Dizionario biografico online delle comuniste e dei comunisti della provincia di Pisa

Tipologia Collezione

Descrizione

Il Dizionario biografico delle comuniste e dei comunisti, che sono stati attivi sul territorio della provincia di Pisa nel periodo che va dalla fondazione del PCd’I (1921) alla caduta del regime fascista (1943), intende proporre un approfondimento su una storia che ancora ad oggi risulta poco studiata. È corretto attribuire la primogenitura di questa linea di ricerca alla pubblicazione del 1981 (60° della fondazione) di Alessandro Marianelli, Documenti e testimonianze sulla fondazione del P.C.I. in provincia di Pisa, edito in occasione del 60° anniversario della fondazione del PCd’I; un lavoro di raccolta di testimonianze e documentazione composto da uno studioso che ha animato la ricerca e la vita culturale della Biblioteca Franco Serantini e che ha indagato in modo approfondito sia la storia del movimento operaio pisano a partire dall’unità d’Italia, che la storia delle classi subalterne e delle diverse inclinazioni politiche che hanno animato le loro speranze.

 

Il Dizionario offre la possibilità di leggere dal basso e dalla base, la fondazione del PCd'I e i primi venti anni della storia dei comunisti italiani, a partire dalle loro esperienze politiche come intreccio vivace e conflittuale di storie diverse, in modo da tenere insieme la storia dell’organizzazione con quella delle donne e degli uomini che l’animarono.

 

Gli archivi, come anche la memorialistica, purtroppo sono privi di gran parte della documentazione originaria per una più puntuale ricostruzione della vita e del dibattito interno all'organizzazione comunista pisana. Gran parte della documentazione utilizzata per la ricostruzione della biografie proviene perlopiù dal Casellario politico centrale depositato all'Archivio centrale dello Stato di Roma. Può essere utile allora recuperare una delle tante preziose indicazioni di Antonio Gramsci, e cioè quella di utilizzare una cornice «più vasta e comprensiva» e indagare il vissuto dei militanti che hanno seguito il partito e i suoi promotori, che li hanno sorretti e nei confronti dei quali sono stati leali e disciplinati, oppure che li hanno criticati e abbandonati, o infine che ne abbiano passivamente seguito le vicende.

 

Questa ricerca inoltre facilitare la comprensione di come un piccolo nucleo di militanti sia stato capace di radicare nel tessuto sociale gli ideali comunisti e l'esperienza di un partito che, nel periodo preso in esame, si muoveva quasi esclusivamente sotto forma di organizzazione clandestina. Un'indagine che diventa ancor più interessante se si considera “l'efficienza reale del partito” assunta negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale: nell'immediato dopoguerra il PCI raggiungerà nella provincia pisana oltre trentamila iscritti e sarà la forza politica che si farà carico della gestione di buona parte delle amministrazioni locali. Ricostruire la storia delle origini, al di là della retorica di partito, può risultare utile anche in questa prospettiva.

 

Dalla lettura delle biografie proposte dal Dizionario emerge come primo elemento utile al dibattito il fatto che la storia del PCd’I a Pisa e nella sua provincia, si caratterizza principalmente per l’azione, anche in termini individuali, di un gruppo variegato di militanti senza un radicamento efficiente dell'organizzazione e in assenza di un gruppo dirigente solido e politicamente preparato.

 

«Fare come in Russia!» è il grido di speranza e di redenzione che anima larghi settori delle classi popolari europee e che trova un terreno fertile nel tessuto politico, sociale e culturale italiano in generale e pisano in particolare. Una speranza questa, che riecheggia in ogni piazza, in ogni fabbrica, nelle campagne e nelle marine, nei paesi e nelle borgate, nei piccoli centri della provincia pisana alimentata da un immaginario sovversivo assai radicato fin dai tempi della nascita della sezione della Prima Internazionale. Le notizie che arrivano dalla Russia affascinano gran parte del movimento operaio ad alimentano aspettative escatologiche e a dividere i socialisti non è soltanto il tema dell’interpretazione delle vicende russe, ma quello della possibilità o meno della rivoluzione in Italia.

