di or­ganizzazione. Nel 1888 rifiuta l’adesione alla Lega dell’Unione dei Popoli Latini, promossa da Cipriani, per rinsal­dare l’amicizia con la Francia minata dalla poli­tica di Crispi, fonda con Bergama­sco e Angelo Ciccarelli il Circolo Istrut­tivo “Miseria” e pro­muove un’agitazione contro l’istituto dell’ammonizione incluso nella nuova legge di PS; l’iniziativa naufraga perché molti soci rifiutano di coin­volgere militanti di paesi esteri. De­ciso a di­fendere l’identità anarchica, il 10 marzo 1889 convince i compagni del circolo “Ope­raio emancipato” a non commemorare Mazzini, ricordandone l’ostilità per gli anar­chici e la solidarietà espressa alla borghesia fran­cese durante la Comune. La rottura è netta e gli intransigenti, gui­dati da Bergamasco e F., costitui­scono dapprima un proprio gruppo, dedicato ad “Augusto Spies”, poi, acuitosi il dissenso coi “lega­litari”, fon­dano un Circolo So­cialista di Studi Sociali in cui, gra­zie anche a Merlino, con­flui­scono i gruppi “Augusto Spies” e “L’Operaio della vita nuova”. Il dissidio, in effetti, è insanabile. Lo di­mostrano l’espulsione dagli anar­chici dal Con­gresso delle Società Operaie Affra­tellate, che si apre a Napoli il 19 giugno 1889, e la prote­sta indiriz­zata dal F. alle associa­zioni socialiste del Paese. Certo, anarchici e socialisti operano an­cora insieme – con alcuni socialisti F. è arre­stato il 1° maggio 1890 per istigazione all’odio fra le classi sociali – ma le loro strade sono or­mai sepa­rate. Il 12 luglio F. è assolto in appello dalle accuse più gravi e il 28 ottobre torna a pubblicare «Il Grido del popolo», di cui resta direttore. Dopo il congresso di Capo­lago pro­pone di creare un partito rivoluzionario socialista anar­chico che lotti con­tro la divisione degli “uomini in diverse classi, con di­versi pri­vi­legi”, che ge­nerano odio e ingiustizia. La risposta repressiva è dura e reiterata: il 26 aprile 1891 F. è arrestato per istiga­zione alla disobbedienza della legge e all’odio tra le classi sociali e per i con­tatti avuti con gli anarchici di Li­vorno e Corato in vista di un viaggio di Ci­priani. Il 22 aprile 1892, condan­nato a 10 mesi di carcere per i fatti del 1° maggio 1891, ricorre in ap­pello, ma è arrestato per associa­zione a delinquere. Nel 1893 è assolto da ogni accusa, ma non sfugge alle leggi speciali di Crispi e il 2 ottobre 1894, con­dannato a tre anni di domicilio co­atto, è spedito prima a Porto Ercole poi alle Tre­miti, da dove, nel luglio 1895, denuncia alla stampa le penose condizioni di vita dei coatti. Il 7 luglio 1896 ottiene la libertà provvisoria per la salute malferma e torna in una città in cui i socialisti legalitari conqui­stano le piazze. Partecipa ai moti del 1898, poi, senza rinun­ciare alle sue idee – il 5 ottobre 1902, in un dibattito tra so­cialisti e anarchici, so­stiene la necessità della rivo­luzione – esce di scena. Torna in piazza nel 1907, con gli inquilini in lotta per il ri­basso delle pigioni, in una città che, in pieno “decollo in­du­striale”, soffre dei suoi mali più antichi, e a 63 anni, arrestato per un manifesto clandestino, subisce l’ennesima denuncia per istiga­zione all’odio tra le classi sociali. Nel 1908 tenta di formare un Comitato nazionale per il ribasso dei viveri e delle pigioni; il 27 gennaio 1909 pubblica «L’Internazionale dei lavoratori», riaprendo l’antica pole­mica col socialismo lega­litario e gli “operai