BERTONI, Luigi

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BERTONI, Luigi

Date di esistenza

Luogo di nascita
Milano
Data di nascita
06/02/1872
Luogo di morte
Ginevra
Data di morte
19/01/1947

Attività e/o professione

Qualifica
Tipografo

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Milano il 6 febbraio 1872 da Giuseppe e Carolina Dominioni, tipografo. La madre è lombarda mentre il padre è originario del Canton Ticino (Lottigna) ed è proprietario di una drogheria. Nell’ambiente mazziniano e repubblicano paterno avrà l’occasione di leggere opuscoli di propaganda socialista e anarchica, quest’ultimi inviati da suo cugino Mosè Bertoni (Mosè, dopo aver conosciuto Elisée Reclus e Pëtr Kropotkin, parte nel 1884 dal Ticino per l’Argentina con moglie e figli, la madre e un gruppo di compaesani, intenzionato a fondare una colonia anarchica, per poi approdare in Paraguay). Nel 1880 la famiglia si trasferisce a Como, città in cui Bertoni inizia a 13 anni l’apprendistato di tipografo ed è membro del sindacato. Dopo poco più di un anno, viene licenziato “per essersi sfacciatamente rifiutato di lavorare qualche ora in più dell’ordinario anche dietro pagamento”. A 14 anni trova lavoro a Mendrisio, in Canton Ticino, facendosi passare come operaio tipografo. A 17 anni collabora alla rivista della sinistra liberale ticinese in esilio «Vita Nuova», pubblicata a Ginevra, mentre a 18 anni – sollecitato dal cugino Brenno (fratello di Mosè) – due giorni prima del colpo di stato liberale di Bellinzona, ottiene dopo un esame il diploma di maestro, un trampolino di lancio “che avrebbe dovuto servirmi per concorrere agli impieghi dello Stato”, professione che non eserciterà mai. Partecipa alla “Rivoluzione di settembre” – accanto ai liberali-radicali, stanchi del dominio clericale del Partito conservatore – “come umile seguace all’insurrezione […] soprattutto come membro di una delle famiglie più notorie nel Cantone. La Rivoluzione scoppiava l’11 settembre a Bellinzona e armato da una carabina a doppio grilletto, di cui ignoravo d’altronde il maneggio, feci parte del gruppo che passando sopra al cadavere del Consigliere di Stato Rossi, un giovanotto di 25 anni, Capo del Dipartimento giustizia e polizia, s’impossessò del Palazzo governativo […]. Intervenne l’autorità giudiziaria federale. Non arrestò nessuno”. Tre giorni dopo – su invito dei redattori di «Vita Nuova» – lo troviamo a Ginevra sempre come tipografo; collabora a riviste liberali radicali ticinesi, è attivo nel sindacato, e nel 1893 conosce alcuni anarchici della Federazione del Giura come Jacques Gross, Georges Herzig, François Dumartherey, Eugène Steiger, Auguste Spichiger, Alcide Dubois, Henry Soguel e i profughi comunardi francesi Antoine Perrare e Louis Pindy, partecipando al quindicinale anarchico «L’Avenir». Respinto il liberalismo radicale e ormai divenuto anarchico, è redattore dal 1896 de «L’Emigrante Ticinese illustrato», pubblicato a Berna e poi a Ginevra, in cui afferma che i sindacati devono opporsi decisamente alla protezione e alla mediazione dello Stato, “un’istituzione barbara che deve cadere per essere sostituita dalle associazioni costituite dal libero accordo”. Vi sono due partiti in contrapposizione: “il partito di coloro che vogliono lo sviluppo progressivo dello Stato e il partito di quanti ne chiedono invece la soppressione e l’adattamento dell’individuo a una società senza autorità coercitiva“. Bisogna rompere completamente con il passato: “non dobbiamo più partecipare a nessuna festa, a nessuna commemorazione della classe dominante, dividerci completamente da lei per schierarci contro”. Coerentemente, nel 1895 rifiuterà il posto di direttore della tipografia cantonale ticinese, offerta dai liberali ormai al potere. Nel 1898 è segnalato per la prima volta dalla Polizia politica al Pubblico ministero della Confederazione per aver proposto, nel Sindacato tipografi ginevrino, la partecipazione al 1° Maggio. L’anno dopo è corresponsabile con altri due cittadini elvetici Émile Held e Carlo Frigerio, di una pubblicazione «L’Almanacco socialista anarchico», in