BIBBI, Gino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BIBBI, Gino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Avenza
Data di nascita
05/02/1899
Luogo di morte
Carrara
Data di morte
08/08/1999

Attività e/o professione

Qualifica
Ingegnere

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce ad Avenza, frazione di Carrara (MS) il 5 febbraio 1899 da Carlo e Gioconda Paglini, ingegnere. Il padre è un facoltoso possidente, proprietario di cave, segherie e falegnamerie, liberale e moderato in politica. B. studente all’Istituto tecnico di Pisa viene richiamato alle armi nel febbraio del 1917, frequenta il corso allievi ufficiali di complemento a Parma, conquistandosi il grado di sottotenente di fanteria e viene inviato in prima linea in Val Lagarina da dove rientra dopo pochi mesi per un attacco di tifo addominale. Nell’ottobre del 1920 viene posto in congedo e ritorna a Carrara. Si iscrive, quindi, al corso di laurea in ingegneria a Pisa per poi trasferirsi alla fine del 1922 al Politecnico di Milano. Inizialmente democratico interventista con simpatie repubblicane è nell’ambiente studentesco milanese di quegli anni che matura le sue scelte ideali e politiche. Ed è nello stesso ambiente che conosce e stringe rapporti di amicizia con la famiglia Molinari, in particolare con i figli di Ettore, Libero ed Henry; frequenta i circoli libertari milanesi e tra questi l’USI, dove conosce Alibrando Giovannetti, con cui collabora nella diffusione di materiale di propaganda dell’organizzazione sindacale. Nel 1924 risulta nella lista degli abbonati alla rivista «Pensiero e volontà» diretta da E. Malatesta. Nello stesso anno il 18 maggio portatosi a Carrara a cavallo di una motocicletta dà vita in pieno giorno a un lancio di volatini antifascisti per la città, venendo immediatamente arrestato e poi successivamente “assolto per amnistia”. La Prefettura di Massa, in data 2 maggio 1928, lo descrive come un ragazzo “di carattere apparentemente mite, di buona educazione, di mediocre intelligenza ed ha discreta cultura […]. Professa principi comunisti anarchici, ed è considerato un idealista solitario alquanto pericoloso” (a volte in altri documenti è definito “anarchico individualista”). Nell’autunno del 1925 i fascisti aggrediscono B. ferendolo, l’azione nasce probabilmente come ritorsione per un conflitto a fuoco tra alcuni fascisti e il cugino di B., Gino Lucetti, avvenuto qualche tempo prima. B. continua in questo periodo a mantenere relazioni con diversi militanti libertari tra i quali Camillo Berneri conosciuto qualche anno prima. L’11 settembre 1926 Lucetti attenta alla vita di Benito Mussolini. B. viene arrestato il giorno dopo, come molti altri parenti dell’attentatore. Il regime si accanisce contro la famiglia e ogni parente con provvedimenti arbitrari e condanne assurde. Da una testimonianza rilasciata da Umberto Tommasini, per altro non confermata da altre fonti, sembra che B. abbia effettivamente collaborato al progetto dell’attentato procurando le armi e la bomba (U. Tommasini, L’anarchico triestino, Milano 1984, pp. 280-282). La polizia cerca di coinvolgere B. nell’inchiesta ma non vi riesce per mancanze di prove e Gino verrà assolto insieme agli altri familiari, tra cui anche la madre di Lucetti Adele Crudeli di 67 anni, “per il reato di concorso in mancato omicidio di S.E. il primo ministro” nel giugno del 1927. Nel frattempo il 19 novembre del 1926 la Commissione provinciale lo condanna a cinque anni di confino di polizia. Il 20 luglio 1927 raggiunge Ustica dove si unisce a una trentina di anarchici là confinati che si “fanno notare per la loro condotta irrequieta” e