​TURRONI, Pio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​TURRONI, Pio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Cesena
Data di nascita
May 30 1906
Luogo di morte
Cesena

Biografia / Storia

Nasce a Cesena (FC) il 30 maggio 1906 da Giuseppe e Virginia Magnani, muratore. Giovanissimo si avvicina all’anarchismo (non ancora quattordicenne, partecipa al comizio di Errico Malatesta nel 1920 a Cesena). Dopo essere emigrato in Belgio nel 1923 per sfuggire alle persecuzioni fasciste contro i suoi fratelli e contro lui stesso, nel 1925 si trasferisce in Francia, dove partecipa a tutto ciò che si configura come azione antifascista. Due anni dopo prende parte alle agitazioni parigine per cercare di impedire l’esecuzione di Sacco e Vanzetti negli Stati Uniti. Dai primi del 1933 alla metà del 1935 è l’animatore, sotto la direzione di Camillo Berneri, del Gruppo Edizioni Libertarie di Brest che edita L’operaiolatria di Berneri, La Guerra che viene di Simone Weil e Il governo forte di Francesco Amoroso. È in questo periodo che si lega a grande amicizia con Nestor Ivanoviè Makhno, e sarà poi colui al quale il grande rivoluzionario ucraino affiderà le sue ultime volontà all’ospedale Tenon di Parigi poco prima di morire. Successivamente T. soggiorna a Marsiglia e, nel 1936, a Vichy.

Allo scoppio della Rivoluzione Spagnola, il suo desiderio di lottare concretamente contro il fascismo e il dispotismo di classe finalmente si realizza. Giunto in Spagna nell’agosto 1936, si inserisce nel quarto scaglione di volontari della Sezione italiana della Colonna “Ascaso” e il 20 ottobre 1936 viene ferito in combattimento a Santa Quiteria Tardienta (Huesca) alla testa e ad una spalla e, successivamente, si sposta sul fronte di Caspe (Teruel), dove, nella città di Belchite, viene di nuovo ferito ad una gamba il 3 marzo 1937. Nel maggio del 1937, insieme al romagnolo Attilio Balzamini, presenta un progetto operativo alla Sezione di Guerra della CNT-FAIb per eliminare Mussolini, ma il progetto non viene approvato. È molto probabile che T., in quei giorni, sia stato il primo o tra i primissimi a venire a conoscenza dell’assassinio di Camillo Berneri perché, in quel tragico inizio di maggio 1937, egli era suo stretto collaboratore rilevandone in seguito il ruolo di “commissario politico” di quello che rimaneva dei volontari anarchici italiani. A fine luglio, dopo aver dato alle stampe le edizioni italiana e spagnola di Mussolini alle Baleari di Berneri, lascia la Spagna per trasferisi a Marsiglia. Nel gennaio del 1938, di ritorno a Barcellona, riprogetta, insieme al pesarese Domenico Ludovici, un attentato ai danni di Mussolini che propone di nuovo all’esame della Sezione di Guerra della CNT-FAIb di Barcellona, attraverso August’n Souchy e Martin Gudel, responsabili del ramo stranieri della stessa.

In questo periodo ricopre la carica di “commissario politico” presso la caserma “Spartacus” di Barcellona. Il progetto, questa volta, viene preso in esame e subito accettato. Il momento per passare all’azione viene individuato nel periodo che tutti gli anni, immancabilmente la prima settimana di agosto, Mussolini passava con la famiglia a Riccione. T., nel frattempo, si è di nuovo trasferito a Marsiglia per attendere i materiali per compiere l’attentato. A questo punto, però, sorgono non poche complicazioni. Si verificano ritardi e disguidi nell’organizzazione che fecero trascorrere del tempo prezioso. Intanto il periodo balneare di Mussolini a Riccione era terminato e tutto diventava più difficile e incerto. T., decisissimo a passare all’azione che aveva tanto contribuito a realizzare, dovette amaramente rinunciarvi. T. rimane a Marsiglia anche nel corso del 1939, dove diventa il punto di riferimento per gli aiuti inviati dagli anarchici italo-americani che fanno capo a «L’Adunata dei refrattari» (New York). Ed è qui che, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale (3 settembre 1939), è tratto in arresto dalle autorità francesi “per attività anarchiche e per l’azione svolta a favore dei rifugiati spagnoli” e rinchiuso nel “Forte Saint-Nicolas”, da cui sarà rilasciato a fine maggio 1940 per essere nuovamente arrestato il 1° luglio e internato nel campo di concentramento di Villemagne (Gard), dov’erano già rinchiuse più di trecento persone. Avvertito che lo avrebbero condotto alla frontiera italiana e consegnato alle autorità fasciste, riesce ad evadere nel gennaio del 1941.

