​ARPINATI, Leandro

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​ARPINATI, Leandro

Date di esistenza

Luogo di nascita
Civitella di Romagna
Data di nascita
29/02/1892
Luogo di morte
Argelato
Data di morte
22/04/1945

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Civitella di Romagna (FC) il 29 febbraio 1892 da Sante e Lucia Sansovini. Figlio di un oste socialista, ha la licenza elementare. Nel 1905 è inviato a Torino per imparare la professione alberghiera. Tornato presto a casa, segue le orme paterne e s’iscrive al gruppo giovanile socialista locale. Nel 1909 torna a Torino per lavorare alla fabbrica di automobili Diatto. Ed è nel capoluogo piemontese che, partecipando alle attività sindacali in fabbrica e alle agitazioni dei metallurgici, si allontana dalle posizioni del socialismo marxista, da lui considerato troppo moderato, per aderire alle posizioni più “rivoluzionarie” dell’anarchismo individualista. Schedato come “anarchico sovversivo”, richiamato a Civitella dal padre preoccupato delle sue frequentazioni politiche, A. continua a professare le sue idee, collaborando strettamente con il foglio anarchico romano «L’Alleanza libertaria» e facendo proseliti fra i suoi conterranei. Nel 1910 avviene l’incontro con Benito Mussolini, capo allora dei socialisti romagnoli, recatosi a Civitella per inaugurare il mercato coperto dedicato ad Andrea Costa. In quell’occasione A. e i suoi compagni tappezzano i muri del paese di manifestini in cui accusano Andrea Costa di aver abbandonato l’anarchismo per un seggio in parlamento; Mussolini li bolla come “necrofori”, e li attacca duramente sul giornale da lui diretto «La Lotta di classe». Ma l’incontro burrascoso sancisce pure l’amicizia fra i due; A., pur rimanendo anarchico, comincia a collaborare al giornale socialista e a seguire Mussolini nei suoi co-mizi in Romagna. Dal 1912 A. si trasferisce a Bologna, dove nel 1914 entra come operaio elettricista nelle ferrovie. È quindi la Prima Guerra mondiale e l’interventismo a unire definitivamente A. al futuro capo del fascismo. Quando Mussolini, tagliati i ponti con il partito socialista e la sua scelta neutralista, pubblica il primo numero de «Il Popolo d’Italia», sul giornale appare un telegramma di solidarietà di A. sotto lo pseudonimo di “Vittorio Neri”. Il 5 ottobre 1914, assieme a Maria Rygier e Libero Tancredi (alias Massimo Rocca), A. partecipa a una riunione della Società Operaia di Bologna per propagandare la scelta interventista davanti a un uditorio anarchico, che reagisce violentemente tramutando l’incontro in tafferuglio contro i relatori. Con la guerra si chiude l’esperienza anarchica di A. Nel marzo del 1919 entra a fare parte del Comitato dei Fasci di azione rivoluzionaria, che deve estendere in sede nazionale la nuova organizzazione politica fondata qualche giorno prima da Mussolini a Milano. Dopo lo scioglimento di fatto del primo Fascio (costituito nell’aprile 1919 da ex combattenti) a seguito della sconfitta elettorale del novembre di quell’anno, A. rifonda l’organizzazione nel 1920 e ne diviene segretario. Capo indiscusso dello squadrismo bolognese, il 21 novembre 1920 organizza e guida l’assalto a Palazzo d’Accursio, per impedire l’insediamento della amministrazione socialista democraticamente eletta. Da questo episodio prende il via la conquista violenta dell’intera provincia da parte delle squadre fasciste capitanate da A. e foraggiate dagli agrari. Nel 1924 A. è eletto alla Camera dei deputati; nel 1926 è nominato podestà di Bologna; nel 1929 è chiamato a Roma da Mussolini come sottosegretario agli Interni. Costretto alle dimissioni nel 1933, formalmente a seguito di uno scontro con il segretario del partito Starace, in realtà per le sue posizioni “liberali”, sempre più critiche verso le politiche corporative e autoritarie del regime, nel 1934 è espulso dal partito, arrestato e inviato prima al confino a Lipari, poi a domicilio coatto nella sua tenuta agricola di Malacappa, in provincia di Bologna. Il provvedimento coercitivo gli è revocato nel 1940. Alla caduta del fascismo, A. non aderisce alla Repubblica sociale, nonostante le insistenze di Mussolini, che, in un incontro nell’ottobre 1943 a Rocca delle Caminate, gli propone di assumere la carica di ministro dell’Interno del nuovo governo. Durante la Resistenza mantiene rapporti con l’antifascismo romagnolo, attraverso gli amici Tonino Spazzoli, repubblicano, ucciso dai tedeschi a Forlì nel 1944, e Torquato Nanni, socialista, rifugiatosi a Malacappa per sfuggire alle Brigate nere. Con loro partecipa al salvataggio di alcuni generali inglesi rifugiati nell’Eremo di Camaldoli e che sono fatti passare oltre linee nemiche. A Bologna A. ha contatti con esponenti dei partiti antifascisti socialista, repubblicano, azionista, cattolico e liberale; non con i comunisti nei confronti dei quali mantiene, ricambiato, le distanze. Il 22 aprile 1945, il giorno dopo la liberazione di Bologna, A. è ucciso, a Argelato assieme a Torquato Nanni che ha cercato di difenderlo, da un gruppo di partigiani locali, probabilmente comunisti che operano per iniziativa autonoma, a vendetta delle violenze squadriste del fascista della prima ora. (B. Della Casa)

Fonti

FONTI: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, spd cart. ris., ad nomen; ivi, Divisione Polizia Politica, ad nomen, cat. A, f. 4 A e b. 47, f. 70; ivi, Confino politico, ad nomen.
 
Bibliografia: T. Nanni, Leandro Arpinati e il fascismo bolognese, Bologna 1927; G. Arpinati Cantamessa, Arpinati mio padre, Roma 1968; A. Iraci, Arpinati l’oppositore di Mussolini, Roma 1970; S.B. Whitaker, Leandro Arpinati anarcoindividualista, fascista, fascista pentito, «Italia contemporanea», set. 1994; Personaggi della vita pubblica di Forlì e circondario. Dizionario biobibliografico (1897-1987), 2 voll., a cura di L. Bedeschi, D. Mengozzi, Urbino, 1996, ad nomen; V. Cattani, Vita e morte di Leandro Arpinati e Torquato Nanni, Venezia 1997; M. Grimaldi, Leandro Arpinati. Un anarchico alla corte di Mussolini, Roma 1999; S.B. Whitaker, The anarchist-individualist origins of Italian fascism, New York 2002. 

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