BINAZZI, Pasquale

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BINAZZI, Pasquale

Date di esistenza

Luogo di nascita
La Spezia
Data di nascita
12/06/1873
Luogo di morte
La Spezia
Data di morte
05/03/1944

Attività e/o professione

Qualifica
Operaio
Qualifica
Pubblicista

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce alla Spezia il 12 giugno 1873 da Leopoldo e Clorinda Dané, operaio e pubblicista. Il padre è un falegname nativo di Subbiano (AR) che, trasferitosi alla Spezia, si sposa con una casalinga di quella città. B., che “eredita” il nome del nonno paterno, dopo la scuola dell’obbligo non prosegue gli studi, dato che la famiglia con la quale, secondo le forze dell’ordine, “si dimostra taciturno, burbero e di modi sprezzanti” non può permettersi le spese. Per questo motivo a 13 anni entra nel Regio Arsenale Marittimo della Spezia come allievo operaio nelle scuole professionali di meccanica per contribuire al sostentamento della famiglia, che nel 1887 si accresce di un nuovo elemento con la nascita del fratello Filippo. Intorno ai 15 anni comincia ad avvicinarsi agli ambienti sovversivi dell’Arsenale entrando in rapporti con i locali esponenti anarchici Antonio Accinelli, Silvio Massai e, qualche anno più tardi, Vittorio Fabrizioli. Nel clima di “sorveglianza poliziesca” che si respira nell’Arsenale avviene la formazione politica di B., al quale vengono fatti conoscere “libri di cultura libertaria” che costituiranno l’humus sul quale si sarebbe poi sviluppato il suo pensiero socio-politico. B. immediatamente si “appassiona per le opere di Bakunin, Kropotkin e altri filosofi dell’anarchismo”, gli scritti dei quali giravano clandestinamente tra gli operai dell’arsenale in un periodo in cui il movimento internazionalista spezzino stava conoscendo un rinnovato vigore dopo circa un decennio di inattività pressoché totale. Nel 1891, presa la qualifica di aggiustatore meccanico, conosce di persona P. Gori, giunto in città per un giro di conferenze, e che tornerà più volte alla Spezia, nel 1892 e nel 1893, infittendo i rapporti che lo legano al giovane B. del quale diviene “buon amico”. In questo periodo B. collabora alla redazione dei giornali anarchici locali «L’Operaio», «I Raggi» e «La Luce», diretti da Fabrizioli e Massai. Contemporaneamente attira l’attenzione delle forze dell’ordine, che decidono di inserire il suo nome nell’elenco degli anarchici “parsi pericolosi in Spezia e comuni contermini”. Nel giro di poco tempo, per la continua azione di propaganda spicciola e la diffusione di stampati e opuscoli operai tra i suoi colleghi la Sottoprefettura è portata a considerare B., non più un mero simpatizzante del movimento anarchico, ma un sovversivo “di propositi violenti […] tra i più scaltri e temibili di Spezia” e quindi da inserire senz’altro nell’elenco dei “settari” vigilati. Alla vigilia dei moti di Lunigiana B. è molto attivo nella zona apuana e si reca diverse volte a Carrara. Il 26 dicembre 1893 prende parte alla conferenza tenuta da L. Molinari nella piana di Avenza e i giorni 2, 9 e 10 gennaio 1894 s’incontra con Augusto Arata, Mario Lazzoni, Primo Ghio e Cesare Bonuccelli e altri anarchici per discutere il “piano insurrezionale”. Il 16 si unisce alla banda armata composta da circa 200 uomini che ha preso il controllo della piana di Avenza, ma già il 20 la truppa ha ripreso in mano la situazione e la banda di cui fa parte B. si disperde nelle campagne. Il 22 è licenziato dall’Arsenale e fugge prima a Milano e poi a Lugano per sottrarsi alle ricerche della polizia. Grazie all’interessamento del compagno Isaia Pacini riesce a impiegarsi come commesso viaggiatore. Anche in Svizzera partecipa attivamente alle riunioni dei suoi compagni di fede e più volte viene notato in compagnia “dell’altro pericoloso settario Gio Batta Castellani di Venezia”. A marzo, proprio durante una conferenza anarchica in un teatro di Lugano, in seguito a disordini provocati al suo interno, B. è arrestato e dopo 15 giorni di prigione espulso e consegnato alle autorità italiane. Da queste viene tradotto prima a Como, poi a Milano e Genova ed infine alla Spezia, dove dopo una “paternale” è rimesso in libertà, anche perché