cui, tra l’altro, sono invitate tutte le forze repubblicane italiane a unirsi per abbattere la monarchia (articolo di E. Malatesta). Il Governo elvetico, su pressioni di quello italiano, invia i tre autori davanti al tribunale, poi è costretto ad assolverli. Gli anarchici – in particolare gli immigrati italiani in Svizzera – esultano: finalmente sarà loro possibile agire alla luce del sole con il sostegno dei compagni svizzeri. Così nel luglio 1900 nasce a Ginevra il bimensile «Il Risveglio socialista anarchico» redatto inizialmente da esuli, poi da immigrati, che si rivolge alla numerosa immigrazione italiana, e «Le Réveil socialiste anarchiste», con la collaborazione di alcuni anziani della Federazione del Giura e della nuova generazione di anarchici romandi. Il redattore responsabile dei due periodici, organi ufficiali del movimento anarchico in Svizzera, sarà proprio B., nei primi anni con la collaborazione regolare di Barchiesi, Mario Bassadonna, Vivaldo Lacchini, Nino Samaia, Felice Vezzani (dalla Francia), Antonio Cavallazzi, Pietro Tempia, Paolo Tonetti, Georges Biolley, Henri Bornand, Emile Held, Georges Herzig, J. Karlen, Joseph Karly, Otto Karmin, Louis Pindy, Eugène Steiger, Jean Wintsch. Il periodico, che fino al 1910 è un quindicinale bilingue (ma dal 1905 al 1908 è settimanale), si trasforma poi in due quindicinali distinti, con tiratura totale di 4.000 copie. Soppressi entrambi nel 1940, usciranno clandestinamente in formato opuscolo fino al 1946. Nel corso degli anni la testata subisce alcuni mutamenti: nel 1914 per differenziarsi dal socialismo riformista diventa «Il Risveglio comunista anarchico/Le Révéil communiste anarchiste»; poi nel 1925, per eliminare qualsiasi ambiguità, , diventa «Il Risveglio anarchico/Le Réveil anarchiste». All’attività editoriale dei due periodici, B. affianca una casa editrice, le edizioni del Risveglio/éditions du Réveil, che pubblicheranno una cinquantina di libri e opuscoli. Infine, negli anni Venti e Trenta, per il 1° maggio, esce sempre da B. «Il Ticino Libertario», con la collaborazione degli anarchici ticinesi. Il periodico dà un forte impulso al movimento in Svizzera, all’inizio del secolo in fase embrionale, e fin dal suo primo numero esplicita una via chiaramente associazionista: “L’associazione è un fatto biologico, una necessità sociale”, e nel contempo sindacalista: “per spingere anche il sindacato sulla via rivoluzionaria, dobbiamo tutti entrare nei sindacati ”. B. esercita una considerevole propaganda in tutta la Svizzera, grazie anche a numerose conferenze: un centinaio all’anno (con punte di 130-140) per circa 40 anni. Perciò vi sarà un notevole sviluppo dei gruppi anarchici: quelli di lingua italiana da una decina nel 1902 diventano una trentina nel 1915, mentre la Fédération communiste anarchiste de la Suisse romande annuncia dieci gruppi nel 1907. Nel 1901 B. si fa promotore del Groupe pour la défense de la liberté d’opinion, costituito in un’assemblea alla presenza di 250 anarchici, socialisti, sindacalisti, che si preoccupa di raccogliere fondi e di informare il movimento operaio e l’opinione pubblica sui metodi antisocialisti e liberticidi della polizia svizzera, soprattutto nei confronti degli operai sia stranieri sia confederati. In quest’ambito si occupa pure dell’espulsione dal Canton Berna del socialista Benito Mussolini, in Svizzera dal 1902 al 1904, il quale, grato dell’aiuto, tradurrà gratuitamente dal francese un’opera importante di Kropotkin, Le parole di un ribelle, che verrà pubblicato dalle edizioni del Risveglio. Nel 1912 Mussolini ricorderà così Bertoni: “È la bestia nera della borghesia elvetica. L’ho conosciuto a Berna nel 1903. Alto, secco, naso prominente, lineamenti angolosi, sbarbato. Ha dell’asceta. Scrive e parla, con grande correttezza, l’italiano e il francese. La sua coltura storica e sociologica è vastissima. È una delle prime teste pensanti dell’anarchismo internazionale. Operaio. Lavora da tipografo otto ore al giorno e gli rimane il tempo necessario per scrivere un giornale e tenere delle tournées di propaganda. La sua attività è prodigiosa. Il