In qualità di combattente volontario in Spagna, ottiene dal Console messicano a Marsiglia (tramite l’aiuto di Emilio Lussu) un passaporto per questo paese come “apatride”. Un primo tentativo di imbarco, con Aldo Garosci, fallisce per la delazione di un marinaio francese. Riarrestato a Marsiglia, riesce ad evadere nuovamente dalla prigione militare “Forte Saint-Jean” e, dopo una lunga odissea che lo porta dapprima clandestinamente fino ad Algeri insieme a Leo Valiani, si sposta ad Orano per raggiungere successivamente Casablanca. Qui, dopo mesi di attesa, si imbarca sulla nave Serpa Pinto, noleggiata dalla Croce Rossa, su cui sono stipati milletrecento passeggeri, per la gran parte profughi spagnoli. Arriva a Vera Cruz (Messico) il 20 dicembre del 1941, paese nel quale soggiorna poco meno di due anni. Anche qui, come già in Marocco, T. non desiste dalla sua attività rivoluzionaria e antifascista. Allarga le sue conoscenze e i suoi contatti con compagni e fuoriusciti antifascisti, sempre pronto a rendersi utile alla comune causa della libertà. Imbarcatosi in Belize a fine giugno 1943, dopo aver fatto tappa a New York, Boston, Halifax (Canada), giunge a Liverpool, in Inghilterra, dove viene subito arrestato dalle autorità britanniche e condotto nel campo di concentramento n. 1, ubicato nella periferia di Londra.

Rientrato in Italia (Napoli) il 1° dicembre del 1943, si dedica da subito alla ricerca di compagni nella zona “liberata” dagli Alleati, cercando di promuovere e stabilire i contatti necessari alla ripresa del movimento anarchico. Grazie anche al suo attivismo, rinascono rapidamente i primi nuclei e Gruppi anarchici nella zona allora occupata dalle armate anglo-americane. Insieme a Giovanna Berneri, Cesare Zaccaria e Armido Abbate, a Napoli dà vita all’Alleanza dei Gruppi Libertari dell’Italia Meridionale e al Gruppo Editoriale Rivoluzione Libertaria, la cui testata servì per un quindicinale che uscì sempre clandestinamente (stampato a Napoli, ma fatto apparire edito a Bari) perché gli Alleati rifiutavano l’autorizzazione necessaria per le pubblicazioni libertarie – nel maggio del 1945, sempre a cura del gruppo, uscì anche un numero unico di «Risveglio Libertario». Solo molto più tardi verrà concessa dalle autorità italiane di Roma l’autorizzazione per una pubblicazione; e così nacque «Volontà», giornale che, dopo il 2° congresso nazionale della FAI (Bologna, 16-20 marzo 1947) venne trasformato in rivista e di cui T. fu sempre “gerente responsabile” fino al trasferimento della testata, nel 1980, al Gruppo Anarchico Bandiera Nera di Milano (nella persona di Luciano Lanza). Nello stesso torno di tempo, T. figura tra i promotori, insieme a Nino Malara, Giordano Bruch ed altri compagni, di un convegno anarchico a Cosenza (5-6 giugno 1944) e di un altro a Napoli (20 giugno 1944).