 

La nascita della federazione pisana del PCd'I si intreccia con le violenze squadriste che preparano l'avvento del regime. Nel dicembre 1920 gli squadristi pisani, con l’aiuto di squadre provenienti da tutta la regione, impediscono l’insediamento del nuovo consiglio provinciale Nelle ultime elezioni amministrative dell'autunno del 1920 i socialisti conquistano ben 26 comuni su 42, a Pontedera ottengono il 78% dei voti e in Consiglio provinciale eleggono 23 consiglieri su 40: lascesa dei socialisti, le lotte per il lavoro e la tensione sociale creano un scenario nuovo in tutta la provincia pisana. I socialisti, nella tornata elettorale, raccolgono 30.477 voti oltre 5.000 in più rispetto alle ultime elezioni politiche , tra gli eletti ve ne sono alcuni che sosterranno la mozione comunista al congresso di Livorno: tra questi Ersilio Ambrogi, eletto per il mandamento di Cecina. L’insediamento del Consiglio, tra le grida di saluto alla Russia dei Soviet, avviene finalmente il 12 gennaio, durante la seduta Ambrogi è eletto presidente e assume la carica di vicepresidente Giulio Guelfi, passionale sindaco socialista di Cascina, che poi entrerà nel partito comunista durante l’esilio in Francia.

 

I congressi delle sezioni della provincia pisana che preparano l’assise livornese raccontano di un significativo risultato della frazione comunista che, su 3.831 iscritti, raccoglie il 35% dei voti, ma anche di un vero e proprio trionfo dell’area massimalista che conquista il restante 65%. La vittoria della corrente massimalista trova fondamento nelle conquiste operaie e contadine degli anni precedenti, guidate da una Camera del lavoro confederale molto importante e radicata, i cui dirigenti, di orientamento vicino a Serrati, non passano nelle file comuniste con il Congresso di Livorno e fanno pesare la loro scelta nelle sezioni.

 

La Federazione provinciale pisana del PCd’I si costituisce la domenica del 27 febbraio 1921, a Pisa, in una sala della Camera del lavoro confederale. In quella occasione è eletto segretario provinciale Ruffo Malvezzi, un modesto commesso di negozio; la linea politica è però dettata da Ambrogi, l'unico personaggio di rilievo nazionale e internazionale capace di tenere insieme, nella sua evidente debolezza, il nascente soggetto politico locale.

Gli uomini che costituiscono la federazione con Ambrogi e Malvezzi e assumono cariche di direzione sono lavoratori, uomini privi di cultura, operai, artigiani e soprattutto giovani, mentre assolutamente marginale è l’adesione di sindaci ed eletti nelle amministrazioni locali. Tra questi spiccano Carlo Cimini, di professione barbiere, che, appena ventiduenne, sarà il secondo segretario della federazione pisana subentrando a Malvezzi; Roberto Ugo Barsotti, il primo segretario della sezione pisana, un quarantenne ferroviere e attivo sindacalista; Guglielmo Taddei, meccanico, che supporterà Cimini nella gestione della federazione pisana prima dell'accorpamento con quella livornese, più numerosa e organizzata.

 

La composizione popolare della dirigenza e della militanza comunista, che abbiamo descritto nell’istante della fondazione nel 1921, permane durante il ventennio successivo con tratti accentuati. Le biografie che presenta il Dizionario danno palesemente la misura della composizione sociale culturale dei comunisti pisani: tre professionisti (due avvocati e un architetto), quattro impiegati e un insegnante, mentre la grande maggioranza del campione è rappresentata da operai e artigiani (con significativa presenza degli alabastrai volterrani) e un numero non trascurabile di braccianti. Significativo è poi lo scarso numero di mezzadri e contadini, nonostante le caratteristiche produttive della provincia.

 

Altro aspetto caratteristico della formazione del PCd'I nella provincia pisana è dato dall’adesione di un buon numero di anarchici, movimento che sul territorio vede un significativo radicamento. Il portato popolare e libertario fanno rientrare l’esperienza della provincia pisana nella descrizione canonica fornita da Ernesto Ragionieri e cioè di un partito che attinge alla sorgente plebea e libertaria del movimento operaio e si riallaccia alle tradizioni del movimento operaio e popolare italiano..

 

I comunisti pagheranno cara la loro opposizione alla violenza squadrista: Enrico Ciampi, fondatore a Barca di Noce della prima sezione provinciale del PCd’I, è ucciso a Cascina il 4 marzo 1921 dal fascista Domenico Serlupi; Gino Bonicoli è ucciso a Casciana Terme il 1 giugno 1922 colpevole di aver provocato i fascisti perché fischiettava Bandiera rossa; Vasco Viviani, già Ardito del popolo, nel luglio del 1923 è ferito da una revolverata alle spalle da alcuni fascisti e lasciato morire in ospedale da due medici che non gli prestano le dovute cure.