gruppo editoriale del Réveil è opera sua […]. Odiatore del funzionarismo operaio, dei permanents, dei professionali, egli non ha mai voluto abbandonare la cassa del compositore. È uno spirito disinteressato”. Chiamato dai giornali borghesi “le gréviculteur”, cioè cultore di scioperi, è incarcerato più volte: nel 1902 accusato, in quanto membro del comitato di sciopero, di essere il principale responsabile del primo sciopero generale in Svizzera a Ginevra – grande movimento cui partecipano 15.000 operai – è condannato a un anno di detenzione. Ma la minaccia di un nuovo sciopero generale di protesta dei sindacati ginevrini previsto per il 1° maggio 1903, costringerà il Governo ginevrino a graziarlo (anche senza la sua richiesta), dopo 132 giorni di detenzione. Dal 1902 è segretario non rimunerato della CdL di Ginevra. Redige poi – insieme con A. Rouiller e J. Karly – gli statuti della Fédération des Unions Ouvrières de la Suisse Romande, fondata nel 1905, che, di esplicito orientamento sindacalista rivoluzionario, raccoglie una decina di camere del lavoro romande (70 sindacati e 8.000 membri, contro i 40.000 della riformista Unione Sindacale Svizzera), ed è assai attiva fino al primo conflitto mondiale. Gli animatori di questa Federazione sono sia anarchici, sia militanti socialisti e sindacalisti delusi dal riformismo; due “anime” che collaboreranno intensamente senza grandi conflitti interni, sia nei confronti del padronato e dello Stato, sia contro il riformismo dell’Unione Sindacale. Questo nuovo sindacalismo – che riesce a organizzare operai di diverse culture, italiani, francesi, tedeschi, romandi e confederati – ha un proprio settimanale di lotta, «La Voix du Peuple», edito a Losanna poi a Ginevra, dal 1906 al 1914, e un’organizzazione chiaramente libertaria: infatti, i segretari della Federazione e delle Unioni operaie non sono remunerati, e ogni Unione ha la completa autonomia di azione. Esse lottano per il miglioramento delle condizioni di lavoro mediante l’azione diretta, preconizzano lo sciopero generale per poi fondare una società senza classi, senza stato, senza alcun dominio; sostengono il neomaltusianesimo, l’aborto, il libero amore, l’antimilitarismo e l’antiparlamentarismo; favoriscono la fondazione di cooperative di consumo e di produzione; patrocinano la straordinaria esperienza della Scuola “Ferrer” di Losanna, attiva ininterrottamente dal 1910 al 1919, una scuola “proletaria”, libertaria e razionalista, orgogliosa di non chiedere alcun sussidio allo Stato, con la collaborazione dei sindacati e del Libero Pensiero. Nel dicembre 1906 B. è nuovamente imprigionato per 30 giorni a causa di un articolo che commemora il sesto anniversario dell’attentato di Gaetano Bresci, in quanto colpevole di “apologia di crimini anarchici” (l’autore dell’articolo, anonimo – di cui B. si assume la responsabilità – è F. Vezzani). Nel gennaio 1907 viene ancora arrestato e il Governo ginevrino ne decreta l’espulsione dal cantone, con il sostegno della stampa locale che scrive “che il pericoloso anarchico ticinese Bertoni dovrebbe essere punito in modo esemplare” e che se l’ospitalità ginevrina è sempre stata grande “non deve andare fino a custodire nel seno della nostra madre la serpe che vuole succhiarle il meglio del suo latte”. Il decreto tuttavia rimarrà lettera morta grazie alla rinnovata minaccia di uno sciopero generale. Nel 1909 è accusato di aver provocato una ferita alla mano di un gendarme nel corso dello sciopero dei tipografi, poi assolto. Nel 1912 è scarcerato senza processo, dopo un mese di detenzione a Zurigo, a causa di una falsa accusa di un funzionario del Consolato italiano. Intensa è l’attività di B. in ambito antimilitarista. È sua la proposta per un Congresso antimilitarista, quello di Bienne del 1909, al quale partecipano i gruppi più radicali del movimento operaio in Svizzera: i sindacati romandi della Federazione delle Unioni Operaie, l’Unione Operaia di Zurigo che rappresenta 15.000 operai, la Lega Rivoluzionaria di Zurigo, una trentina di gruppi anarchici, due gruppi tolstojani e la sezione ticinese del