BURGIO, Giuseppe
Tipologia Persona
- Peppino (pseudonimo)
Intestazione di autorità
- Intestazione
- BURGIO, Giuseppe
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Siracusa
- Data di nascita
- 02/03/1897
- Luogo di morte
- Genova
- Data di morte
- 05/04/1965
Attività e/o professione
- Qualifica
- Marittimo
- Qualifica
- Fabbro-meccanico
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
- Nasce a Siracusa il 2 marzo 1897 da Lucio e Sebastiana Schiavone, marittimo, fabbro-meccanico, detto “Peppino”. Durante la Grande Guerra è fuochista sulla corazzata Andrea Doria. Nel 1920, ammutinatosi con altri marinai alla notizia che sarebbe stato inviato a combattere contro la Rivoluzione russa, subisce dal Tribunale militare di Taranto una condanna a sei mesi di carcere. Rientrato a Siracusa, è tra i fondatori del gruppo comunista anarchico “Bacounin”, aderente alla uai, insieme a Umberto Consiglio e al fratello Francesco Amedeo (nato a Siracusa il 14 lug. 1902), il quale, marinaio a La Spezia, aveva preso parte ai moti rivoluzionari in quella città e militato, nel 1921, tra gli Arditi del popolo. Il 9 e 10 marzo 1925, i due fratelli sono protagonisti, insieme ad Alfonso Failla, degli scontri di piazza con i militi fascisti che invadono Siracusa per poi imbarcarsi alla volta della Libia (il governo sarà costretto a dirottare le partenze da Siracusa a Napoli). Ricercati, si rifugiano fino all’ottobre successivo nelle campagne di Palazzolo Acreide, ospiti del compagno Giuseppe Blandini. Amnistiati, promuovono un comitato d’azione proletaria insieme ai comunisti. Nel dicembre 1925, la polizia li sorprende ad affiggere manifesti comunisti dal titolo Fronte Unico, incitanti alla rivolta contro il fascismo. Il 6 dicembre 1926, dopo l’approvazione della legge per la difesa dello Stato, sono entrambi sottoposti a un biennio di ammonizione. Mentre Francesco, avvicinatosi al partito comunista, decide di rimanere a Siracusa, sopportando carcere (dal 9 lug. 1928 per tre mesi), vigilanza speciale (per due anni dal 8 ott. 1928), ammonizione (altri due anni dal 18 ott. 1930) e infine confino di polizia a Ventotene (dall’11 giu. 1940 alla fine della guerra), Giuseppe, sospettato di aver appoggiato il tentativo insurrezionale di Paolo Schicchi dell’agosto 1930, evita l’assegnazione al confino prendendo il mare, su una vecchia barca a cui rimedia un motore, insieme ai compagni anarchici Marcello Cicero, Luciano Miceli, Peppino Politi e al simpatizzante Natale Vella. L’infuriare di una tempesta porta la piccola barca, quasi sfasciata dai marosi, prima presso l’isola di Lampedusa, luogo di confino, e poi, grazie ad alcuni pescatori locali e al vento favorevole, sulle coste della Tunisia. Venuto a conoscenza della fuga, il governo fascista tenta l’estradizione di B. e dei suoi compagni all’inizio del 1931: la mobilitazione della colonia anarchica italiana di Tunisi, e particolarmente di Nino Casubolo e della LIDU, riesce a far accordare loro il diritto di asilo. Allo scoppio della rivoluzione spagnola, B. è tra i volontari siracusani – Giuseppe Politi, Giuseppe Livolsi (caduto ad Almudévar il 21 novembre 1936) e Celestino Carta (pioniere, nel dopoguerra, dell’anarchismo a Enna) – che raggiungono Umberto Consiglio nella Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb. Riparato in Tunisia, alla fine della Seconda Guerra mondiale torna a Siracusa, dove partecipa alle attività del gruppo anarchico “Sulla vetta”, animato da Umberto Consiglio. Appartatosi dal movimento, gravemente ammalato, muore in una casa di cura di Genova il 5 aprile 1965. (N. Musarra)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, f. Burgio Francesco; Archivio dello Stato - Caltanisetta, Gabinetto di Questura, b. 149 (1945) f. Siracusa. Attentatori (1939); A. Failla, I nostri lutti. È morto Peppino Burgio, «Umanità nova», 16 mag. 1965.
Bibliografia: M. Grillo, I Vittorini di Sicilia, Milano 1993, pp. 178, 185, 264-268, 362-363; S. Carbone, L. Grimaldi, Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Sicilia, Roma 1989, pp. 127-128, 523; G. Micciché, La Sicilia tra Fascismo e Democrazia, Ragusa 1985, p. 119.
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- 181