il Tribunale militare di Massa non ha preso provvedimenti nei suoi confronti per aver partecipato ai moti di Lunigiana. Nel corso del 1894 il Consiglio di Leva Marittima lo riforma, inoltre il 10 luglio ottiene di essere riassunto all’Arsenale, perché da “alcuni mesi si dimostra riservato e tranquillo”. In realtà, grazie a “risultanze ottenute in via confidenziale”, la polizia scopre che B. continua clandestinamente la sua opera propagandistica e sta riattivando le sue relazioni con gli anarchici carraresi, ai quali scrive nei primi del mese di novembre del 1894, che “si sarebbe presto colà recato a riorganizzare le file della setta e che, dal canto suo, lavora a Spezia attivamente”. Il 17 gennaio 1895, per effetto delle leggi eccezionali volute da Crispi, B. viene denunciato alla Commissione Provinciale di Genova per l’assegnazione al domicilio coatto, che il 22 gennaio lo fa arrestare e tradurre nelle carceri del capoluogo ligure; qui incontra “il buon Luigi Galleani, Giacinto Menotti Serrati, Eugenio Pellaco e tanti altri” che, come lui, attendono di essere inviati al confino. Il 2 febbraio la Commissione lo condanna a tre anni di “coattiva dimora” da scontarsi a San Nicola di Tremiti, che raggiunge dopo otto mesi di reclusione alla Rocca di Porto Ercole. Sullo “scoglio” pugliese conosce, tra gli altri, G. Gavilli, V. Mazzoni e Amedeo Boschi. Nei mesi passati al confino, malgrado l’asprezza delle condizioni di vita e per rompere l’alienante monotonia isolana, B. frequenta una “Scuola Anarchica” organizzata e autogestita dai suoi compagni, grazie alla quale può seguire corsi di “cultura generale, politica e sociologia, di lingua inglese e francese”. Assieme agli altri anarchici, stampa un giornale poligrafato intitolato «La Bohème», inoltre comincia a collaborare con «L’Avvenire sociale» di Messina. La sera del 16 gennaio 1896 prende parte a una manifestazione di solidarietà verso i compagni confinati a Lampedusa che sfocia in una rivolta spontanea. Le forze dell’ordine reagiscono sparando sulla folla, il toscano Argante Salucci rimane ucciso e B. è tra i 10 coatti feriti, colpito alla coscia sinistra da un proiettile che gli “scheggia l’osso, procurandogli atroci sofferenze per molto tempo e rendendolo claudicante per tutta la vita”. Il Tribunale di Lucera l’11 luglio condanna B. per “trasgressione agli obblighi del domicilio coatto, resistenza commessa in riunione di oltre 10 persone con armi e complicità corrispettiva nel ferimento in persona di pubblici ufficiali” a 14 mesi di reclusione più un anno di vigilanza speciale. Ottenuta la libertà condizionale torna alla Spezia e nei primi giorni del gennaio 1897, “non volendo vivere a carico della famiglia e non riuscendo a trovar lavoro per le persecuzioni a cui è continuamente soggetto” parte alla volta di Marsiglia, dove conta “parenti ed amici”, impiegandosi come meccanico. Dopo pochi mesi fa ritorno in Italia e si stabilisce a Genova trovando occupazione come carpentiere all’Ansaldo. Contemporaneamente continua la sua attività di “propagatore dell’anarchismo” diffondendo “il veleno dei suoi principi” in tutta la provincia. L’attivismo politico di B. non sfugge alle autorità genovesi, che vedono in quel “giovane di mente svegliata, di facile parola e non mancante di certa coltura” un pericoloso propagandista, tanto da attribuire il rinnovato vigore delle associazioni anarchiche negli importanti centri operai di Genova, Sampierdarena e Voltri alla sua influenza. Il 17 dicembre 1898 è nuovamente tratto in arresto per scontare un residuo di pena per la “rivolta” delle Tremiti. Nel marzo 1899 rientra alla Spezia ed è assunto presso i cantieri navali del Muggiano ove rimane occupato fino all’8 giugno 1901. All’alba del nuovo secolo B. è impegnato in un fitto giro di conferenze per promuovere fra gli operai dello spezzino la costituzione in città di un organismo rappresentativo di classe in quello che è un “grande momento di svolta per il movimento operaio italiano, nella speranza d’aver scoperto nell’organizzazione sindacale la leva per cambiare il mondo”. Fedele al pensiero maturato da Malatesta in questi anni riguardo all’inserimento degli anarchici all’interno del