Partito Socialista Svizzero. Si tratta di un congresso contrastato aspramente dalle autorità (ma il Consiglio federale in una seduta straordinaria non riesce a trovare motivi validi per impedirlo), ma anche dall’Unione Sindacale Svizzera e dal Partito Socialista che accusano i promotori di essere “agenti provocatori”. In questo congresso, intenzionato a ricostruire la Lega antimilitarista svizzera, si scontrano due posizioni: B., gli anarchici e i sindacalisti rivoluzionari romandi leggono l’antimilitarismo come rifiuto individuale e collettivo di prestare servizio militare, mentre per gli svizzero tedeschi – vedi Fritz Brupbacher – significa propaganda disfattista nell’esercito borghese, apprendimento delle tecniche e delle armi, per poi riutilizzare la struttura militare come esercito popolare, opponendosi quindi al rifiuto individuale. L’opposizione dei sindacalisti svizzero-tedeschi, che rinviano il progetto a causa del contrasto tra il sindacalismo romando e l’Unione sindacale, alla quale vogliono rimanere vincolati, impedisce la ricostituzione della Lega. Lo scoppio della guerra vede B. impegnato nel tentativo di sostenere la posizione anti-interventista degli anarchici italiani. “Mi sono recato in Italia nel mese di settembre 1914 e ho parlato a Caccivio, provincia di Como, in un comizio di operai e contadini contro la guerra. A Milano ho cercato pure di prendere la parola contraddittoriamente in un comizio del sindacalista Corridoni, appena uscito di prigione, e convertito alla guerra di rivoluzione agli ordini di sua Maestà! Ma la riunione terminò in un tumulto tra partigiani e avversari della guerra. In tutto il periodo della neutralità italiana ho collaborato con articoli settimanali a «Volontà» di Ancona, in risposta ai fautori di guerra, con il pretesto che avrebbe portato alla rivoluzione… fascista! In Svizzera nel mese di maggio 1915, quando l’entrata in guerra d’Italia divenne evidente, abbiamo distribuito in tutte le località della Svizzera in cui avevamo dei compagni, un volantino intitolato ‘Non partite!’. E in tutto il periodo della guerra, salvo il periodo da maggio 1918 a giugno 1919 trascorso in prigione, non ho cessato di preconizzare la fine della guerra tramite la rivoluzione, con centinaia di articoli e di conferenze”. Nel frattempo, due importanti animatori del movimento anarchico e sindacale romando – G. Herzig e J. Wintsch –, su posizioni “interventiste”, abbandonano «Le Réveil». Nel maggio 1918, in un periodo di grandi manifestazioni di piazza – poi culminate nel primo e ultimo sciopero generale svizzero del novembre – B. è arrestato a Zurigo con un centinaio anarchici, in gran parte di origine italiana (fra gli altri, Francesco Ghezzi, Carlo Castagna, Ugo Fedeli, Bruno Misefari e Giuseppe Monanni). Per alcuni mesi non potrà aver contatti con l’esterno, nemmeno con il suo avvocato. Processato nel giugno 1919, dopo 13 mesi di detenzione, sarà assolto completamente con una decina di anarchici – gli altri nel frattempo sono già stati scarcerati, risarciti e gli stranieri espulsi – dall’accusa di aver favorito il trasferimento un carico di armi dalla Germania all’Italia. Al suo rientro alla stazione ferroviaria di Ginevra B. viene accolto da 15.000 persone festanti. Fin dall’ottobre 1917 B. condanna – pur simpatizzando per la rivoluzione – i metodi autoritari e centralizzatori dei bolscevichi. In seguito, ormai certo dell’eliminazione di qualsiasi opposizione interna di sinistra, dagli anarchici ai socialisti rivoluzionari, organizza a Bienne nel settembre 1922 un congresso “chiarificatore” in occasione del cinquantesimo dell’Internazionale antiautoritaria. Il convegno internazionale anarchico, al quale partecipa anche Malatesta, riafferma uno dei principi espressi nel 1872 e cioè “che ogni organizzazione d’un potere politico sedicente provvisorio e rivoluzionario non può essere che un inganno in più e sarebbe così pericoloso al proletariato quanto tutti i governi esistenti oggidì”. Nessuna meraviglia se alla morte di Lenin «Le Réveil» scriverà: “È appena morto un uomo di Stato, non un uomo del Popolo”. Negli