del pen­siero” che – scrive – traggono vita e “ricchezze dall’opera e dal lavoro al­trui” e, poco dopo, è tra i fondatori del gruppo anarchico “Sor­gete”. Il 9 ottobre 1910 – quando un ordi­gno esplode davanti alla Chiesa del Buon Consiglio – la magistratura cerca invano di coinvolgerlo nell’attentato. Pre­sente in ogni agitazione, nel gennaio 1914, a un comi­zio contro il caro-casa, chiede ironicamente al “Munici­pio due metri quadrati di terra in cam­pagna” perché – grida – “voglio attendarmi” e in­vita a lasciare le case per co­struirsi baracche, susci­tando gli applausi della folla. Il 10 giugno, poi, al comizio di protesta per l’eccidio di An­cona, chiede ai lavoratori “l’abolizione dello Stato” e la vendetta dei compagni “morti per la difesa del diritto del po­polo”. Di lì a poco, quando l’ombra della guerra grava sul paese, propone di lottare per trasformare un in­tervento dell’Italia nella scintilla della rivoluzione. È la tesi che ai primi del 1915 sostiene in una riunione con­tro la guerra europea che dege­nera in rissa tra neutralisti e interventisti. Il 26 novem­bre 1916, quando Bordiga inter­rompe Enrico Corra­dini durante una conferenza sulla guerra e la lotta di classe, è coin­volto in un tumulto se­dato a stento dalla polizia. Nell’aprile 1917 è con­dannato a un mese di prigione col bene­ficio della condi­zionale per oltraggio agli agenti di PS ed eccitamento alla rivolta. Pochi giorni dopo, al circolo so­cialista “Francisco Fer­rer”, cri­tica i dissensi che indeboliscono la propaganda contro la guerra ed è incluso tra i rivoluzio­nari pericolosi per la loro attività disfat­tista. Il 13 maggio 1917, infine, parlando nella sede del partito socialista uf­ficiale, ac­cusa la Chiesa di volgere a proprio favore e a vantaggio del capitalismo la trage­dia dalla guerra. Vecchio e malato, muore a Napoli il 9 maggio 1921. (G. Aragno)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Pubblica Sicurezza, b. 3b, sf. Napoli; Archivio di Stato Napoli, Fondo Questura f. 86 bis, Fascio dei Lavo­ratori; ivi, f. 86 ter, As­sociazione Collettivista; ivi, f. 96, Operaio Emancipato; ivi, f. 128, Socialisti; ivi, f. 165, Denunzie per l’assegnazione di anarchici nel domici­lio coatto; Fondo Prefet­tura, f. 414, Società Amore e Soccorso; ivi, f. 915, Relazioni sullo spirito pubblico.
 
Bibliografia: A. Romano, Storia del mo­vimento socialista in Italia (18611882), Bari 1966, ad indicem; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1, t. 1, Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972, ad indicem ; F. Della Peruta, Demo­cra­zia e socialismo nel Risorgimento, Roma 1973, ad indicem; A. Sci­rocco, Demo­crazia e socialismo a Napoli dopo l’Unità. 1860-1878, Na­poli 1973, ad indicem; N. Dell’Erba, Le origini del socialismo a Napoli, Milano 1979; Id., Giornali e gruppi anar­chici in Italia, 18921900, Milano 1983, pp. 8 e 183184; P. F. Buc­cel­lato, M. Iaccio, Gli anarchici nell’Italia meridionale. La stampa (18691893), Roma,1982, ad indicem; G. Aragno, Siete piccini perché siete in ginoc­chio. Il fascio dei Lavora­tori, prima sezione na­pole­tana del psi (18931894), Roma 1989, ad indicem; G. Berti, Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socia­lista al socialismo liberale (18561930), Milano 1993, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Abramo e Marianna Sciacca

Bibliografia

2003

Iconografica

Persona

Collezione

città