BERNARDINI, Egidio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BERNARDINI, Egidio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Trieste
Data di nascita
20/01/1910

Attività e/o professione

Qualifica
Marittimo

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Trieste, il 20 gennaio 1910, da Antonio e Maria Skender (talora Scherdon), marittimo. Nel marzo 1929 viene condannato ad una lieve pena per “oltraggio ad agenti della forza pubblica”, ma fino al febbraio 1931 agli organi di controllo “non risulta che svolga attività politica”. Nell’aprile 1930 espatria imbarcandosi clandestinamente su un piroscafo e si ferma per qualche tempo ad Anversa e, per un periodo più lungo, a Bruxelles. Qui frequenta gli anarchici triestini Giovanni Bidoli e Vittorio Repich e si unisce con Livia Ballinari di Forlì, anch’essa di idee libertarie. Per sopravvivere fa vari lavori saltuari, tra i quali il boxeur pur avendo cattivi rapporti con gli impresari che lo considerano un “provocatore di incidenti”. Nell’ottobre 1930 lascia improvvisamente la propria abitazione a Bruxelles nella quale ospitava compagni di movimento e persone dedite anche ad attività illegali. Nell’aprile 1931, alle prese con la sopravvivenza, chiede e ottiene un passaporto dal Consolato italiano e un foglio di via obbligatorio per far ritorno a Trieste. Invece si sposta tra il Belgio e la Francia finché, nell’agosto dello stesso anno, si trasferisce con la compagna a Barcellona dove si sta formando una considerevole comunità di anarchici italiani. (Nell’estate del 1932 un informatore del Consolato fascista di Barcellona ottiene “con un abile sotterfugio” almeno una quarantina di fotografie e di cartellini dactiloscopici di appartenenti a tale gruppo). Ai primi di settembre del 1931 partecipa allo sciopero generale indetto dalla CNT e alla difesa armata della sede del Sindacato degli Edili assaltata della polizia spagnola. È quindi detenuto, insieme ad altri italiani, tra i quali Giovanni Bidoli e Nicolò Turcinovich, nelle celle d’emergenza ricavate sulla nave Antonio López ancorata in porto. Infatti il grande e nuovo Carcere Modello risulta inagibile per i danni della rivolta dei detenuti scoppiata in contemporanea con lo sciopero generale. B. è aiutato dal Comité Presos Sociales della CNT, mentre altri compagni, tra i quali la moglie e Bruno Alpini (che sarà ucciso dalla polizia spagnola nel 1934), si dedicano alla raccolta di fondi e all’assistenza legale. Nel gennaio 1932 è trasferito al vicino carcere di Matarò, dove riceve molte visite di solidarietà di compagni che lo riforniscono di strumenti per scavare una piccola galleria sotterranea. Insieme a Luigi Sofrà tenta, senza fortuna, di evadere nel febbraio 1932. L’intensa attività svolta a Barcellona lo rende, secondo lo stesso console fascista, “elemento quotato tra gli anarchici militanti”. A metà del febbraio 1933, B. viene espulso dalla Spagna e si dirige a Marsiglia insieme alla compagna e a Turcinovich. Qui riprende a frequentare la numerosa colonia degli anarchici di lingua italiana, tra cui il triestino Fiorello Del Conte, “Fiore”, dove vi sono notevoli legami con l’antifascismo di matrice massonica. Senza prospettive di lavoro stabile, decide di ritornare a Trieste e di affrontare la condanna per diserzione per non essersi presentato alla chiamata di leva nella marina militare. Alla frontiera è arrestato, trasferito a Trieste e qui interrogato sugli ambienti frequentati, ma rilascia dichiarazioni molto succinte. Sconta la condanna nel carcere militare di La Spezia e quindi svolge il servizio da marinaio; si congeda a metà agosto del 1936 e ritorna nella città natale dove fa nuovamente la fame. A fine anno espatria clandestinamente e si reca a Marsiglia dalla Ballinari e di nuovo in Spagna. Combatte sul fronte aragonese di Huesca e resta ferito a un braccio nel corso della battaglia del Carrascal, nell’aprile del 1937. Trascorre un paio di mesi all’ospedale di Barcellona dove viene assistito da una giovane catalana con la quale stringe una relazione. Passa poi al Servizio di Clinica Militare n. 3. Nel luglio del 1938 ottiene il congedo e si trasferisce a Marsiglia insieme alla giovane compagna, la cui famiglia sarà eliminata dalla repressione franchista che a Barcellona inizia già nel gennaio del 1939. Riesce a raggiungere gli Stati Uniti, agli inizi del 1939, e si stabilisce a Brooklin con il nome di “Cornella Benvissuto”. Rimane per tutto il resto della vita in questo quartiere di New York dove trova lavoro stabile e redditizio come meccanico. Nelle lettere di questo periodo alla madre anziana e agli amici di Trieste dichiara: “Non so ancora come arrivai a salvare la pelle” in varie difficili circostanze. Inoltre, riflette sui propri errori attribuiti al fatto di “essere troppo impulsivo”. Mantiene le proprie idee anarchiche anche se non sembra che abbia collaborato assiduamente con la nutrita comunità di anarchici italiani negli Stati Uniti. Rientra per qualche settimana a Trieste nel 1983 e prende contatti con i vecchi compagni, ma rifiuta di rilasciare un’intervista per ricostruire le attività svolte nel movimento libertario. Sostiene tale posizione, come altri compagni, in nome dell’unicità dell’individuo e della sua esperienza. Non si conosce la data della morte, avvenuta probabilmente negli anni Ottanta a New York. (C. Venza)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

​Bibliografia: Un trentennio di attività anarchica. 1914-1945, Cesena 1953; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen

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