movimento operaio in chiave rivoluzionaria, B. si pone a capo del locale Comitato promotore per la costituzione della CdL della Spezia, che nasce ufficialmente il 17 marzo 1901. Il 16 giugno, in occasione dell’inaugurazione dell’organismo camerale B. è nominato segretario provvisorio, venendo poi confermato come segretario effettivo stipendiato il 9 marzo 1903. La segreteria B. in più di tre anni di attività registra alcune importanti vittorie in tema di lotta sindacale, come in occasione della vertenza “Pertusola” del gennaio 1902 e del primo sciopero generale spezzino del 3 aprile successivo messo in atto per appoggiare l’agitazione degli operai dell’Arsenale i quali al termine dello sciopero vedono riconosciute le proprie rivendicazioni. La conseguenza immediata di questo successo è che gli “arsenalotti” aderiscono alla CdL portandola a organizzare ben 6.172 operai. Nonostante questi risultati sostanzialmente positivi B. è costretto a dimettersi, il 7 giugno 1904, preso fra l’incudine dei socialisti, che lo tacciano di essere un legalitario, e il martello dei suoi compagni che gli muovono una “guerra asprissima” rimproverandolo di essere, nei fatti, “assai lontano da una pratica tesa a esaltare la spontaneità operaia e l’azione diretta” propria dell’anarchismo. B. abbandona la CdL anche perché intende dedicarsi maggiormente alla sua attività di pubblicista, convinto che “l’iniziativa di un giornale anarchico, legato ai problemi e alle vicende del movimento sindacale, strumento di orientamento e propaganda tra gli operai, vivificato di fatto da una costante, vigile coscienza di classe, [darebbe] voce alla preoccupazione fondamentale del movimento anarchico italiano agli inizi del secolo sulla natura del rapporto con le organizzazioni delle classi lavoratrici, colta nel particolare ambiente dell’anarchismo spezzino”. B. tiene fede a questo suo proposito occupandosi più compiutamente della direzione del foglio settimanale «Il Libertario», che da circa un anno ha fondato. Il primo numero del giornale esce il 16 luglio 1903 ed è la realizzazione di un progetto editoriale che “a differenza dei vari fogli che esprimono le idee e le esperienze dei nuclei libertari sparsi per la penisola” ambisce di avere una “diffusione nazionale” e di essere un punto di riferimento per tutte le forze dell’anarchismo italiano. Il progetto si concretizza “grazie anche ai personali rapporti che [legano B.] ad alcuni esponenti anarchici di rilievo, come Errico Malatesta, Luigi Molinari, Pietro Gori”. «Il Libertario» supera presto gli “angusti limiti provinciali, diventando uno dei più importanti organi dell’anarchismo italiano per la chiarezza d’impostazione, la risonanza e l’adesione riscosse negli ambienti di sinistra […], per il tono aggressivo e l’interesse portato ai problemi anche internazionali del movimento operaio”. Impossibile dare conto delle firme che appaiono, a vario titolo, sul giornale nel corso della sua esistenza; queste appartengono a quasi tutti gli esponenti dell’anarchismo italiano ed internazionale del periodo. B. è costantemente affiancato nella direzione del settimanale dalla moglie Zelmira Peroni, che condivide con lui la tribolata vicenda del foglio, caratterizzata, soprattutto nei primi tre anni di vita, da continue censure, sequestri, sospensioni, processi e condanne. B. attraverso il suo giornale si fa anche portavoce di tutti “i lamenti” delle vittime politiche recluse in carcere, raccogliendo testimonianze dirette di clamorosi “‘errori giudiziari”, cercando quindi di espletare in questo senso una funzione garantista, imponendo all’attenzione dell’opinione pubblica i casi di ingiustizia più eclatanti. Epocale è, ad esempio, la campagna di agitazione per Francisco Ferrer, altrettanto significativa quella per Augusto Masetti, o ancora quella per Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, solo per citare i casi più noti. Certamente nomi meno altisonanti sono quelli di Costantino Beccari e Pasquale Bassano, ma il loro caso è comunque emblematico, e impegna B. per oltre dodici anni, tra articoli, comizi, conferenze, interrogazioni parlamentari e appelli al mondo intellettuale nel tentativo di ottenere la revisione