anni Venti e Trenta l’anarchismo, di cui B. è la figura di maggior spicco, rimane assai attivo nel movimento operaio, soprattutto nei Cantoni di Ginevra e di Vaud, dove i libertari riescono a promuovere delle federazioni sindacali edili combattive – “la bande à Tronchet” (dall’anarchico Lucien Tronchet, segretario del sindacato edile ginevrino) – benché affiliate all’Unione Sindacale Svizzera. D’altra parte, ben organizzati, i gruppi romandi (con la loro Fédération Anarchiste Romande) in collaborazione con quelli italiani in Svizzera, riescono a tessere un’efficiente rete di propaganda antifascista, di aiuto finanziario e di espatrio per i profughi, per le loro famiglie e per i compagni rimasti in Italia (ricordiamo Antonio Gagliardi, Giuseppe Bonaria, Giuseppe Peretti, Carlo Vanza nel Ticino, Ferdinando Balboni a Basilea, Giuseppe Spotti a Zurigo, B. e Frigerio a Ginevra). Per la sua vivace campagna antifascista, propagandata in ogni angolo della Confederazione elvetica, in particolare nelle colonie italiane, «La Squilla italica», settimanale dei fascisti italiani in Svizzera – chiamato da B. “Squilla vandalica” – trabocca di insulti nei suoi confronti: “questa vescica d’aria, questo straniero, gira la Svizzera tenendo conferenze sull’infamia fascista, invitando a contraddittorio, come se fosse possibile ad un italiano qualsiasi di vincere la nausea per accostarsi all’alito graveolente del signor Bertoni […]. Ebbene diciamo chiaramente che il giorno in cui Bertoni ci avrà stomacato a sufficienza, mobiliteremo le Colonie a questi comizii per dire, con esse, una parola inequivocabile: cioè basta!”. La minaccia cerca di realizzarsi in occasione di un comizio promosso da anarchici e socialisti a Ginevra, quando un gruppo fascista armato di randelli tenta di impedirgli di parlare, ma l’immediata reazione dei presenti mette in fuga la squadraccia. Il Governo svizzero è costretto, forse per la prima e unica volta, a esternare davanti alle Camere la sua disapprovazione nei confronti dei fascisti, mentre «La Squilla italica» cerca di consolarsi pubblicando il telegramma di Mussolini: “Esprimo il mio compiacimento ai fascisti di Ginevra per il contegno tenuto nella giornata di venerdì 11 giugno”. Quando scoppia la Guerra Civile spagnola B. e compagni promuovono imponenti manifestazioni in favore dei rivoluzionari, tengono comizi, raccolgono collette, fondano il gruppo clandestino “L’Atalante”, che organizza il passaggio di volontari e le spedizioni di armi destinate ufficialmente al Messico. Sessantaquattrenne, nell’ottobre del 1936, accompagnato da Tronchet, Bertoni si reca a Barcellona, e, invitato da Federica Montseny, è oratore al Convegno della gioventù anarchica spagnola, partecipa al Congresso internazionale anarchico, si reca in visita ai compagni svizzeri e italiani volontari nelle colonne anarchiche spagnole al fronte di Aragona. Chiarisce immediatamente la situazione nei seguenti termini: “Guerra e rivoluzione non vanno disgiunte”; infatti, “La Spagna si è alzata in armi non solo per custodire al popolo un dominio nazionale, ma per realizzare una di queste grandi trasformazioni della struttura economica”. Progetto rivoluzionario non gradito dai comunisti: “In Spagna gli stalinisti erano inizialmente un minuscolo partito, ma l’aiuto russo così esagerato e sfruttato li aggrandì in numero, in influenza, in potenza, talmente che il loro dominio nelle sfere ufficiali divenne ben presto totale […]. L’intervento stalinista fu chiaramente diretto contro ogni realizzazione collettivista per il ritorno all’economia borghese o statalizzata. Distruggere tutto quello che l’iniziativa popolare aveva creato, fu il ruolo del partito sedicente comunista e di tutta l’immonda banda di poliziotti inviati da Mosca”. Sempre fervente sostenitore della libertà di opinione, di parola e di organizzazione, B. era intervenuto nel 1928 quando, di fronte alle celebrazioni del Natale di Roma dei fascisti italiani in Svizzera, i deputati comunisti al Gran Consiglio avevano chiesto al governo di impedire la manifestazione fascista: “Non si può essere più ridicoli di