BELELLI, Ennio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BELELLI, Ennio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Novellara
Data di nascita
09/05/1860
Luogo di morte
Reggio Emilia
Data di morte
02/04/1926

Attività e/o professione

Qualifica
Impiegato

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Novellara (RE) il 9 maggio 1860, impiegato. Non si conosce molto della sua formazione politica e culturale, intorno al 1886 si stabilisce a Bologna impiegandosi presso lo studio dell’avvocato socialista Giuseppe Barbanti Brodano perché, secondo la questura, “quantunque di mediocre cultura è dotato di non comune ingegno”. Tornato a Reggio Emilia nel 1891 come direttore del giornale socialista «L’Orizzonte», vi rimane solo un anno, dato che il periodico è costretto a chiudere dopo pochi mesi a causa di vari sequestri; con la chiusura del foglio, finisce pure il sodalizio con Barbanti Brodano. Nel frattempo B. si avvicina al movimento anarchico, divenendo ben presto un esponente di punta dell’anarchismo bolognese, tanto da essere in contatto, nel 1894, anche con i socialisti siciliani Garibaldi Bosco e De Felice Giuffrida. B., che non ha alcun mestiere e che vive con l’aiuto dei compagni, per racimolare qualche soldo collabora ad alcuni giornali socialisti e progressisti, quali «L’Amico del popolo» e «Bononia Ridet» e, naturalmente, scrive per la stampa anarchica. Nel 1892 molti anarchici bolognesi sono incarcerati e condannati per lo scoppio di due ordigni posti nel cortile dell’ufficio telegrafico di Bologna e nelle vicinanze di una banca, ma per questi attentati egli riesce a non farsi coinvolgere giudiziariamente. Tuttavia B. ha varie denunce penali per reati di stampa e il 17 settembre 1897 viene condannato a due anni di carcere e a una multa per aver diffamato un avvocato ebreo. B., infatti, aveva collaborato con un giornale quotidiano bolognese, «Il Pubblico», di feroce orientamento antisemita. Colpito da mandato di cattura, il 20 novembre 1897 è arrestato e rinchiuso nelle carceri cittadine dove rimane fino al 20 marzo dell’anno successivo. Risulta poi scarcerato per grazia sovrana a seguito dell’interessamento del senatore Cesare Zanolini, il quale avrebbe convinto l’avvocato ebreo querelante “ad accordare il suo perdono”. Il mese seguente, precisamente il 13 maggio, B. ritorna in galera perché coinvolto nei moti del pane. La Camera di Consiglio presso il tribunale di Bologna con un’ordinanza del 14 giugno 1898 gli accorda la libertà provvisoria dietro il pagamento di una cauzione ma, per mancanza di soldi, potra uscire solo verso la fine dell’anno. Alla fine di agosto del 1900 si allontana da Bologna dirigendosi a Parigi, dove frequenta molti anarchici e in modo particolare il bolognese Enrico Insabato. Un rapporto dell’ambasciata d’Italia del febbraio 1901 annota che B. abita con la famiglia in un appartamento per il quale paga un affitto annuale di 600 franchi e che non ha alcun impiego, però “si atteggia a poeta e giornalista”. Un altro rapporto di qualche mese più tardi annuncia che è stato espulso dalla Francia come indesiderato in relazione alla visita che Nicola ii di Russia avrebbe dovuto compiere in ottobre. Perciò egli deve abbandonare Parigi dirigendosi prima a Ginevra, poi a Londra, dove giunge nel novembre dello stesso anno. Inizia da questo momento il controllo diretto su E. Malatesta. B. infatti è al servizio del Ministero degli Interni (nome in codice “Virgilio”), e in modo particolare direttamente al servizio di Giolitti, dalla primavera dello stesso 1901, anche se egli è stato assoldato in precedenza (con tutta probabilità dalla fine del 1898), quando verosimilmente qualcuno ha pagato per lui la cauzione per uscire di galera. L’identità di B. è conosciuta solo dal capo della polizia italiana e, naturalmente, da Giolitti. Nessun altro, in tutti questi anni, sa veramente chi è “Virgilio”, che infatti viene contemporaneamente vigilato come anarchico da altri ignari poliziotti italiani e inglesi operanti a Londra. Dall’autunno del 1901 egli è a Londra e da quel momento, fino alla primavera del 1912, invia centinaia di rapporti al Ministero degli Interni. Troviamo suoi appunti, relazioni, annotazioni varie, copiature di lettere, ritagli di