del processo. I due, accusati di avere ucciso un loro giovane compaesano, sulla sola base di “presunzioni ed insinuazioni”, sono condannati nel 1901 a 30 anni di reclusione dopo un “processo vergognoso condotto violando le più elementari norme del diritto”; otterranno la grazia solo nel 1913. L’intera vicenda è ricostruita da B. sull’opuscolo Un errore giudiziario – I due reclusi innocenti del Romito Magra (La Spezia, 1904). Passeranno alla storia anche le battaglie giornalistiche condotte da B. nei confronti del militarismo e del clericalismo sulle colonne de «Il Libertario», che funziona anche come tribuna politica aperta ai dibattiti interni all’anarchismo, come nel caso dell’annosa questione sull’opportunità della costituzione di un “Partito Anarchico”. La posizione di B. riguardo questa possibilità è di netta bocciatura, infatti lo spezzino è un intransigente “antiorganizzatore” e teme un’evoluzione burocratica del movimento sull’esempio “dell’odiato socialismo riformista”. Questo atteggiamento lo pone, intorno al 1905, in forte polemica con il gruppo de «L’Agitazione» di Roma capitanato da Libero Merlino che invece preme affinché gli anarchici “si [organizzino] in qualche cosa di preciso e di logico”. «Il Libertario» gode intanto di ottima salute e dalle 3.000 copie tirate alla nascita passa a oltre 5.000 nel 1906, grazie anche “alla popolarità che la persecuzione poliziesca crea intorno al giornale negli ambienti sovversivi”. Questo incremento nella diffusione permette a B. di fondare la cooperativa tipografica “La Sociale” che espleterà un’intensa attività nel campo dell’editoria libertaria e della pubblicistica anarchica, dando alle stampe, tra le altre, tutte le opere di Gori. Oltre ad occuparsi del proprio giornale, B. collabora in questi anni anche al «Praecursor» e a «L’Avvenire anarchico» di Pisa e a «Il Cavatore» di Carrara. Tra il 1906 e il 1911 B. esplica un’energica azione di protesta antireligiosa che si concretizza in un’intensa azione di propaganda che lo porta in giro per la penisola tra comizi e conferenze. Questa attività va a inserirsi nel contesto di un più ampio “risveglio anticlericale nazionale” che tocca il suo culmine con le manifestazioni di protesta per il “martirio” di Francisco Ferrer. In memoria del pedagogista catalano B. pubblica l’opuscolo Abbattiamo il Vaticano! (La Spezia, 1910). Nel gennaio 1911 convoca alla Spezia il Convegno Anarchico Ligure durante il quale ribadisce la sua totale opposizione alle “formulette organizzatrici” caldeggiate da molti compagni presenti all’incontro. In estate, memore del suo passato di sindacalista, è a Piombino per seguire da vicino l’agitazione degli operai del complesso siderurgico toscano, che si concluderà a novembre con la resa dei lavoratori. Al Congresso Anarchico Italiano tenutosi a Roma il 24 settembre presenta con A. Ceccarelli una mozione affinché si rimandi ogni questione sull’organizzazione del movimento al momento del ritorno di Malatesta in Italia e, “opponendosi a tutte le mene patriottiche e nazionalistiche”, dà completa adesione all’odg che condanna la Guerra Italo-Turca. Nel corso del 1912 B. è violentemente attaccato da D. Zavattero, il quale forse non perdona a B. l’essersi schierato dalla parte di Maria Rygier in occasione della vertenza tra i due. Il sanremese, supportato da Roberto D’Angiò, ex collaboratore de «Il Libertario», accusa B. di “aver fatto dei bei quattrini” con la tipografia con la conseguenza che alla Spezia “non gode più di nessuna simpatia né dai compagni, né dal proletariato”. B. dopo aver cercato di dimostrare l’infondatezza di tali accuse si prende una sorta di “rivincita” su Zavattero in occasione del Convegno Anarchico Nazionale tenutosi alla Spezia il 1° giugno 1913, ottenendo la sua estromissione dai lavori dell’assise, invero povera di proposte concrete per il futuro assetto del movimento e che vede l’adesione di una sessantina di gruppi soprattutto dell’Italia centrosettentrionale. Il 14 e il 24 novembre 1913 B. si incontra alla Spezia con Malatesta per discutere “dell’azione degli anarchici nel movimento operaio” nella “grande stagione” delle lotte sindacali e antimilitariste in previsione “dell’agitazione