Nel settembre del 1944 e nell’aprile del 1945, a Bari, viene arrestato a due riprese da pattuglie della polizia anglo-americana mentre affigge manifesti anarchici sui muri dell’Università e consegnato alla polizia italiana che, dopo la consueta permanenza in prigione, lo libera. Verso la fine dell’anno è a Roma, dove figura tra i patrocinatori della rinascita di «Umanità Nova». A guerra finita, di ritorno in Romagna, T. si impegna fortemente nella ripresa della stampa libertaria, dando vita insieme ad Armando Borghi, Umberto Consiglio e Primo Bassi, alle riviste «Bresci», «I martiri di Chicago», «Olocausto», («L’Aurora». Nel pieno di queste iniziative, prende parte al convegno interregionale della Federazione comunista libertaria Alta Italia (Milano, 23-25 giugno 1945), dove sono presenti delegati di molti centri dell’Italia settentrionale e centrale. Dopo il congresso costitutivo della Federazione anarchica italiana a Carrara (15-19 settembre 1945), viene nominato membro della Commissione cultura, prodigandosi da subito come infaticabile organizzatore di giri di conferenze in Romagna ed in altre regioni d’Italia. Tra il ‘46 e il ‘47 sostiene moralmente e finanziariamente – facendosi tramite dei compagni italo-americani di cui è diventato, fin dai tempi di Marsiglia, uno dei più fidati e affidabili referenti – l’iniziativa dei giovani che, a Milano, pubblicano il quindicinale «Gioventù Anarchica» (P.C. Masini, C. Doglio e V. Galassi).

Alla fine del 1949, con Gigi Damiani, crea ad Ancona il quindicinale «L’AntiStato», iniziativa tesa a presentare il gruppo come il portavoce della “corrente antiorganizzatrice”, in vista del 4° congresso nazionale di Ancona (8-10 dicembre 1950) e, dopo questo, il gruppo editoriale L’Antistato il quale continuò le sue pubblicazioni per ventisei anni e che, solo nel 1976, verrà trasferito a Milano ed affidato alla cura del Gruppo anarchico Bandiera nera (nelle persone di Amedeo Bertolo e Rossella Di Leo).

Come “gerente” del giornale «L’AntiStato» viene processato nel 1951 per “vilipendio alla magistratura” e condannato a sei mesi di reclusione. Subisce altri tre processi, arrivando fino alla Cassazione con l’accusa di “incitamento a ribellarsi alle leggi” per aver fatto propaganda anti-elettorale. Dal dopoguerra in avanti, alterna sempre il suo mestiere di muratore (lavoro attraverso il quale si guadagnerà da vivere per tutta la vita) con il pur gravoso lavoro di coordinazione di numerose attività anarchiche. Per quanto riguarda il movimento anarchico, T. si espresse più volte su importanti questioni relative all’organizzazione e all’orientamento dentro il movimento e nelle lotte sociali. Prese parte a dibattiti su questi problemi con il suo temperamento vivace di vecchio romagnolo. Nelle sue “battaglie sulle idee” ebbe accanto sempre molti compagni sparsi per il mondo. Gli furono particolarmente vicini Gigi Damiani, Aurelio Chessa, Armando Borghi, Max Sartin, Michele Damiani e tanti altri che presero iniziative in difesa di quelli che, appunto, essi ritenevano i caratteri fondamentali dell’anarchismo.

Un primo importante banco di prova in questo senso, venne intrapreso da T. e Borghi contro il Comitato interregionale tosco-laziale che, a partire dal settembre 1949, aveva iniziato a pubblicare il mensile «L’Impulso». Questo gruppo (formato da Pier Carlo Masini, Arrigo Cervetto, Ugo Scattoni, Renzo Sbriccoli e Lorenzo Parodi), costituitosi dopo il 3° congresso nazionale di Livorno (23-25 aprile 1949), pur dichiarandosi sempre ligio ai principì anarchici, rappresentava invece agli occhi di T. una pericolosa testa di ponte verso una concezione “classista” dell’azione rivoluzionaria e, cosa ancor più grave, una perniciosa “deriva sindacalista e organizzativa” estranea al movimento anarchico. «L’Impulso», invece, rimproverava a testate come «Volontà» e «L’Aurora» una concezione “resistenzialista” e “residuale” del tutto inadeguata alla fase storica. L’esigenza organizzativa, in effetti, era assai sentita dai componenti de «L’Impulso», i quali, in occasione del loro primo convegno costitutivo (Genova-Pontedecimo, 24-25 febbraio 1951), espressero la loro più impellente esigenza “per un movimento orientato e federato” in questi termini: “Organizzarsi al 100 per cento”.