provocatoria, tra cui Umberto Tommasini, Anselmo Preziosi e Spartaco Stagnetti. A Ustica B. viene raggiunto volontariamente dalla sorella Maria legata a lui da un forte sentimento di affetto. Nell’isola conosce probabilmente la famiglia Cirino con la quale sarà in stretti rapporti nei primi anni Trenta. Il padre Calogero ha due figli Modesto, di sentimenti antifascisti e Clara che si lega sentimentalmente a B. Dopo l’attentato alla Fiera di Milano (12 apr. 1928), B., coinvolto nell’inchiesta insieme ad altre centinaia di sovversivi italiani, viene trasferito per questo a Regina Coeli a Roma poi a Milano insieme a Libero Molinari. La polizia ritiene che B., insieme a Molinari e suo fratello Henry e a Nella Giacomelli, siano parte di una trama “terroristica” ordita da Camillo Berneri. È una delle prime montature poliziesche che B. deve sopportare, difatti sia lui che Libero vengono prosciolti il 5 settembre 1928 dal Tribunale Speciale da ogni accusa mentre Henry e Nella Giacomelli sono rimessi in libertà poco dopo l’inizio dell’inchiesta. Alla metà di ottobre viene nuovamente trasferito a Lipari dove incontra Carlo Rosselli, Emilio Lussu, Fausto Nitti. A giugno del 1929 B., denunciato al Tribunale Speciale, è trasferito nuovamente a Milano e sottoposto a un processo per ricostituzione di “organizzazione e propaganda sovversiva”. Il processo si conclude con pene lievi: Pietro Costa, Giuseppe Peretti, Guglielmo Cimoso e Angelo Rognoni, vengono condannati a due anni mentre B. con altri compagni vengono prosciolti per “non luogo a procedere”. Liberato dal carcere viene ricondotto nel settembre del 1929 a Lipari dove conosce Assunto Zamboni, fratello del “martire” Anteo, e Baldassarre Londero. Sulle vicende di B. scrive una breve nota un collaboratore de «L’Adunata dei Refrattari» parlando di “via crucis” tra interrogatori, carcere e confino (Geffe [F. Giordano Ustori], Orrori e infamie fasciste nelle isole maledette, «L’Adunata dei Refrattari», 14 set. 1929). Nel gennaio del 1930 il Ministero lo autorizza a frequentare la scuola di ingegneria presso l’Università di Palermo dove prende dimora presso la famiglia di Calogero Cirino. Verso la fine di aprile torna ad Avenza per una breve e ultima visita al padre gravemente ammalato che muore il 3 maggio. Ritornato al confino il 10 maggio 1930 è determinato a fuggire e, infatti, alla prima occasione che si presenta il 20 luglio lascia Palermo, secondo le autorità di polizia, aiutato da un anarchico palermitano – Giovanni Comella –esperto in espatri clandestini e sicuramente anche dalla famiglia Cirino. B. si imbarca di nascosto a bordo del piroscafo Argentina raggiungendo Tunisi e successivamente il 26 luglio Parigi. La sua foto viene pubblicata sul supplemento al n. 194 del «Bollettino delle ricerche» del 23 agosto 1930 con le note biografiche e la dicitura “scomparso da arrestare”. Nel frattempo il 31 luglio il fiduciario dell’ovra n. 6 (Bernardo Cremonini) invia la prima di una lunga serie di note nella quale informa il Ministero dell’Interno di essersi attivato per raccogliere informazioni sull’arrivo di B. a Parigi. Inizia il periodo più intenso della vita di B. che si sposta in continuazione tra la Francia, la Svizzera e la Spagna. In Francia intrattiene rapporti di amicizia con molti esponenti del fuoruscitismo italiano: Carlo Rosselli, Randolfo Pacciardi, Giobbe Giopp, Berneri e Vincenzo Perrone. Secondo le fonti di polizia è aderente all’UCAPI, al gruppo “anarchico autonomo” italiano di Parigi e al Comitato anarchico “pro vittime politiche”. Nel frattempo Cremonini continua a sorvegliarlo da vicino tanto da cogliere ormai anche il suo “stato d’animo” e