insurrezionale” che porterà alla “rivoluzione sociale espropriatrice”. Allo scoppio della Grande Guerra B. si trova al centro della vasta polemica tra anarco-interventisti e pacifisti per aver dato, con “discutibile larghezza”, ospitalità a diversi articoli filointesisti, primo fra tutti La bancarotta della politica monarchica in Italia della Rygier, che clamorosamente si dice favorevole “all’arruolamento di volontari anarchici per la Francia”. B., affrettatosi a ribadire la sua professione di fede internazionalista riproponendo la formula “innanzi tutto anarchici” anche in tema di guerra, intende mettere bene in chiaro “quanto personalmente sia del tutto contrario al coinvolgimento degli anarchici nel nascente movimento interventista rivoluzionario” ed è “lieto di constatare” che Malatesta si trovi “sull’identica direttiva”. Dopo aver chiarito la sua posizione, nel tardo autunno del 1914 B., in collaborazione con il gruppo de «L’Avvenire anarchico», promuove un Convegno nazionale – che si tiene a Pisa il 24 gennaio 1915 – per coordinare la propaganda antimilitarista degli “anarchici di qualsiasi tendenza, ma tutti animati dall’intento di muovere guerra alla guerra” e di “discutere sulla necessità di un appello al popolo italiano per un’azione insurrezionale nell’eventualità di un intervento del paese”. Con l’entrata in guerra dell’Italia B., tra mille difficoltà, continua a pubblicare «Il Libertario» dando conto dei risultati delle conferenze socialiste di Zimmerwald e Kienthal. Proprio il manifesto di Zimmerwald, che “incontra ostilità e dubbi fra gli anarchici” in quanto esclusi dai lavori della conferenza, “impressiona invece positivamente” B. che accoglie “con compiacimento l’atto di nascita di un rinnovato internazionalismo socialista”. Questa presa di posizione lo pone in forte contrasto con R. Siglich e il gruppo de «L’Avvenire anarchico» per nulla disposto a intavolare un dialogo con i socialisti sulla piattaforma comune dell’opposizione alla guerra. La polemica tra B. e Siglich si trascina fino al Convegno clandestino di Firenze dell’agosto 1916. La mozione conclusiva, “frutto della sola preoccupazione unitaria”, mette semplicemente da parte la vertenza, facendo propria la posizione di equidistanza elaborata da Fabbri e Borghi fra l’“alleanzismo” di B. e l’“intransigentismo” di Siglich. Il convegno, al di là della sua riuscita formale, viene ricordato anche per la creazione del caia, del quale fanno parte, oltre a B., Monticelli, T. Gobbi, Gregorio Benvenuti e Mazzoni. Tornato alla Spezia, B. prosegue nell’opera di denuncia sulla barbarie del conflitto pubblicando sul giornale le lettere dei soldati di stanza al fronte e raccogliendo fondi per i compagni in difficoltà nelle zone di guerra, contribuendo, secondo le autorità militari, alla diffusione del disfattismo tra le truppe. La reazione dell’autorità militare spezzina è dura, e nell’aprile 1917 il sottoprefetto, preoccupato “per il grave danno derivante dall’opera deleteria e deprimente sullo spirito pubblico del giornale anarchico”, chiede un intervento deciso da parte del Comando Supremo. Il 30 maggio viene decretata la sospensione delle pubblicazioni de «Il Libertario» e il sequestro di tutto il materiale bibliografico custodito presso “La Sociale”. B. non si dà per vinto e decide di stampare il foglio a Milano con la collaborazione di L. Rafanelli, C. Molaschi e G. Invernizzi, ma le autorità non consentono che il giornale mantenga la testata originale; nasce così il 3 agosto «Cronaca libertaria», che si pubblica in 14 numeri “tra difficoltà di ogni genere”, le quali giungono a un “limite non più sopportabile” e ne determinano la cessazione definitiva nel novembre. Nel frattempo, B. andava intensificando la sua azione di propaganda antimilitarista in seno al caia che, riunitosi clandestinamente il 15 aprile 1917 a Firenze, delibera di stampare un “manifesto diretto al popolo russo in rivoluzione”, di “attuare un piano di insurrezione non appena fosse scoppiata la rivoluzione anche in Germania” e, per ovviare alla censura postale, di “affidare la trasmissione delle notizie a militanti anarchici fidati del Sindacato Ferrovieri”. Il Comitato in