ASSANDRI, Battista
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- ASSANDRI, Battista
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Mombaruzzo
- Data di nascita
- 17/08/1878
Attività e/o professione
- Qualifica
- Meccanico
- Qualifica
- Manovale
- Qualifica
- Contadino
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
- Nasce a Mombaruzzo (AT) il 17 agosto 1878 da Francesco e Teresa Ardrizzo, meccanico, manovale, contadino all’occorrenza come i suoi genitori. La sua esistenza è compendiata nello pseudonimo da lui adottato e costantemente utilizzato: “Indomabile Girovago”. Lo stesso Console generale d’Italia a Buenos Aires scriverà, nel 1912: “È opportuno ricordare che egli ha l’istinto e la passione della vita nomade”. Per tali motivi la sua vita è un continuo susseguirsi di spostamenti, in Italia, in Francia e al di là dell’Atlantico, con regolari ritorni a Mombaruzzo, il “rifugio”, talvolta persino inquinato dagli interventi polizieschi che incrinano i rapporti familiari: “Infatti, tornato in famiglia ove credevo trovare un sollievo alle mie condizioni di salute terribilmente scosse non vi trovai che derisione e rimproveri d’ogni sorta”(Stupide e vigliacche persecuzioni, «La Protesta umana», 26 giu. 1909). Inizialmente socialista, A. diventa anarchico nel 1903 e inizia a inviare corrispondenze ai periodici libertari dell’epoca. Brescia, in cui abita la sorella Cristina, è una delle sue mete preferite. E proprio a Brescia, nel gennaio, mentre distribuisce «L’Intransigente» di Lecce, ha un diverbio politico con Arturo Frizzi, altro girovago di professione, di cui puntualmente riferisce a «L’Agitazione» di Roma. Il suo carattere irruente gli provoca, nel novembre, a Mombaruzzo, un arresto per oltraggio ai carabinieri e una condanna a quattro mesi. Dimesso dal carcere si trasferisce di nuovo a Brescia, dove lavora come facchino in una osteria, e pochi mesi dopo a Carrara, occupato nella tipografia sociale. Incriminato per un articolo apparso ne «La Parola libertaria» (mag.-set. 1904), ripara a Mombaruzzo, dedicandosi ai lavori agricoli, e ritorna a Massa per il processo dal quale, grazie ad amnistia, esce prosciolto. Ri-prende così i suoi spostamenti e tra un rimpatrio e l’altro, lo troviamo, nel 1905-06, a Mergozzo (no), Brescia, Sampierdarena, Milano. Un più lungo soggiorno a Brescia nel 1907, durante il quale lavora alla fabbrica di automobili Bianchi, è troncato da un licenziamento dovuto all’eccessivo interessamento della polizia. A. collabora ormai a «La Protesta umana» e dalle colonne del settimanale milanese è possibile seguire le sue peregrinazioni negli anni 1907-09: Lucerna, Torino, alla ricerca di lavoro nelle fabbriche d’auto, Alessandria, dove fa vita ritirata e sopravvive grazie al lavoro della sua compagna, “servente” presso l’Ospizio dei derelitti, Genova, Nizza, Marsiglia, con frequenti ritorni a Mombaruzzo, dove tra un articolo e l’altro per «La Protesta umana», di tenore violentemente antisocialista e anticlericale, si dà ai lavori campestri. Nel 1910 è a Buenos Aires e nel marzo invia un articolo a «La Rivolta» di Milano in cui l’Argentina è dipinta co-me “terra sacra ad ogni infamia». A Buenos Aires entra a far parte del gruppo “Il Ribelle”, e partecipa, sotto il nome di “Augusto Rizzieri”, a “conciliaboli e segreti convegni settari”. Sbarcato a Genova nel 1911, e sfuggito al controllo della polizia perché vestito da marinaio, A. intesse rap-porti con il gruppo spezzino de «Il Libertario», quello pisano de «L’Avvenire anarchico» e quello anconetano di «Germinal». Nel 1912 torna nuovamente in Argentina. Lavora sui piroscafi addetti alla navigazione fluviale e vive tra Montevideo e Buenos Aires. Pare tuttavia che il suo ritorno sia “apportatore di sospetti, di rancori, di odi, nell’ambiente anarchico”. Secondo il Console generale d’Italia: “egli accusò compagni e amici, promosse inchieste, turbò e disgregò ogni organizzazione, allontanando dal movimento provati e fidi elementi”, fino a rischiare la vita. Per questo motivo, nel settembre 1914 s’imbarca clandestinamente e rientra in Italia, a Mombaruzzo. Lo scoppio del conflitto sollecita in lui una ripresa dell’attività di propaganda, con la promozione di conferenze contro la guerra. Richiamato alle armi e assegnato alla 2a compagnia di sanità presso l’Ospedale militare di Alessandria, è successivamente riformato e risiede a Mombaruzzo, dove vive prima “miseramente la-vorando la terra” e svolge poi l’attività di “commissioniere” tra il proprio paese e Genova. Con l’avvento del fascismo lascia definitivamente l’Italia. Tra il 1923 e il 1925 è in Argentina, ma nel 1926 è rintracciato a Nizza e nel 1927 abita nei pressi di Marsiglia, dove lavora in un cantiere navale e “seguita a manifestare apertamente le sue idee anarchiche, dimostrandosi di sentimenti ostili al Regime”. Nel 1929 è colpito da decreto di espulsione, ma si trasferisce semplicemente ad Antibes, vivendo in una località isolata di campagna senza tuttavia interrompere le sue relazioni con gli anarchici, in particolare con Paolo Schicchi. Nel 1931 giungono in Italia in-formazioni contraddittorie, secondo le quali A. sia stato ucciso in Belgio e sia morto di tbc. Nonostante la mancanza di notizie certe, è molto probabile che A. si fosse effettivamente stabilito in Belgio, lasciando la famiglia in Francia, per di più senza notizie per un anno, tant’è che esiste un decreto di espulsione dal Belgio a suo nome. Nel 1934, comunque, risiede a Villeneuve-Loubet nella Alpi Marittime. L’ultima laconica segnalazione: “Non se ne hanno notizie” risale al 1942. S’ignorano data e luogo di morte. (M. Antonioli)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181