rivenderlo alla polizia come “pericoloso” perché sempre teso all’individuazione di un progetto capace di colpire a fondo il fascismo. Il 14 febbraio 1931 una nota riservata del Ministero dell’Interno ai prefetti del regno elenca 37 nominativi di pericolosi anarchici terroristi da arrestare tra i quali B. Al contempo Bocchini ha attivato diversi fiduciari per la sorveglianza dell’anarchico di Avenza perché è convinto che B. sia in qualche modo corresponsabile insieme a Tarchiani, Cianca, Lussu, Pacciardi e Rosselli di un nuovo progetto di attentato al duce. A chiamarlo in causa questa volta sono stati il repubblicano Pietro Meloni e l’anarchico Ersilio Belloni caduti tra gennaio e febbraio del 1931 nelle mani della polizia fascista e costretti a svelare i piani del gruppo parigino degli antifascisti. Alla fine dell’inchiesta B. viene nuovamente denunciato al Tribunale Speciale insieme a un consistente gruppo di militanti di GL, repubblicani e anarchici, per “attività antifascista” e “tentata strage” ma con sentenza del 25 luglio il suo caso viene stralciato insieme a quelli di altri latitanti antifascisti. I servizi segreti gli imputano anche la paternità – in collaborazione con l’anarchico Emidio Recchioni residente a Londra – di un progetto di incursione aerea sull’Italia per “bombardarla” di manifestini antifascisti incitanti alla ribellione o addirittura di attentato al duce. In effetti B. nell’estate del 1931, insieme a Londero – che nel frattempo è riuscito a lasciare l’Italia – e ad Assunto Zamboni e con l’aiuto di Aurelio Natoli, si reca in Spagna dove frequenta un corso per piloti di aereo. Ma l’iniziativa naufraga per scarsità di mezzi, disaccordi tra i diversi attori del progetto e anche perché Assunto cade nella rete stesa dall’OVRA e di lì a poco ne diventa a sua volta confidente. Nei mesi che B. trascorre in Spagna mantiene stretti rapporti con Gigi Damiani col quale collabora, insieme ad altri anarchici, al progetto di espatrio di E. Malatesta, con un aereo, dall’Italia. Anche questo progetto, che viene finanziato attraverso una raccolta di fondi nelle sezioni della CNT, naufraga per una “leggerezza” di alcuni compagni che ne parlano ad Ángel Pestaña il quale denuncia il piano del gruppo su «Solidaridad obrera», convinto che dietro al piano del gruppo di italiani si nasconda in realtà un obiettivo molto meno nobile legato ai fondi raccolti. Nel frattempo B. riprende il suo peregrinare, soprattutto per motivi di lavoro, nel Nord Africa (Tunisia e Algeria) tra la fine del 1931 e la primavera del 1934. Ad Algeri, dove trova lavoro presso un’azienda, sembra che completi i corsi universitari di ingegneria, e a Tunisi viene raggiunto dalla sua compagna Clara Cirino. In ogni posto dove è segnalato B. è attorniato sempre da “antifascisti intransigenti” sia anarchici che giellisti o repubblicani e dai soliti informatori. Tra gli anarchici che B. frequenta con più assiduità a Tunisi sono da ricordare Vincenzo Mazzoni, Giulio Barresi, Nicolò Converti, Antonino Casubolo e Gigi Damiani con i quali collabora per l’uscita del periodico «Il Domani» (estate 1935). Mentre sono Modestino Guerriero (“Carlo” fiduciario n. 489) e Francesco Castellana (“Averardo” fiduciario n. 467) a informare il capo della polizia dei suoi movimenti. Il 15 luglio 1932 le autorità francesi, probabilmente pressate del governo italiano, emettono un decreto di espulsione dal territorio transalpino, che infine viene notificato all’anarchico carrerese il 18 agosto 1933 a Blida (Algeri). Contro la sua espulsione si mobilitano le forze politiche antifasciste e il suo caso è denunciato sulla stampa francese (cfr. ad