giugno, decide anche di inviare una delegazione anarchica – formata da Malatesta, Mazzoni e dallo stesso B. – al Congresso Internazionale convocato a Stoccolma dal Comitato degli Operai e dei Soldati di Pietrogrado, che però non avrà mai luogo. All’indomani di Caporetto il sottoprefetto spezzino ritiene che la presenza di B. in città costituisca “un pericolo permanente e grave per la resistenza interna e per l’ordine pubblico” e ne dispone “l’allontanamento […] e l’internamento” per arrestarne la “nefasta propaganda disfattista”. Il 18 dicembre B. e sua moglie sono arrestati e inviati nella colonia penale di Lipari da dove fanno ritorno il 18 gennaio 1919. Un mese più tardi, dopo quasi due anni di “forzato silenzio” «Il Libertario» riprende le pubblicazioni. In occasione del congresso di Firenze dell’aprile 1919 per la prima volta B. si mostra favorevole all’eventualità di costituire un organismo unitario per il movimento e saluta con moderato ottimismo la nascita dell’UCAI definendola “patto di libera unione”. In giugno alla Spezia è in atto una grossa agitazione causata dal caro-viveri che in poco tempo si estende in diverse città italiane. Le autorità spezzine temendo uno “sfogo rivoluzionario” decidono una retata preventiva nei confronti dei “più noti sindacalisti e anarchici”. Il 14 luglio B. è arrestato nel quadro di questa operazione e rinchiuso in carcere fino al 4 settembre. Al ritorno di Malatesta in Italia, il 25 dicembre, è con Borghi e Galleani tra i primi a raggiungere Genova per abbracciare il “Lenin d’Italia”. Fra febbraio e marzo 1920, nei giorni che fanno da cornice all’uscita di «Umanità Nova», alla cui nascita B. contribuisce con la sua esperienza, è a Milano dove prende parte con Malatesta e Borghi a diversi comizi inneggiando allo sciopero generale. Mentre è impegnato nella propaganda tra gli operai nelle fabbriche della Spezia, il 27 luglio è nuovamente tratto in arresto dalla polizia con l’accusa di avere, il mese precedente, preso parte all’assalto di una polveriera situata nella periferia della città assieme ad altri 80 compagni. Prosciolto per “non aver commesso il fatto” esce di prigione solo il 9 marzo 1921 convinto che di essere rimasto vittima di una “montatura poliziesca” tesa a “toglierlo di mezzo” in un frangente caldo della storia italiana. Dopo l’attentato al teatro Diana la sede di «Umanità nova» viene distrutta dai fascisti e B. “per supplire alla forzata sospensione” offre alla redazione del quotidiano milanese le colonne de «Il Libertario» che perciò per più di un mese uscirà con cadenza bisettimanale. Intanto anche alla Spezia le squadre fasciste cominciano a operare e B. si impegna nell’organizzazione delle formazioni degli Arditi del popolo. Alla soglia dei 50 anni B. comincia a defilarsi dalla politica attiva, ha grossi problemi di deambulazione che lo tengono lontano anche dalla redazione del giornale che in questo periodo è diretto e amministrato dalla moglie. Non si reca perciò, “con gran rincrescimento”, ad Ancona al iii congresso dell’uai del novembre 1921. Le condizioni di salute di B. si aggravano durante l’estate del 1922 e il 15 settembre viene portato all’ospedale dove viene raggiunto da un mandato di cattura con la infondata accusa di “associazione a delinquere in correità di furti ferroviari”. Dopo 40 giorni, il 26 ottobre, mentre è ancora all’ospedale, la misura cautelare nei suoi confronti viene ritirata. Ironia della sorte, lo stesso giorno esce anche l’ultimo numero del «Libertario», l’886. Infatti fra il 27 e il 28 ottobre La Spezia è “occupata militarmente dalle squadre d’azione fasciste appoggiate dalla polizia e dalla truppa”. La sede della tipografia La Sociale viene completamente distrutta dagli squadristi, che tentano di “prelevare Binazzi per completare l’opera”. Solo il risoluto intervento degli infermieri impedisce ai fascisti di raggiungere l’anarchico immobilizzato a letto, evitandogli così il peggio. Dimesso dall’ospedale nel gennaio 1923 si trasferisce con la moglie a Caprigliola, dove “almeno apparentemente” non sembra espletare alcuna attività sovversiva. La Prefettura scopre in seguito che B. ha in realtà una “fittissima corrispondenza” con i compagni