giornali, sparsi in vari fascicoli di anarchici italiani residenti a Londra e a Parigi, ma anche in altre capitali europee. In modo particolare la sua attenzione è rivolta verso i militanti che attraverso Malatesta operano non solo in Inghilterra e in Francia, ma anche in Svizzera, in Spagna, negli Stati Uniti e in America latina. Si tratta in gran parte di materiale poco interessante, riguardante gli spostamenti, le relazioni politiche, la vita privata e le presunte intenzioni d’azione degli anarchici spiati; una serie di notizie che allora potevano sembrare importanti, ma che oggi risultano di scarsa utilità perché, più che dare un’idea dell’ideologia e dell’organizzazione del mondo anarchico, ritraggono l’aspetto privato dei personaggi. Ma naturalmente la parte più cospicua di questi rapporti si trova nei fascicoli relativi a Malatesta. Anche qui le informazioni che si ricavano presentano la stessa natura perché riportano in modo dettagliato i suoi movimenti, le sue relazioni con i vari militanti che lo circondavano e lo avvicinavano e le sue presunte intenzioni operative. Ancora una volta si tratta di notizie “minute” (oggi Malatesta ha visto Corio, domani vedrà Petraroia, e così via), prive di vero interesse. Esse riflettono soprattutto le paure e le ipotesi del governo nei confronti degli anarchici, nel senso che le informazioni della spia sembrano più che altro rivolte a soddisfare le aspettative del referente statale, cioè Giolitti. Questi era letteralmente pervaso dall’ossessione di prevenire altri attentati al nuovo re e ai maggiori esponenti governativi. Anche da questo punto di vista le notizie sono perciò di scarsa utilità, dato che attentati non ve ne furono e neppure vennero progettati. B. è smascherato agli inizi del 1912, ma questa scoperta è in gran parte opera sua. Evidentemente egli ha ormai la piena consapevolezza di essere con le spalle al muro, dopo che si sono appuntati gravemente dei sospetti su di lui per un classico “incidente del mestiere”, per cui, di fatto, non vi è più spazio di manovra. Gioca perciò d’anticipo cercando di chiudere la partita con un attivo: incastrare Malatesta in una qualche operazione “illegale” con la quale poter mandare in galera l’anarchico italiano per più tempo possibile. Ci prova dapprima con l’“affare Houndsditch”, poi con l’“affare Bonnot”. B. coglie infine un’altra occasione quando, scoppiata la Guerra di Libia, Malatesta dà alle stampe a Londra nell’aprile del 1912 il numero unico «La Guerra Tripolina» contro l’intervento italiano. “Virgilio” dichiara allora pubblicamente che Malatesta è una spia turca. Sebbene l’accusa sia troppo ridicola per essere presa in considerazione, Malatesta reagisce ugualmente pubblicando una circolare diretta alla comunità italiana di Londra nella quale chiede l’istituzione di un giurì d’onore che apra una inchiesta sui propri trascorsi e su quelli del suo accusatore. È una mossa che mette B. definitivamente alle corde. La sfida ovviamente non è accolta da B., che certo non può dimostrare la vera origine delle sue entrate. Preferisce perciò adire le vie legali, sporgendo querela per diffamazione. In tal modo tocca a Malatesta il dovere di dimostrare la fondatezza delle proprie accuse; l’onere della prova, insomma, passa a lui, prova, naturalmente, che l’anarchico italiano non ha. Il processo si svolge Londra, nel maggio 1912, prima presso la Corte di Polizia di Marlborough e poi alla Corte di Assise di Londra e si chiude con una sentenza di colpevolezza per Malatesta e la relativa condanna a tre mesi di reclusione, quasi completamente scontati nelle carceri di Wormwood Scrubb. Nel mese di luglio i militanti italiani residenti a Londra danno alle stampe il numero unico «La Gogna», interamente dedicato alla vicenda e in modo particolare a B., individuato e denunciato come spia. Per “Virgilio” la vita londinese diviene a questo punto impossibile ed egli è costretto a eclissarsi dalla città e a riparare in Italia, stabilendosi a Reggio Emilia, dove rimane fino 1918. In seguito si trasferisce a Villa San Prospero Striniati, e poi ancora a Reggio Emilia. Qui muore il 2 aprile 1926. (G. Berti)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Malatesta Errico.

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