QUINTAVALLE, Silvio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
QUINTAVALLE, Silvio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Massa Marittima
Data di nascita
July 17 1898
Luogo di morte
Massa Marittima

Biografia / Storia

Nasce a Massa Marittima (GR) il 17 luglio 1898 da Antonio e Maria Lumini, minatore. Si avvicina alle idee libertarie fin da giovane, richiamato alle armi torna in licenza nel paese natale nella primavera del 1919. Il 16 giugno, verso le due di notte, è sorpreso dai carabinieri mentre suona una chitarra, accompagnando alcuni giovani, che cantano per strada. I militi sequestrano lo strumento musicale, ma i giovani (insieme a Q. ci sono, fra gli altri, gli anarchici Primo Morelli, Giuseppe Stefanelli, Domenico Montagnani e Luigi Guazzini) raggiungono la caserma, dove si mettono a protestare, esigendo che sia loro restituita la chitarra. I carabinieri li denunciano per disturbo della quiete pubblica e Q. viene rimandato subito al reggimento. Il 7 novembre 1920 i repubblicani festeggiano in piazza Garibaldi la vittoria alle elezioni amministrative, quando alcuni anarchici (tra cui Q., Teodoro Sacchetti, Giuseppe Parrini, Francesco Vivarelli e Attilio Montagnani) si avvicinano a un massetano, che è stato volontario a Fiume con D’Annunzio e si mettono a inveire contro i fiumani, i fascisti e i dannunziani. L’uomo è circondato e ferito da uno degli anarchici con una coltellata al fianco destro. Denunciato, Q. dichiara al pretore di Massa il 25 febbraio 1921 di aver visto la colluttazione scoppiata fra il massetano e alcune persone, ma di ignorare chi l’abbia ferito. Gli altri imputati rilasciano dichiarazioni simili. Il pretore non crede a nessuno di loro e condanna Q., Sacchetti, Parrini e Vivarelli a due mesi di carcere e Montagnani a 50 giorni di reclusione. Gli anarchici si appellano perché – secondo i loro avvocati -– non sarebbe emersa alcuna prova della loro partecipazione al ferimento del Chelini ed anche perché questi non ha dato querela e perché la guarigione è avvenuta entro il decimo giorno. Ma, l’11 maggio, il Tribunale di Grosseto conferma la sentenza di primo grado, sottolineando che gli imputati non hanno negato “la loro qualità di anarchici” e non hanno contestato che le grida contro il Chelini fossero partite dal loro gruppo. Qualche settimana dopo Q. affronta, davanti alla cattedrale di Massa, il segretario del fascio di Follonica, il pericoloso squadrista Silverio Zanetti, al quale impartisce una lezione, e il 13 agosto viene licenziato dalla miniera Montecatini di Gavorrano per rappresaglia politica. Il 9 ottobre Q., insieme a Fortunato Signori, Rizieri Guazzini, Tornielli e altri 7 o 8 anarchici affronta in piazza Garibaldi un gruppo di squadristi, che hanno la peggio e vengono malmenati insieme a un carabiniere. Il 30 agosto 1922 Q. emigra regolarmente in Francia e si stabilisce a Bligny, dove fa il minatore. Poi si sposta in Belgio, dove lavora alla teleferica di Erehilimes, infine presta la sua opera, fino al 1924, nello stabilimento siderurgico di Montigny-sur-Sambre, da dove sottoscrive per il «Libero accordo» di Roma, in marzo e in luglio, insieme a Italo Giannoni, Antonio Armeni, Russo Facchielli, Primo Morelli, un certo Rustici ed Emilio Martellini. Nel giugno 1925 Q. invia, da Couillet, un altro contributo al giornale della capitale, insieme a Zeffiro Bertini e a G. Tanagli. Nel 1926 è ancora a Montigny e nel 1927 risiede a Sedan, da dove sostiene, insieme a Giannoni, «Il Monito» e «La Diana» di Parigi. Il suo attivismo preoccupa i fascisti e nel marzo 1928 è oggetto di una lettera del console italiano di Charleroi, il quale si rammarica del fatto le autorità belghe si rifiutino di espellere questo “sovversivo”, dal “carattere esaltato e sornione”, perché nel 1925 ha sposato una ragazza belga, dalla quale ha avuto un figlio. L’11 gennaio 1930 Q. viene iscritto nel «Bollettino delle ricerche» e il 2 marzo rimpatria per far visita alla madre ammalata. Perquisito “infruttuosamente” alla frontiera, fa ritorno a Montigny alla fine del mese e vi rimane sino al 1° dicembre, quando torna definitivamente in Italia. Assunto a Niccioleta come minatore, Q. viene fermato il 4 giugno 1933 per misure di ps. e nel novembre del ’34 è fermato di nuovo, dopo che le bandiere italiane esposte a Massa Marittima per celebrare la vittoria della prima guerra mondiale sono state gettate in una vasca. Prosciolto per mancanza d’indizi, malgrado l’accanimento dei carabinieri, viene attentamente sorvegliato e il 30 settembre 1936 è oggetto di una relazione dei carabinieri di Massa alla Questura di Grosseto, dove si legge che sarebbe opportuno allontanarlo dalla miniera di Niccioleta, in quanto si tratta di “elemento pericoloso”, “capace di svolgere propaganda sovversiva” e collegato ad altri minatori di idee sovversive, tra cui l’anarchico Menelik Giusti di Monterotondo, il comunista Romeo Lippi di Vernio, l’ex popolare Engels Lambardi di Montieri, il socialista Primo Olivelli di Santa Fiora e i sovversivi Gino Lolini di Monterotondo, e Ruggero Romani e Estido Verni di Abbadia San Salvatore. Nello stesso periodo Silvio partecipa alle riunioni semiclandestine, che hanno luogo nella trattoria Pollazzi di Borgo, insieme agli anarchici Giuseppe Gasperi e Libero Corrivi e ai comunisti Enrico Filippi ed Elvezio Cerboni. Riunioni disturbate dai fascisti, che qualche volta invadono il locale, cacciando tutti i presenti. Il 19 giugno 1938 Q. viene schedato dalla Prefettura di Grosseto, che ne ricorda l’attività di propagandista e la pericolosità, i trascorsi politici e penali e le perquisizioni subite. All’epoca Q. lavora nella miniera della Zanca alle dipendenze della ditta Puccioni e abita a Massa Marittima. Caduto il fascismo, collabora con i partigiani e fa parte del CLN locale, poi, dopo la liberazione, riprende il suo posto nel movimento libertario e diffonde e affigge sotto le logge «Umanità nova», «L’Adunata dei refrattari», «Il Libertario» e altri fogli anarchici fino alla morte, che lo coglie a Massa Marittima nel marzo del 1978. I compagni ne ricordano, il due aprile, la “coerenza impareggiabile” e la generosità: “Le persecuzioni monarchiche e fasciste rafforzarono il suo carattere e fu sempre in prima fila nelle lotte per la redenzione sociale”. (F. Bucci – M. Gragnani – M. Lenzerini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; «Il Libero accordo», 15 mar. 1924; ivi, 18 lug. 1924; ivi, 16 set. 1925; «Il Monito», 15 ott. 1927; «Il Libertario», 12 set. 1951; ivi, 28 nov. 1951; «Umanità nova», 30 ago. 1969; Gli anarchici. Lutti nostri, ivi, 2 apr. 1978.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Antonio e Maria Lumini

Bibliografia

2004

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Collezione

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