in Italia e all’estero dai quali è “sempre sovvenuto” e riceve regolarmente «L’Adunata dei Refrattari», “lasciando la certezza che ne sia uno dei collaboratori”. Fino al 1926 il regime lascia relativa libertà di movimento a B. limitandosi a farlo vigilare “discretamente”, ma all’indomani degli attentati a Mussolini messi in atto da Gino Lucetti e Anteo Zamboni, rimane vittima, come gran parte degli oppositori del fascismo, della legislazione penale per la Sicurezza dello Stato. Il 19 novembre 1926 la Commissione Provinciale per l’assegnazione al confino di Massa Carrara condanna B. “al confino di polizia per anni 5 […] per aver dimostrato di occuparsi tuttora di movimenti rivoluzionari”. Viene destinato con la moglie nuovamente a Lipari. Data l’età avanzata e le precarie condizioni fisiche i coniugi B. ottengono uno sconto di pena di tre anni e il 19 novembre 1928 possono fare ritorno a Caprigliola tenuti sotto strettissima sorveglianza dalle autorità. Nella primavera del 1930 B. ospita presso di sé il “vecchio amico” Galleani, che morirà tra le sue braccia il 4 novembre 1931. Per B. comincia un periodo di relativa tranquillità e il 10 novembre 1932 ottiene la revoca dell’ammonizione. Scomparsa la moglie il 24 dicembre 1936 B. pare abbandonare completamente ogni attività “antistatale” e nella primavera del 1937 ottiene di tornare ad abitare alla Spezia da dove manca stabilmente da 15 anni; per questo motivo il 21 maggio, viene radiato dal novero dei sovversivi di Massa. Per diversi anni non si hanno più notizie dell’anziano “combattente libertario”, ma nel momento in cui gli anarchici liguri, nel corso del 1941, cominciano a riorganizzarsi B., dopo il convegno clandestino di Genova del giugno 1942, si trasferisce a Torre del Lago in provincia di Lucca per meglio coordinare “la rete dei contatti fra i piccoli gruppi informali già esistenti un po’ ovunque e le individualità, in particolare nell’Italia centrale”. Infatti in questi mesi inizia per B. “un periodo di lotta cospiratrice” che lo vede agire “validamente con l’azione, la parola e l’incitamento per ricollegare” i gruppi anarchici in Toscana, nella Valpolcevera, in Sestri Ponente e in tutto il genovesato. Questa rinnovata attività da parte del vecchio B. ha un “primo importante risultato, conseguito sul piano organizzativo”, nella convocazione di “una serie di convegni clandestini interregionali che si tengono tutti a Firenze”. Il primo e il più importante di questi si tiene il 16 maggio 1943 nell’abitazione del fornaio Augusto Boccone, dove formalmente si costituisce la Federazione Comunista Anarchica Italiana. Il 5 settembre 1943, ancora per iniziativa di B. e sempre a Firenze si ha un nuovo convegno, nel quale viene deliberata la ripresa delle pubblicazioni di «Umanità nova». Fra l’autunno e l’inverno del 1943, “ad onta della malattia che ne mina il fisico”, B. si trova nuovamente alla Spezia per coordinare le riunioni della costituenda colonna partigiana “Giustizia e libertà” assieme agli esponenti del locale Partito d’Azione ai quali propone di operare assieme alle bande capitanate da Ugo Mazzucchelli. C’è “in questa ultima fiammata di entusiasmo tanta abnegazione e coraggio”. B. è ormai “infermo e vacillante nella persona per i risentimenti dovuti alla sua malattia”, per cui “questo ritorno alle antiche battaglie è breve”; infatti, nel pieno di questa intensa attività organizzativa e cospiratrice il fisico di B. non regge più, e nei primi giorni del febbraio 1944 viene colto da paralisi. Dopo un mese di agonia all’ospedale “quell’uomo dall’apparenza bonaria, ma di rara fierezza e ferrea volontà” si spegne all’alba del 5 marzo. Viene cremato e tumulato accanto alla sua Zelmira nel cimitero dei Boschetti. (A. Mameli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, conf. pol., ad nomen; Pubblica sicurezza annuale 1905-1922, cat. K; assp, Gabinetto di Prefettura, b. 1, f. 1; b. 3, f. 5; b. 4, f. 10; b. 5 ff. 12 e 13; ivi, Tribunale di Sarzana, Pretura di Mandamento di Spezia, b. 263, ff. 1 e 2; Archivio dello Stato – Genova, Gabinetto di Prefettura, b. 336, f. Il Libertario; «Il Libertario», numero unico della Federazione Anarchica Spezzina, La Spezia, 1946.