es. Hospitalitè et bas services, «Tunis socialiste», 1° set. 1933), con il risultato della sospensione del provvedimento. Nella primavera del 1934 è in Spagna di nuovo con il suo amico Londero. I due si stabiliscono a Gandía (località vicino a Valencia) dove installano, su incarico di un industriale francese, una piccola fabbrica di inscatolamento di prodotti agricoli ed essenze, la Vital. Londero, ambiguo e ambizioso personaggio (nato a Gyor in Unghera il 6 feb. 1893) che lo stesso B. descrive come un “artista”, “disegnatore” e “uomo molto intelligente”, ha combattuto nella Prima Guerra mondiale, poi ha fatto parte di associazioni combattentistiche e infine ha aderito al fascismo militando nella sezione di Merano. Nel 1927 viene inviato al confino a Lipari quale “fascista dissidente”. Inizialmente cerca di entrare nell’organizzazione comunista (i comunisti lo denunciano come agente provocatore sulla stampa del partito in Svizzera e Francia tra il 1932 e il ’33) ma viene respinto e si avvicina agli ambienti anarchici e repubblicani. La polizia italiana è convinta che B. insieme a Londero stia preparando nuovi progetti di attentati e che l’attività imprenditoriale serva solo come copertura. Ma le cose non stanno così: B. in questo periodo si occupa prevalentemente del suo lavoro. Dopo aver chiuso il rapporto con Clara Cirino, nel marzo del 1936, si sposa con María de los Dolores Ausias Marata (Lolita); da questo rapporto nasceranno due figli, Marco e Camilla. Allo scoppio della Guerra Civile in Spagna B. si adopera, grazie alle sue conoscenze tecniche, soprattutto nel campo della riorganizzazione delle attività produttive nelle zone industriali di Valencia. Inoltre, continua il suo andirivieni tra questa città, Barcellona e Parigi dove tra l’altro viene arrestato il 13 ottobre 1936 per una nuova “infrazione al decreto di espulsione” e condannato a otto giorni di prigione. Ritornato in Spagna, sembra volersi arruolare in aviazione come attesta un Telespresso del Consolato italiano di Tunisi al Ministero dell’Interno del 3 novembre 1936. Ma il suo ruolo all’interno delle forze del Fronte popolare e di quelle anarchiche è sicuramente particolare e di difficile interpretazione. Nel dicembre del 1936 viene improvvisamente arrestato dalla polizia repubblicana a Valencia rischiando anche il linciaggio perché ritenuto “una spia di Mussolini”. L’intervento del Comitato regionale della CNT di Valencia e quello Comarcale di Gandía valgono a salvargli la vita (Un segreto di guerra, «Guerra di classe», 1° feb. 1937). Egli sembra occuparsi con altri compagni della “guerra invisibile” quella dietro al fronte nemico e di “contrabbando di armi” per il fronte repubblicano. Uno dei più noti fatti nei quali B. viene coinvolto è quello della missione programmata dal suo amico Giobbe Giopp per organizzare un attentato alle navi militari nazionaliste ancorate nel porto marocchino di Cueta. L’azione è autorizzata dal ministro Indalecio Prieto ma qualcosa non funziona e il gruppo composto da Tommasini, Giopp, Fontana, Cimadori (informatore dell’OVRA) è fermato e arrestato il 20 febbraio 1937 dalla polizia repubblicana di Alicante sulla strada per Altea. Il gruppo è sospettato di “attività al servizio del nemico” e rimane in carcere a Valencia, dove è stato trasferito dopo l’arresto, per alcune settimane. B. viene arrestato qualche giorno dopo. Tutti vengono poi liberati dopo che diversi esponenti del fuoruscitismo italiano e personalità della CNT-FAIb hanno fatto pressioni molto forti sul governo repubblicano per la loro liberazione. «L’Adunata dei Refrattari» riprende l’appello lanciato dai libertari italiani