BIANCIARDI, Giovacchino
Tipologia Persona
Intestazione di autorità
- Intestazione
- BIANCIARDI, Giovacchino
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Boccheggiano
- Data di nascita
- 09/03/1885
- Luogo di morte
- Ustica
- Data di morte
- 15/12/1942
Attività e/o professione
- Qualifica
- Colono
- Qualifica
- Terrazziere
- Qualifica
- Minatore
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
- Nasce a Boccheggiano (GR) il 9 marzo 1885 da Angelo e Agata Agnese Monesi, colono, terrazziere, minatore. Inizialmente repubblicano, si iscrive al PSI e nel 1902 collabora a «La Martinella» di Colle Val d’Elsa (SI). Passato nel movimento anarchico, denuncia, dal 1° gennaio 1903, la condizione disumana dei minatori di Boccheggiano, un problema dei più drammatici, al quale dedicherà una gran parte dei suoi articoli, fustigando le società minerarie e i loro direttori e ingegneri. Il 2 marzo 1904 B. viene schedato dal prefetto di Grosseto, che ne sottolinea la fama mediocre, la discreta intelligenza e il carattere calmo, ma “volubile”; dall’agosto del 1903 – prosegue il funzionario – B. scrive per «L’Agitazione» di Ancona e spesso firma i suoi articoli con gli pseudonimi di “Asiago”, “Lucifero”, “Belluria”, “Ribelle solitario” e “Orondelli”. Nel 1906 B. fonda la sezione antimilitarista di Boccheggiano e nel 1907 insiste sugli abusi, che hanno luogo nelle miniere di Boccheggiano e del Botro Rosso, e sugli infortuni mortali, che decimano i lavoratori nelle viscere della terra. Nel 1909 denuncia, su «La Protesta umana» di Milano, il licenziamento di un migliaio di minatori a Boccheggiano, ai Gorgoni e all’Accesa e nel 1910 polemizza con la Giunta popolare di Montieri – non diversa da quella conservatrice, che l’ha preceduta – e solidarizza con i minatori in lotta a Vallebuia. Nello stesso anno si trasferisce a Scarlino, diventando segretario del gruppo anarchico locale, e l’11 novembre redige – insieme ai compagni di fede Baldo Bixio Cavalli e Annibale Duccini – un numero unico, intitolato: «Il Rinnovatore». Nel 1911 si schiera in favore dello sciopero dei muratori scarlinesi e polemizza con i repubblicani, finendo per dimettersi dal Gruppo anarchico del posto, che non l’ha sostenuto a sufficienza. Al principio del 1912 aderisce al Convegno di Follonica contro la reazione e la guerra e in aprile collabora a «L’Avvenire anarchico» di Pisa, poi emigra in Svizzera per qualche settimana e nel giugno 1912 lavora nella miniera di Gavorrano. L’anno seguente costituisce a Boccheggiano un Comitato per la liberazione di Augusto Masetti, organizza un comizio di Ottavio Tonietti e polemizza con l’avvocato socialista Umberto Grilli, che, invitato a parlare di Masetti, ha risposto che non intendeva fare l’apologia del soldato, “un povero disgraziato, non meritevole di tanto fracasso”. La conferenza Tonietti costa a B. alcuni giorni di carcere, perché il brigadiere di Boccheggiano – “reduce” scrive Giovacchino “da qualche manicomio criminale” – lo fa “serrare in camera di sicurezza come un volgare delinquente”. Nel 1914 B. querela l’«Etruria nuova» di Grosseto, che lo ha accusato di scorrettezze amministrative, ma il processo si chiude con l’assoluzione dell’estensore degli articoli (un medico di Boccheggiano) e del gerente del giornale repubblicano e mette a nudo la vita di stenti, che B. è costretto a condurre, a causa delle discriminazioni politiche, che gli precludono un’occupazione stabile. Nel settembre 