Bibliografia: Scritti di B.: Perché non votiamo, La Spezia 1909. Scritti su B.: Borghi, ad indicem; U. Fedeli, Luigi Galleani. Quarant’anni di lotte rivoluzionarie 1891-1931, Cesena 1956; G. Perillo Il Movimento anarchico alla Spezia dal 1888 al 1893, « Il Movimento operaio e socialista in Liguria », Genova, 1, 2-3, 1959; G. Bianco, L’attività degli anarchici in Liguria nel biennio rosso (1919-1920), ivi, 2, 1961; Id., C. Costantini, Per la storia dell’anarchismo: “Il Libertario” dalla fondazione alla guerra mondiale, ivi; C. Costantini, Gli anarchici in Liguria durante la prima guerra mondiale, ivi; G. Perillo, G. Bianco, I partiti operai in Liguria nel primo dopoguerra, Genova 1965; DBI, ad nomen; G. Cerrito, L’antimilitarismo anarchico in Italia nel primo ventennio del secolo, Pistoia 1968; Santarelli; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze, 1972, ad indicem; A. Bianchi, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana, Roma 1975; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen; Masini 2, ad indicem; Rossi, ad indicem; A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, ad nomen; G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), Perugia 1983; R. Bertolucci, A come Anarchia o come Apua. Un anarchico a Carrara, Ugo Mazzucchelli, Carrara, 1988; S. Alcara, La Camera del Lavoro della Spezia dal 1901 al 1909, Roma 1993; La resistenza sconosciuta. Gli anarchici e la lotta contro il fascismo. I giornali anarchici clandestini 1943-45, Milano 1995; G. Sacchetti, Resistenza e guerra sociale. Il movimento anarchico e la lotta di liberazione 1943-1945, «Rivista storica dell’anarchismo», gen.-giu. 1995; M. Antonioli, Pietro Gori. Il cavaliere errante dell’anarchia, Pisa 1995, ad indicem; V. Bartoloni, I fatti delle Tremiti. Una rivolta di coatti anarchici nell’Italia umbertina, Foggia 1996; L. Fabbri, Luigi Fabbri, storia di un uomo libero, Pisa 1996; M. Antonioli, P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale, Pisa, 1999, ad indicem; A. Bianchi, La Spezia e Lunigiana. Società e politica dal 1861 al 1945, Milano, 1999; L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’Anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, Pisa 1999, ad indicem; A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo dalla rivoluzione al revisionismo, Montespertoli (Fi) 2001 ad nomen; A. Mameli, La diffusione de «Il Libertario» della Spezia nel 1917, «Rivista storica dell’anarchismo» gen.-giu. 2002; P.C. Masini, Gli Anarchici tra neutralità e intervento (1914-1915), «Rivista storica dell’anarchismo», lug.-dic. 2001; A. Mameli, L’anarcosindacalismo nella Lunigiana storica. Le Camere del Lavoro di Carrara e La Spezia (1901-1912), «Rassegna storica toscana», gen.-giu. 2003.

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