così. Si insorge contro il fascismo per aver soppresso le libertà pubbliche e poi si chiede altrettanto! […] Comunisti e socialisti parlamentari paiono proprio perdere la bussola. Si ostinano a chiedere alle autorità borghesi la proibizione di manifestazioni e pubblicazioni fasciste. Evvia! Libertà per tutti. Che meschina contraddizione è mai quella d’implorare restrizione ai diritti costituzionali stessi, invece di opporre manifestazione a manifestazione, stampa a stampa e botte da orbo ad ogni tentativo di sopraffazione”. Durante gli anni Trenta la situazione de «Il Risveglio/Le Réveil» si fa sempre più difficile. Nel 1934 il Governo – per difendere la finanza e gli industriali che sostengono le potenze dell’Asse (in particolare la Germania) – decreta misure liberticide sulla stampa: giungono a «Il Risveglio/ Le Réveil» i sequestri, le minacce di soppressione, e infine la soppressione totale, nel 1940. B. e compagni non demordono: dopo sei Circolari parzialmente sequestrate, clandestinamente continuano la pubblicazione quindicinale del periodico, benché bilingue e in formato opuscolo, per tutto il periodo bellico. B. denuncia la demagogia e la massiccia propaganda nazionalista della borghesia, mirate unicamente ad assumere il ruolo di salvatrice per la mancata invasione del territorio nazionale, mentre la realtà è assai diversa, “perché i paesi che avrebbero dovuto attaccarla, dopo approfondito calcolo, hanno concluso che potevano ottenere maggiormente, imponendole convenzioni leonine […]. La Svizzera fornisce come capitali, viveri, trasporti, armamenti, ecc. molto di più che in caso di rovina e devastazione dall’invasione della guerra” (1942). “La Svizzera non venne attaccata sia perché ha fornito e fornisce il lavoro di tutte le sue officine e ingenti capitali alla Germania, sia perché gran parte dell’enorme traffico italotedesco passa indisturbato attraverso il Gottardo e il Sempione. È evidente che la sospensione di tale traffico e la distruzione delle officine elvetiche sarebbero a tutto danno dell’Asse” (1943). Per quanto riguarda il socialismo e il sindacalismo svizzeri nel corso della guerra e nell’immediato dopoguerra B. rileva come essi abbiano rinunciato alla loro essenza, cioè all’aspirazione e al progetto universali di eliminare il capitalismo e lo Stato e di creare una nuova società senza sfruttamento: essi “praticamente considerano il capitalismo come eterno”. Il sindacalismo “si confonde con la filantropia, con la carità […] in favore di esseri inferiori che hanno definitivamente accettato la loro inferiorità”. Mentre il progetto del sindacalismo anarchico era quello di “togliere allo Stato le sue funzioni utili per affidarle al sindacato, per B. è ormai lo Stato a toglierle ai sindacati. Colpito da emorragia cerebrale, muore a Ginevra il 19 gennaio 1947. (G. Bottinelli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale; ivi, Pubblica sicurezza, c F 4, b. 78; [L. Tronchet], Un homme dans la mêlée sociale: Louis Bertoni, pour son 70ème aniversaire, [Genéve 1942]; Luigi Bertoni, «L’Adunata dei Refrattari», 1° feb. 1947; Luigi Bertoni: la sua opera, il suo pensiero, la sua azione, 26 feb. 1947; A. Coppetti, Ricordando Luigi Bertoni, «L’Adunata dei Refrattari», giu.-lug. 1949; Hem Day [M. Dieu], Un homme dans la mêlée sociale: Louis Bertoni, «Universo», 4 e 1 giu. 1967.

Bibliografia: Scritti di B.: Abbasso l’esercito!, Lugano 1905; Gli anarchici ed il regicidio di Monza : autodifesa di Luigi Bertoni avanti la Corte Federale di Losanna, Roma 1907; Leur grève et la nôtre. Reponse au “Journal de Genève”, Genève 1907; La victoire de tous. Guerre, paix et révolution, Genève 1915; Cesarismo e fascismo, Ginevra 1928. Scritti su B. Un uomo nella mischia sociale: Luigi Bertoni, Bologna 1947; DBI, ad nomenIl movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen; F. Biagini, Il Risveglio (1900-1922), Storia di un giornale anarchico dall’attentato di Bresci all’avvento del fascismo, Manduria 1991; G. Bottinelli, Luigi Bertoni, la coerenza di un anarchico, Lugano 1997.

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