 

Come accennato, la federazione pisana già nel 1922 è unita a quella livornese, più numerosa e organizzata. Le intimidazioni e la violenza segnano il passo alla passione e alle aspirazioni profonde dei militanti comunisti: nel 1925 gli iscritti alla federazione interprovinciale Pisa-Livorno scendono a 300 unità, nella sezione di Pisa sono solo 44 i militanti e 14 quelli di Vecchiano. Si tratta delle uniche due sezioni attive nel territorio della provincia. I fondatori del PCd'I continuano comunque a vivere la militanza nel proprio quotidiano, ancora fedelmente legati ai principi rivoluzionari delle giornate del Congresso di Livorno e mantengono l'aspettativa di ricostruire clandestinamente la federazione pisana, anche a seguito dello scioglimento della federazione interprovinciale Livorno-Pisa.

 

Le carte di pubblica sicurezza e la memorialistica, per quanto riguarda il territorio pisano, non ci raccontano di significative azioni contro il regime, il partito non risulta particolarmente attivo e l'attività è basata principalmente sulla rete solidale del Soccorso rosso e sulla distribuzione di stampa. L'unico riferimento ad un'esperienza organizzata sul territorio pisano è riportata dai fatti di Volterra dell’autunno del 1930, quanto un'indagine della polizia fascista porta alla denuncia complessiva di un centinaio di volterrani, molti di questi condannati dal Tribunale speciale dello Stato per riorganizzazione del Partito comunista; sulla vicenda, nel dopoguerra, ritornerà Nello Bardini, uno dei protagonisti, confermando l’attività cospirativa delle cellule a partire dal marzo del 1930.

 

La ricostruzione del partito nella zona di Pisa riparte invece dalle celle delle carceri di San Matteo, luogo di detenzione dei prigionieri politici, grazie anche a nuove figure come Italo e Alberto Bargagna. Proprio negli anni Trenta si registra un cambio generazionale, nelle carte di polizia vanno prendendo spazio nuovi protagonisti, mentre assumono un ruolo minore i vecchi fondatori del partito; una considerazione che trova riscontro anche nella memorialistica sull'antifascismo e sulla Resistenza nel pisano raccolta e pubblicata negli anni Novanta del secolo scorso.

 

I comunisti che erano stati i più attivi nel primo antifascismo espatriano presto, nella quasi totalità dei casi sulle strade battute dall’emigrazione economica in Francia; per molti di questi, nel 1936, il varco tra la Francia e la Spagna sembra essere un passaggio dovuto. Dei 46 volontari pisani, però solamente 3 riescono ad arrivare in Spagna direttamente dall’Italia: un altro elemento che dà la misura della debolezza della rete comunista nella provincia.

 

Lo studio di queste biografie mette inoltre in evidenza la marginalità dell’apporto femminile al partito e all’antifascismo comunista: le donne censite sono solamente dieci e si tratta di profili assolutamente marginali, donne presto emigrate all’estero o ritirate a vita privata. L’unica donna condannata dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato è Elena Terrosi, che sconta un anno di reclusione per aver partecipato al tentativo di riorganizzare la federazione pisana del partito.

 

Ulteriore elemento di riflessione che pone il Dizionario riguarda lo smarrimento quasi completo di queste biografie nella politica attiva nel nuovo partito nato dopo la Liberazione, sono pochissimi coloro che hanno avuto ruoli di direzione nel PCI e nessuno di loro ha assunto il ruolo di Segretario provinciale del partito. Si dovrà attendere il 1950 per avere il primo segretario pisano dopo l'autorevole guida di Remo Scappini.

 

Il Dizionario, in sintesi, intende offrire un ulteriore contributo alla storia del Partito comunista, proponendosi come caso di studio e mettendo a disposizione una serie di profili biografici di origine popolare e proletaria che possono contribuire a ricostruire il retroterra di cultura sovversiva, libertaria e socialista che sta alla base della formazione politica di questa generazione di militanti, un portato culturale e sociale che verrà riversato interamente nel nuovo partito nato durante la Resistenza tra il 1943 e il 1945.

Massimiliano Bacchiet

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