BONINI, Enrico Secondo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BONINI, Enrico Secondo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Curtatone
Data di nascita
10/06/1884
Luogo di morte
Cremona
Data di morte
1968

Attività e/o professione

Qualifica
Fabbro
Qualifica
Operaio ferroviario

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Curtatone (MN) il 10 giugno 1884 da Gaetano ed Eugenia Oliani, fabbro e operaio ferroviario. Inizialmente membro del Circolo giovanile socialista “Avanguardia” di Cremona, inizia a essere biografato dalla polizia soltanto nel 1912. La sua autobiografia (pubblicata da D. Montaldi in Militanti politici di base, Torino 1971) è purtroppo confusa, imprecisa e talvolta troppo autoreferenziale per poter essere di aiuto concreto. I ricordi si intrecciano a date quasi costantemente sbagliate ed è difficile contestualizzare l’ipotetico incontro con Gori che regala al giovane B. La conquista del pane e i rapporti epistolari con Malatesta. Sembra comunque che B. lavori in una bottega di fabbro tra il 1900 e 1907, lasciando poi Cremona per Milano, dove partecipa allo sciopero dei 5.000 fabbri ferrai dell’aprile-maggio 1910. Assunto come operaio nelle officine ferroviarie, ritorna a Cremona ed è attivo nell’agitazione contro la Guerra di Libia. Infatti, nel maggio 1912, viene segnalata la sua presenza, in compagnia di Cassio Chittolini e A. Della Longa, futuri militanti dell’Unione Sindacale Cremonese, alle dimostrazioni romane. Per quanto non sia chiaramente databile, il suo passaggio all’anarchismo matura con tutta probabilità nella fase di più acuta tensione tra sindacalisti rivoluzionari e riformisti e in coincidenza con la nascita dell’USI (nov. 1912). Infatti, quando nell’aprile 1913 nasce l’Unione Sindacale Cremonese, guidata da Attilio Longoni e da Chittolini, B. è presente nelle agitazioni, che vedono anche l’intervento di A. Borghi, e si deve in parte a lui il distacco della sezione del Sindacato Ferrovieri dalla CdL e la sua successiva adesione all’usc (cfr. «Unione Sindacale Cremonese», 14 giu. 1913). Diventa membro della Commissione esecutiva dell’usc e tiene la relazione sulle Modifiche allo Statuto al congresso sindacale provinciale del luglio 1913. In prima fila durante la Settimana rossa, ha l’ingrato compito di comunicare “alla classe la cessazione dello sciopero ferroviario”. Lo scoppio della guerra europea lo vede attivo nella mobilitazione contro l’intervento e, per ciò, trasferito al deposito locomotive di Lecce con il 1° luglio 1915. “C’è stato un bel movimento a Lecce, ho trovato dei giovani di fede animati di uno spirito rivoluzionario. Ho fondato il Sindacato ferrovieri che non c’era. E ho fatto anche delle organizzazioni esterne”. B. infatti svolge propaganda tra i ferrovieri di Lecce e di Taranto e tiene rapporti epistolari con Temistocle Monticelli, segretario del caia. Nell’aprile 1919 partecipa, in qualità di delegato di Taranto, al ix Congresso del SFI (Torino) e, pochi mesi dopo, ottiene il trasferimento al deposito cremonese, distinguendosi ancora una volta, durante lo sciopero generale ferroviario del gennaio 1920 per le otto ore, per la sua azione di propaganda. Nel giugno dello stesso anno è tra i protagonisti del “caso Bergonzoni”, cioè dell’infelice sciopero proclamato dal SFI cremonese per ottenere il trasferimento del sottocapostazione Luigi Bergonzoni, fascista e iscritto al Sindacato Economico Ferrovieri, colpevole di aver fatto partire un treno carico di armi destinate ai controrivoluzionari russi. Lo sciopero, durato dal 9 al 25 giugno, si conclude con una totale disfatta. “Lo sciopero Bergonzoni è servito, ad ogni modo, ad infliggere la prima irreparabile sconfitta a quel sindacato rosso che stato l’incubo di tutti i governi” (R. Farinacci, Squadrismo. Dal diario della vigilia, Roma 1933, p. 50). Se nelle sue memorie B. tende ad attribuire al socialista Fulvio Barbieri la responsabilità di una azione privatamente disapprovata da Dante Mosca del Comitato Centrale e da Castrucci, ammette tuttavia di aver compiuto atti di sabotaggio, che la polizia definisce indiziariamente “consigli” e attribuisce alla vicenda Bergonzoni, mentre B. a un non meglio precisato “sciopero dei ferrovieri”. Sempre in primo piano sullo scenario ferroviario nazionale, nel luglio 1921 partecipa al x Congresso del SFI (Bologna) ed è membro della Commissione verifica dei poteri. Oggetto di continue minacce e ripetute aggressioni da parte dei fascisti, nel 1923 viene licenziato dalle ferrovie e riprende il suo vecchio mestiere, impiantando un laboratorio di oggetti in ferro battuto. Nonostante la sorveglianza e le persecuzioni, nel 1925 tenta ancora di “tenere uniti i ferrovieri sovversivi con propaganda spicciola”. Tuttavia nel 1926 viene segnalato un suo tentativo, respinto, di iscriversi ai Sindacati fascisti. Negli anni seguenti è costantemente vigilato, ma non si occupa di politica e, a suo dire, sembra trovare la propria “rivincita” nell’orgoglio di un lavoro artigianale ben fatto. Ormai sessantenne, per sua stessa ammissione, durante la resistenza: “io non facevo parte del periodo clandestino, ma mi tenevo in contatto”. Disilluso dal dopoguerra, ricorda nelle sue memorie: “E poi si è visto che è andato a finire in niente, perché il ferro bisogna batterlo quando è caldo, e invece è finito tutto e male per malavoglia, per l’incapacità, per la slealtà di quelli che volevano dirigere le sorti del lavoro”. Muore a Cremona nel 1968. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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