BUDA, Mario

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BUDA, Mario

Date di esistenza

Luogo di nascita
Savignano sul Rubicone
Data di nascita
13/10/1883
Luogo di morte
Savignano sul Rubicone
Data di morte
01/06/1963

Attività e/o professione

Qualifica
Commerciante di calzature

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Savignano sul Rubicone (FC) il 13 ottobre 1883 da Federico e Clarice Bertozzi, commerciante di calzature. Aderisce all’anarchismo giovanissimo e a soli 16 anni riceve una condanna a 10 mesi di reclusione per furto qualificato. Terminati gli studi superiori nel 1907 lascia la Romagna ed emigra a Boston. Sono anni difficili durante i quali B. è costretto a condurre una vita fatta di sacrifici e ad arrangiarsi a seconda delle circostanze come giardiniere, operaio presso una compagnia di telefoni, addetto alla costruzione di una centrale elettrica. Dopo una parentesi di due anni in Italia nel 1913 ritorna negli USA, a Roxbury, periferia di Boston, città che accoglie già molti connazionali, in particolare romagnoli. Per B. è l’occasione di inserirsi nel mondo anarchico locale attraverso il gruppo facente capo a Luigi Galleani, dove conosce Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. B. trova lavoro come operaio in una fabbrica di cappelli e per quattro anni è tra i promotori di una delle tre scuole anarchiche italiane in USA. Sono le Modern Schools dove all’insegnamento tradizionale di matrice religiosa, si sostituisce un’educazione fondata sullo spontaneismo e sulla libertà. Nel 1916 subisce un arresto in seguito a una manifestazione contro l’intervento americano nel primo conflitto mondiale. Seguono cinque mesi di reclusione perché si rifiuta di fronte al giudice di prestare giuramento sulla Bibbia. L’anno dopo, per non rischiare l’arruolamento forzato che lo avrebbe trasferito in Europa a combattere, B. fugge a Monterrey, in Messico insieme a molti anarchici italiani. Nella città messicana gli esuli italiani fondano una piccola comunità, ispirata cioè da un sentimento di solidarietà pratica che interviene in aiuto a chi non ha lavoro, una generosità alla quale lo stesso B. sente di aderire. Solo pochi mesi di permanenza poi, accantonata l’ipotesi di un ritorno in Italia data l’impossibilità della realizzazione di una rivoluzione sociale, fanno tutti rientro negli USA. B. si trasferisce a Chicago e per tre anni è un abile cospiratore. Muta il suo nome in “Mike Boda” ed è probabilmente responsabile dell’ordigno fatto brillare nella sede della polizia di Milwaukee nel novembre del 1917 dove perdono la vita 10 agenti e una donna. Ne segue un’ondata di orrore che scatena una caccia alle streghe contro sovversivi ed italiani e la promulgazione di una legge di espulsione dal suolo americano, la New Immigration Act del 1918, contro qualsiasi straniero sovversivo. B. sfugge al processo mentre cresce in lui la consapevolezza di una giustizia americana puntualmente influenzabile da fattori esterni. In una clandestinità sempre più confusa con la quotidianità prepara nuovi ordigni per nuovi attentati, affina le strategie per sfuggire alla polizia, stampa volantini contro il sistema che definisce “bandito e assassino”. L’arresto di Sacco e Vanzetti nell’aprile del 1920, accusati di furto e dell’uccisione del cassiere e del custode di una ditta di South Braintree, nel Massachusetts, costringe B. a cercare rifugio prima a Boston poi a Portsmouth (Virginia), consapevole di essere nel mirino della polizia per lo stesso reato. Un’ipotesi spesso avanzata, avvalorata da alcune testimonianze orali, è che lo stesso B. abbia avuto una responsabilità nella medesima rapina, tuttavia i tre processi contro Sacco e Vanzetti non hanno mai fatto luce a riguardo poiché fortemente condizionati da ragioni politiche. In settembre B. conosce la sentenza di condanna a morte dei due anarchici. Pieno di indignazione, e prima che esploda la battaglia degli innocentisti, decide di preparare il suo ultimo attentato in America in risposta alla giustizia statunitense. La scelta cade sulla Borsa di New York. Il 16 settembre B. affitta un cavallo e una carretta che riempie con dinamite, chiodi e ferri di cavallo, parcheggia il convoglio al numero 23 di Wall Street, poi si allontana con la speranza che il dispositivo a tempo faccia il resto. Qualche minuto più tardi B. è già nella storia per aver compiuto il più devastante attentato terrorista negli USA prima di quello realizzato a Oklahoma City del 1995. Tra commessi, impiegati e semplici passanti restano sulla strada 33 morti e più di 200 feriti. Anche dal punto di vista materiale il bilancio si fa sentire, i danni infatti sono stimati attorno ai due milioni di dollari dell’epoca. B. lascia un volantino di rivendicazione con una richiesta eloquente: “Liberate i prigionieri politici”. Riesce in tutta fretta a prendere la prima nave utile che lo riporta in Italia e alla fine di novembre è di nuovo nella sua città natale. Poche settimane dopo fonda con pochi compagni un Gruppo anarchico a Savignano “con lo scopo di poter anche noi