definendo la detenzione dei compagni “arbitraria” e senza “scusa” e in particolare riferendosi a B. afferma che quest’ultimo è già stato “bersaglio di odiose calunnie comuniste, che non avevano alcun fondamento all’infuori dell’astio sordo e feroce che le giberne di Stalin hanno, in ogni parte del mondo, contro gli anarchici” (Tre compagni arrestati a Valenza, «L’Adunata dei Refrattari», 17 apr. 1937). In particolare la polizia repubblicana vuole sapere se B. ha una qualche “responsabilità diretta della morte di Londero a Barcellona” avvenuta poco tempo prima. (Rapporto sull’arresto di Giobbe Giopp, Gino Bibbi, Giovanni Fontana, Umberto Tommasini e Cimadori, in Berneri 2, pp. 332-336). Anche per i servizi segreti italiani è B. a ordinare l’uccisione di Londero per una questione di denaro. Quando B. abbandona la Spagna poco dopo essere uscito dal carcere e raggiunge Parigi viene incessantemente ricercato da due spagnoli “che lo accusano di aver trafugato dalla Spagna ingenti valori” e hanno l’ordine di eliminarlo, come segnala il 19 novembre 1938 il confidente dell’OVRA Cremonini. Non è dato sapere con certezza le reali responsabilità di B. nell’“affare Londero”, molti anni dopo l’anarchico di Carrara darà una propria versione dei fatti affermando che l’ex amico “era un contrabbandiere ed un losco affarista e rapinava denaro e gioielli, in combutta col ministro dell’Interno repubblicano, Ángel Galarza. Fu ucciso, credo alla frontiera con la Francia, mentre stava uscendo, carico di ogni ben di Dio. Poi accusarono me, ma io non c’entravo per nulla”. È probabilmente a seguito di queste minacce oltre che per il rischio di un’espulsione dal territorio francese con conseguente consegna alla polizia italiana che B., trovato un impiego dalla Compagnie Internationale des Minerals et Métaux, prende la decisione di trasferirsi con la famiglia nei primi mesi del 1938, con un regolare passaporto emesso dall’ambasciata italiana di Parigi, da Marsiglia in Brasile con il piroscafo Florida. Giunto nel paese sudamericano si stabilisce a San Paolo e si dedica esclusivamente al lavoro senza interessarsi apparentemente più di politica, benché mantenga dei contatti sporadici con gli anarchici e antifascisti italiani emigrati e continui a viaggiare molto nei diversi paesi del Sud America. Durante la guerra non si hanno notizie particolarmente significative sulla sua attività a parte un’assidua corrispondenza con Giovanna Caleffi (vedova di Berneri), sua figlia Giliana e Giobbe Giopp, rifugiatosi nel frattempo in Messico. Giobb e B. sono legati da un profondo e duraturo legame di amicizia testimoniato anche dall’accorata difesa che molti anni più tardi B. assumerà nei confronti dell’amico accusato da Ernesto Rossi di essere un “personaggio ambiguo” e un “informatore dell’OVRA”. Nel 1948 ritorna in Italia e nella sua città natale riprende i rapporti con parte dei compagni, spinto a sostenere il fronte delle forze politiche che si oppongono con ogni mezzo al comunismo internazionale. Si occupa principalmente del suo lavoro e all’interno del movimento mantiene una posizione critica nei confronti dei gruppi anarchici della FAI di Carrara ritenuti troppo subalterni alla politica del PCI. In un’intervista rilasciata molti anni dopo così ricorda il suo rientro: “Sono arrivato e ho avuto la sorpresa che l’Italia era comunistizzata. Quello che noi consideravamo il fascismo rosso era diventato padrone dell’Italia”. Partecipa al v congresso della FAI (Ancona 8-10 dic. 1950) come rappresentante della Federazione di Carrara insieme a Ugo Mazzucchelli e Giuseppe Raffaelli. Il 20 maggio 1951 è presente al convegno nazionale pro vittime