BOLDRINI, Giuseppe

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BOLDRINI, Giuseppe

Date di esistenza

Luogo di nascita
Cicognara
Data di nascita
20/11/1894
Luogo di morte
Mauthausen
Data di morte
17/02/1945

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Cicognara (MN) il 20 novembre 1894 da Giovanni e Cecilia Madesani, operaio. A parte i connotati non si conosce molto di lui e del periodo della sua formazione. Ricevuta un’istruzione elementare e trasferitosi a Milano, comincia ad avvicinarsi al movimento anarchico, nella corrente dei giovani individualisti, nell’immediato dopoguerra probabilmente in virtù della stretta amicizia che lo lega a Giuseppe Mariani, come lui d’origine mantovana. A Leonida Rapaci, giovane avvocato, che lo conobbe alcuni anni dopo, in occasione del processo per l’avvenuta strage del teatro Diana, B. farà una grande impressione, di tipo freddo e deciso, uomo d’azione: “Ci fossero stati qualche centinaio di uomini come lui, in Italia, forse la storia avrebbe preso un’altra piega”. Le autorità cominciano a occuparsi della sua figura in seguito al primo attentato al ristorante Cova di Milano; pochi giorni dopo questo avvenimento, infatti, B.,  Mariani e Aguggini, espatriano clandestinamente in Svizzera passando il confine alla stazione di Chiasso travestiti da ferroviere. Rifugiatisi a Zurigo, i tre tornano a Milano nel settembre del 1920, dopo un travagliato viaggio di rimpatrio attraverso le montagne, richiamati dalla volontà di partecipare attivamente agli avvenimenti del Biennio rosso. Sempre insieme a Mariani – suo compagno inseparabile –, e con altri militanti, in occasione di un tentativo di trasportare da Schio a Milano delle armi e munizioni di supporto all’occupazione della fabbrica F. Tosi di via Bergognone a Milano, B. rimane vittima di un incidente automobilistico subendo ustioni alle mani e al viso. Trasferito a Milano per interessamento diretto di Malatesta, egli viene curato in clandestinità, e poi riportato nella sua abitazione. Sarà in seguito a questa leggerezza che, rintracciato dalle autorità di Polizia insospettite dalle sue ustioni, B. viene arrestato, nell’ottobre del 1920, e trattenuto fino a oltre il Natale dello stesso anno, in isolamento e senza alcuna motivazione o capo di imputazione pendente. Liberato B. raggiunge a Mantova Mariani, con cui si occupa verso la metà del febbraio 1921 come manovale in un cantiere per la costruzione di un ponte sul Mincio. Da questo momento egli sarà, in virtù di questo, conosciuto come “lo spaccapietre”. B. partecipa alle ben note riunioni di via Casale a Milano, in cui si pensa venga preparato l’attentato al teatro Diana. Egli è colui che porta l’esplosivo in città, il 21 marzo, insieme a Mariani, e insieme a lui fa parte della cellula che materialmente si rende responsabile dell’efferato gesto. Dopo un paio di giorni dalla strage, insieme con Aguggini si reca nella Repubblica di San Marino, poi ripara in Svizzera e poi in Germania dove trova lavoro come minatore in Westfalia, presso Hagene e dove, celatosi sotto il falso nome di “Taiani” viene catturato dal vicequestore milanese, estradato in Italia e processato. Pur negando tutto sarà condannato all’ergastolo con l’aggravante di otto anni di segregazione cellulare. Dalla casa penale di Alessandria, dove viene rinchiuso il 10 giugno 1922 viene tradotto nel penitenziario di Porto Longone (oggi Porto Azzurro) rimanendo in isolamento per circa sedici anni, con un breve intervallo tra il 1928 e il 1932. Nel 1927 la sua salute comincia a guastarsi. Ripetutamente punito per “frasi ironiche e sconvenienti allusioni al regime fascista”, “contegno poco rispettoso ed arrogante” verso graduati o funzionari, all’inizio del 1930 è tradotto nella casa penale di Ancona dove, non essendogli consentito lavorare, si immerge nello studio. Costantemente vessato per il suo contegno nei confronti delle autorità carcerarie e del regime (le punizioni saranno 30 solo nel 1935), il 30 settembre 1932 torna a Porto Longone mentre la sua salute peggiora a dire dei responsabili medici che ne chiedono il trasferimento, di giorno in giorno. L’ultima annotazione del suo fascicolo del CPC è del direttore del penitenziario e risale al 15 aprile 1943: “Qui tiene regolare condotta”. L’ultima lettera che B. stremato riesce a scrivere e inviare al fratello è del 19 giugno 1943, dal campo di concentramento di Fossoli. Il 17 marzo 1944 indebolito dagli stenti e dalle malattie, è ricoverato all’infermeria di Porto Longone, ai primi di aprile con gli ergastolani è tradotto a Parma. Il 21 giugno 1944 è deportato in Austria con altri 474 prigionieri, arriva a Mauthausen tra il 24 e il 27 giugno 1944. Trasferito nel sottocampo di Wiener Neustadt e quindi in quello di Wien Floridsdorf. N. di matricola: 76258. Classificato con la categoria Schutz. Muore a Mauthausen il 17 febbraio 1945. Secondo un’altra testimonianza dell’anarchico Dino Paini, dopo il bombardamento di Parma, Boldrini riuscì a fuggire con l'idea di raggiungere la Russia ma venne in breve tempo venne arrestato e deportato in Germania. (V. Mantovani e redazione DBAI)

Fonti

Fonti:Arolsen Archives. https://arolsen-archives.org, ad nomen; Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: G. Mariani, Memorie di un ex terrorista, Torino, 1953; V. Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Milano 1979 (Pescara 2002), ad indicem; Il libro dei deportati, ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da B. Mantelli e N. Tranfaglia, promossa da ANED Associazione nazionale ex deportati, Milano, Mursia, 2009, Vol. 1, tomi 1-3, p. 334; F. Bertolucci, Gli anarchici italiani deportati in Germania durante il Secondo conflitto mondiale, «A : rivista anarchica», aprile 2017, pp. 63-98.


 

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