Dopo questo convegno, «L’Impulso» diventerà l’organo dei Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria (GAAP) che continuerà le sue pubblicazioni fino al 30 aprile 1957, cioè fino al momento in cui verrà deciso di far confluire la Federazione comunista libertaria nel Movimento della Sinistra comunista. Da questo momento, di concerto con altre formazioni politiche (Azione comunista, Partito comunista internazionalista, Gruppi comunisti rivoluzionari), l’organo del gruppo sarà il giornale «Azione comunista». Avendo intravisto per tempo l’insidiosità di questa “deriva politico organizzativa”, T. ed altri compagni decisero di stilare a beneficio del movimento un “bilancio” su Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), bilancio che, nei loro intenti, doveva “smascherare l’intrigo” messo in opera dai GAAP e affini.

Nella primavera del 1963, T. segue con interesse l’iniziativa che, a Milano, promuove il periodico «Materialismo e Libertà» (tre soli numeri usciti), animato da Giovanni Corradini, Amedeo Bertolo et alii, che si faceva latore di una tesi sviluppata a suo tempo da Bruno Rizzi circa il processo di “feudalizzazione industriale” incombente sulla società contemporanea. Una tesi, questa, che sarà riproposta ed implementata dieci anni dopo in un fascicolo esplicitamente dedicato dai Quaderni dell’AntiStato di T. all’“Anarchismo ‘70, un’analisi nuova per la strategia di sempre”.

Diversi anni dopo questo primo “assalto” contro i GAAP, T. è uno dei protagonisti della scissione della Federazione Anarchica Italiana (FAI) all’8° congresso di Carrara (31 ottobre-4 novembre 1965) ed alla costituzione, durante il convegno di Pisa (19 dicembre 1965), dei Gruppi di Iniziativa Anarchica (GIA), che nasce come reazione al tipo di organizzazione “strutturata” che si è data la FAI nel congresso di Carrara (dove è stata adottata una formale base statutaria, con norme vincolanti per gli associati), e dal timore che la Corrente anarchica di difesa sindacale impegnata nella CGIL, potesse essere condizionata dall’“egemonia comunista” con ripercussioni negative sul movimento anarchico.

È anche il principale promotore del settimanale «L’Internazionale» (poi quindicinale, poi mensile) – alternativo ad «Umanità Nova», rimasta alla FAI – di cui fu, dal marzo 1966 al luglio 1968, direttore responsabile. Negli corso degli anni ‘70, oltre a tener viva la sua fitta corrispondenza di collegamento nazionale e internazionale, cerca di trovare accordi e punti di incontro con compagni di vario orientamento per l’attività propagandistica comune e, in modo particolare, per la difesa delle vittime della repressione di Stato. È a quest’attività che si dedica con particolare energia negli ultimi anni della sua vita, trovando disponibilità e appoggio in vari ambienti del Movimento. Dopo l’interruzione del suo lavoro di muratore per “raggiunti limiti di età”, pur avendo diritto ad usufruire di una pensione di guerra offertagli dallo Stato italiano, in ossequio agli ideali che avevano informato tutta la sua vita rifiuta sdegnosamente d’avvalersi di questi emolumenti statali. Muore di cancro a Cesena il 7 aprile 1982. (P. Sensini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Centro studi libertari archivio G. Pinelli, Fondo Turroni; Archivio famiglia Berneri-A. Chessa, Memoria di Pio Turroni dopo il suo ritorno in Italia, senza data ma verosimilmente dell’agosto 1944; Relazione del Gruppo editore L’Antistato”, «Iniziativa Anarchica», 25 set. 1965, pp. 2-3; L. Farinelli, Il muratore dell’anarchia, «L’Internazionle», n. 5, mag. 1982; U. Marzocchi, È morto Pio Turroni, «Umanità nova», 25 apr. 1982; «Bollettino dell'archivio G. Pinelli», n. 6, lug. 1996.

Bibliografia:
scritti di T.: Presentazione a N. Makhno, La Rivoluzione Russa in Ucraina (marzo 1917 - aprile 1918), Ragusa 1971;

scritti su T.: Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), Cesena, 1953; La Resistenza sconosciuta. Gli anarchici e la lotta contro il fascismo. I giornali anarchici clandestini 1943-45, Milano 1995; A. Bertolo, Pio Turroni. Muratore dell’Anarchia, «Libertaria», lug.-set. 2003.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Virginia Magnani

Bibliografia

2004

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