BIAGINI, Giovanni Alfredo Cesare
Tipologia Persona
- Musino (pseudonimo)
Intestazione di autorità
- Intestazione
- BIAGINI, Giovanni Alfredo Cesare
Date di esistenza
- Luogo di nascita
- Ardenza
- Data di nascita
- 30/05/1903
- Luogo di morte
- Livorno
- Data di morte
- 04/03/1978
Attività e/o professione
- Qualifica
- Facchino
- Qualifica
- Sterratore
Nazionalità
- Italiana
Biografia / Storia
- Nasce ad Ardenza (LI) il 30 maggio 1903 da Antonio e Ilda Possenti, facchino, sterratore, detto “Musino”. Militante anarchico come il padre, lascia l’Italia nel 1923, per sottrarsi alle violenze fasciste, e fissa la residenza a Marsiglia, dove si collega ai gruppi libertari, che fanno capo a Giulio Bacconi, Sabatino Gambetti e Gino Bagni. Sposatosi con una francese e diventato padre di una bambina, rifiuta più volte di lasciare la Francia, malgrado le “sollecitazioni” delle autorità transalpine, sempre più insofferenti dell’attività sovversiva che egli svolge. Dopo la morte della moglie, si trasferisce in Corsica e il 7 ottobre 1931 salpa da Bastia per la costa toscana, insieme ad Alfredo Carpita, che gli ha chiesto di aiutarlo a far espatriare clandestinamente la sua famiglia da Livorno. A poche miglia dalla Capraia la barca, su cui viaggia, viene, però, raggiunta da un natante a motore dei carabinieri e B. è obbligato a approdare nell’isola. Condotto a Livorno, viene rilasciato dopo qualche giorno, ma il 13 marzo 1932 è arrestato per i suoi stretti rapporti con Raffaello Berti, Tullio Parlotti, Brunello Bellini, Paolo Franceschi e altri antifascisti e perché “fortemente indiziato di cospirare contro il regime e i poteri dello Stato”. Il 20 maggio1932 viene assegnato al confino di polizia per cinque anni e il 4 giugno è schedato dalla Prefettura locale, che lo descrive come “irriducibile antifascista e antimilitarista, odia e disprezza le gerarchie e le istituzioni dello Stato”. Deportato a Ponza il 14 giugno, B. non si piega agli “schiavisti” e il 22 agosto 1933 viene condannato (Pretura di Ponza) a tre mesi di reclusione per inosservanza degli obblighi del confino e il 7 maggio 1935 (Tribunale penale di Napoli) a 10 mesi di carcere per partecipazione a una protesta collettiva. Il 5 novembre 1936 viene arrestato a Ponza per violazione del regolamento della colonia e condannato a tre mesi di reclusione. L’anno seguente continua a tenere – lettera del 5 ottobre 1937 della Prefettura di Littoria – “cattiva condotta”, affiancando “i compagni di fede e gli elementi ritenuti più pericolosi della colonia”, e dimostra “di conservare inalterate le proprie idee senza fornire alcuna prova di ravvedimento”. Rilasciato il 19 luglio 1938, “per fine periodo”, e incluso tra i sovversivi attentatori il 9 gennaio 1939, viene fermato alla vigilia del 1° maggio (la “sovversiva” festa del lavoro) e il 28 giugno, “per la presenza a Livorno di altissime personalità del Regime”. Inserito tra le persone da internare in caso di guerra, è arrestato l’11 giugno 1940, “quale elemento capace di svolgere attività disfattista o comunque non consentita” e deportato “nella colonia di Ventotene”. Indicato, il 13 giugno 1940, come elemento “pericolosissimo”, capace “di compiere attentati terroristici”, viene liberato il 21 agosto 1943 e fa ritorno a Livorno, dove è ancora sorvegliato nel dicembre seguente. Membro, più tardi, del CLN livornese, muore nella città labronica il 4 marzo 1978. (F. Bucci – G. Piermaria)
Fonti
- Fonti, Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, s. 13 A, b. 7, f. 39; Lutti nostri, «Umanità nova», 2 apr. 1978.
Bibliografia: A. Dal Pont – S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, ad indicem; Pericolosi nelle contingenze belliche : gli internati dal 1940 al 1943, a cura di S. Carolini, Roma 1987, p. 63; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen.
Codice identificativo dell'istituzione responsabile
- 181