politiche che si tiene a Bologna. In questi anni B. riabbraccia alcuni dei suoi amici più intimi dei tempi della Spagna come Romualdo Del Papa e in particolare Pacciardi. È soprattutto l’amicizia con il repubblicano grossetano e ministro della difesa nei governi guidati dalla dc dal 1948 al 1953 ed il sodalizio politico tra questi e B., il cui filo conduttore è l’anticomunismo più acceso, a segnare l’attività di B. in questo periodo. Negli anni Sessanta B. – separandosi gradualmente dal movimento anarchico pur continuando ancora a definirsi anarchico – si avvicina al gruppo di Pacciardi “Nuova repubblica”, coniugando il suo “anarchismo” con la politica del “fronte unico” anticomunista e sposando le tesi presidenzialiste del movimento di Pacciardi senza intravedere in queste scelte nessuna contraddizione. Queste sue posizioni fanno scattare una dura polemica con alcuni esponenti della FAI come Failla, Mazzucchelli e Marzocchi che accentua il definitivo strappo di B. dall’anarchismo organizzato. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta è coinvolto in un’inchiesta sull’organizzazione neofascista Movimento Azione Rivoluzionaria di Fumagalli subendo anche un processo a Lucca il 17 aprile 1972 da cui esce assolto da ogni accusa. Dopo questi ultimi eventi si allontana definitivamente da qualsiasi impegno politico continuando a vivere a Carrara dove muore l’8 agosto 1999. (F. Bertolucci)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Segreteria particolare del Duce, ad nomen; ivi, conf. pol., ad nomen; ivi, Dipartimento polizia politica, ad nomen; ivi, f. Londero Baldassarre; ivi, h2 b. 61 f. Bibbi Gino … [et al.]; ivi, Tribunale speciale, f. Bibbi Gino, anni 1927, 1929, 1931; Archivio Privato Gino Bibbi; Intervista a Gino Bibbi a cura di C. Venza e M. Dozio, Carrara, 16-17 mag. e 8 nov. 1987; A.+F., Gino Bibbi, «Umanità nova», 5 set. 1999.

Bibliografia: G. Artieri, Tre ritratti politici e quattro attentati, Roma 1953, pp. 187-189; A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, 2 v., Firenze 1973, ad indicem; C. Berneri, Epistolario inedito, vol. I, a cura di A. Chessa e P.C. Masini, Pistoia 1980 e Id. Epistolario inedito, vol. II, a cura di P. Feri e L. Di Lembo, Pistoia 1984, ad indicemItalia dissidente antifascista – Le ordinanze, le sentenze istruttorie e le sentenze in Camera di Consiglio emesse dal Tribunale Speciale fascista contro gli imputati di antifascismo dall’anno 1927 al 1943, a cura di A. Dal Pont, S. Carolini, 3 voll., Milano 1980, vol. 1, pp. 100-101, 380, 528-529; G. Cerrito, L’emigrazione libertaria italiana in Francia nel ventennio fra le due guerre, in Gli italiani fuori d’Italia, Milano 1983; U. Tommasini, L’anarchico triestino, a cura di C. Venza, Milano 1984, ad indicem; F. Bandini, Il cono d’ombra, chi armò la mano degli assassini dei fratelli Rosselli, Milano 1990, ad indicem; C. Rosselli, Dall’esilio. Lettere alla moglie 1929-1937, Firenze 1991, ad indicem; Franzinelli, ad indicem; R. Lucetti, Gino Lucetti. L’attentato contro il duce (11 settembre 1926), Carrara 2000, ad indicem; B. Della Casa, Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni, Bologna 2000, ad indicem; R. Canosa, I servizi segreti del Duce. I persecutori e le vittime, Milano 2000, ad indicem; L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’Anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, Pisa 1999, ad indicem; L. Verdolini, La trama segreta. Il caso Sandri fra terrorismo e polizia politica fascista, Torino, 2003, ad indicem.

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Collezione

Persona

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