1915 l’anarchico va a lavorare negli Alti forni di Piombino e, nel gennaio 1916, cura un numero unico dedicato a P. Gori, «L’Ideale», che suscita le reazioni irritate dei socialisti piombinesi. Licenziato in marzo, B. è chiamato alle armi e aggregato al 36º rgt di fanteria di stanza a Modena, dal quale diserta nel mese di luglio, rifugiandosi a Zurigo. Nella città elvetica svolge una intensa propaganda contro la guerra e, nel 1917, dà un forte impulso alla lotta dei muratori e dei manovali locali contro i capimastri, alla quale dedica molti articoli su «Il Risveglio comunista anarchico» di Ginevra. In giugno si pronuncia contro la partecipazione al convegno internazionale di Stoccolma degli anarchici italiani. In dicembre polemizza con i disertori, che a Zurigo hanno cercato di richiamare l’attenzione del Partito socialista elvetico sugli attacchi, che muove loro la stampa borghese. Rifiuta l’amnistia nittiana del 2 settembre 1919 e rimane a Basilea fino al 1921. Rientrato a Boccheggiano, riprende la sua dura lotta contro le società minerarie e, in special modo, contro la Montecatini, che, il 24 novembre, attacca in un aspro articolo, per aver licenziato 25 minatori di Boccheggiano, Gavorrano e Ribolla. Il 13 dicembre torna a denunciare le violenze dei “moderni Unni d’Italia” in Maremma. Nelle settimane seguenti si trasferisce a Torino, da dove difende, il 12 febbraio 1922, il comportamento, tenuto dagli anarchici maremmani nella lotta al fascismo, e il 24 protesta contro la dittatura bolscevica e le persecuzioni comuniste agli anarchici russi e contro i colloqui, che avranno luogo a Genova fra i rappresentanti dell’URSS e i “briganti del capitalismo europeo”. Fermato tre giorni dopo e munito di foglio di via obbligatorio per la Maremma, emigra illegalmente e si stabilisce a Lione. Espulso dalla Francia il 27 settembre 1922, si rifugia in Belgio, poi ripara in Lussemburgo e fissa la residenza a Esch-sur-Alzette. Due anni dopo prende la tessera del pcdi e scrive qualche articolo su «L’Unità» di Roma e «La Riscossa» di Parigi. Espulso dal Lussemburgo il 27 agosto 1924, fa il muratore a Namur nel gennaio 1926. Dimessosi dal pcdi, scrive sui fogli anarchici e massimalisti e diffonde «Il Martello» di New York, «Prometeo» di Bruxelles e «Bandiera nera» di Bruxelles. Nel 1933 viene inserito fra i terroristi grossetani residenti all’estero e sul suo fascicolo viene stampigliata la dicitura: “Attentatore”. Nel 1934 invia qualche articolo a «La Nostra bandiera», a «Il Nuovo Avanti!» e all’«Avanti!» di Parigi; nella seconda metà del 1936 vive a Andenne (Belgio), insieme all’inglese Cecile Elisabetta Judex, con la quale adotta, due anni dopo, un orfano spagnolo undicenne. Abbonato all’«Avanti!» massimalista nel 1939, viene consegnato, il 10 maggio 1940, dalle autorità belghe a quelle francesi come “tedescofilo”. Internato nel terribile campo di Saint-Cyprien, è estradato in Italia e assegnato il 17 agosto 1940 al confino di polizia per cinque anni. Il 27 agosto viene deportato a Ventotene, dove si sottomette subito ai fascisti ed entra in conflitto con gli altri confinati. Trasferito a Ustica il 10 luglio 1942, vi muore il 15 dicembre. (F. Bucci)
Fonti
- Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Conf. pol., ad nomen.
Bibliografia: A. Banchi, Si va pel mondo. Il partito comunista a Grosseto dalle origini al 1944..., Grosseto 1993, pp. 30-31.
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