assieme colle falangi rivoluzionarie di questo paese tenere a bada tutte le camarille della reazione” («Umanità nova», 13 gen. 1921). Il 3 marzo 1921 B. è denunciato per correità in omicidio del comandante dei carabinieri di Savignano, in seguito a una manifestazione allo scalo ferroviario di San Mauro Pascoli, degenerata in scontri con le forze dell’ordine. Segue in settembre l’assoluzione della Corte d’assise di Bologna per insufficienza di indizi. Tuttavia le forze dell’ordine sospettano che B. sia un abile manipolatore di prove e come misura cautelativa la Commissione provinciale per l’assegnazione al confino di polizia il 27 novembre 1927 lo destina per cinque anni alla colonia di Lipari. Per contravvenzione alle regole del confino politico, poiché sorpreso a cantare inni sovversivi insieme ad altri anarchici, trascorre tre mesi in carcere. Due anni dopo lascia Lipari per l’isola di Ponza. Il 19 novembre 1932 termina per B. il periodo di confino e con un foglio di via obbligatorio fa ritorno a Savignano. Nel marzo del 1933 ottiene il passaporto per espatriare in Francia dove rimane quattro mesi, dopo una breve parentesi a Ginevra. Il successivo 9 settembre, sull’organo comunista parigino «Bandiera rossa», viene pubblicato un articolo in cui si avanza il sospetto che B. sia “un agente provocatore al servizio della polizia”. Nell’articolo si sottolinea un atteggiamento discutibile di B., che durante un incontro a Parigi con alcuni anarchici avrebbe avanzato delle proposte politicamente ambigue. Non ci sono al momento elementi aggiuntivi che possano fare luce a riguardo, tuttavia l’episodio segna una frattura sempre più insanabile tra B. e molti anarchici e antifascisti italiani. Il giornale comunista sostiene inoltre che B. nel Cesenate si spacci per un funzionario del pcdi, pertanto si fa appello affinché i lavoratori della Romagna diffidino di lui. L’anno successivo un elenco più ampio sulle spie e sui provocatori in Italia, sempre a cura del pcdi, iscrive B. nella categoria degli elementi sospetti e acclude una breve motivazione che denuncia un’eccessiva quanto incredibile capacità nel muoversi liberamente in Italia. Lo stesso confino di polizia appare come un abile tentativo per mascherare la sua vera identità. Il sospetto dei comunisti è fondato. L’11 aprile 1935 il Ministero dell’Interno riceve infatti conferma da un ispettore generale di PS, dell’utilizzo per fini politici di alcuni ex antifascisti i quali, date le mutate circostanze storiche, hanno deciso di abbandonare ogni velleità politica. Da circa due anni B. collabora con la polizia politica come infiltrato nei gruppi sovversivi per la raccolta delle informazioni sugli spostamenti degli anarchici italiani all’estero, pertanto i suoi viaggi in Francia e in Svizzera hanno il solo scopo di mettere alla prova la sua abilità. In questa sua attività B. fa anche fallire un progetto di attentato a Mussolini, ideato dall’anarchico triestino Umberto Tommasini. A partire dal gennaio 1937 e fino al marzo 1939 Tommasini è in corrispondenza con B., probabilmente conosciuto durante il confino a Ponza, sul quale conta per organizzare l’attentato, che in caso di successo potrebbe contribuire a un esito diverso per la guerra di Spagna oltre ad avere in effetto destabilizzante sul regime fascista italiano. Il 19 luglio 1937 B., d’accordo con l’ovra, riceve il passaporto della durata di tre mesi per recarsi in Francia. In agosto si svolge a Parigi un incontro tra Tommasini, Gino Bibbi, Giobbe Giopp e B. nel corso del quale viene indicato il Viminale come obiettivo dell’azione e se ne precisa la dinamica. Puntualmente B. informa i suoi superiori, con una relazione firmata con lo pseudonimo “Romagna”, permettendo loro di prendere le misure del caso. Riesce anche a non essere identificato come delatore dai suoi compagni, tanto è vero che Tommasini continuerà ad avere relazioni con lui anche negli anni successivi. Eseguito il compito per conto dell’ispettore generale di PS, B. ritorna a Savignano, pago ormai della sua condizione di uomo protetto. Contemporaneamente si chiudono per lui i conti con la dittatura imperante, pertanto il 17 marzo 1942 viene opportunamente radiato dal novero dei sovversivi. Nel dopoguerra riprende la militanza all’interno del ricostituito Gruppo anarchico di Savignano, approfittando probabilmente del fatto che i compagni – non solo locali – ignorano parte dei suoi trascorsi. Muore all’Ospedale di Savignano il 1° giugno 1963. Pubblicando il suo necrologio, a cura degli anarchici romagnoli, la Redazione di «Umanità nova» “aggiunge il suo ricordo a quello dei compagni d’Italia e d’America, sul caro Buda”. (L. Febo)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomenLutti. Mario Buda, «Umanità nova», 9 giu. 1963.

Bibliografia: U. Tommasini, L’anarchico triestino, a cura di C. Venza, Milano 1984, ad indicem; P. Avrich, Sacco and Vanzetti. The Anarchist Background, Princeton N.J. 1991; C. Milanesi, L’uomo che fece saltare Wall Street, «Il Diario», 12-18 ott. 2001.

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