​TINTI, Giuseppe detto Peppino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​TINTI, Giuseppe detto Peppino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Imola
Data di nascita
October 23 1899
Luogo di morte
Imola

Biografia / Storia

Nasce a Imola (BO) il 23 ottobre 1899 da Domenico e Rosa Bitonto. È il quinto di sei figli, tutti professanti idee anarchiche. Dei fratelli, il maggiore è Oreste, (1889-1958), muratore come T., dapprima vicino ai socialisti, poi attivo militante anarchico. Fra i fondatori e organizzatori, nel 1913-14, del Gruppo Cipriani e del Fascio Libertario Imolese, è condannato nel 1926 a 4 anni di confino, scontati a Favignana, Ponza e Ustica, e nel 1928 a 6 mesi e 500 lire di multa per offese a Mussolini. Rientrato in libertà condizionale a Imola nei primi mesi del 1929, ripetutamente arrestato preventivamente e vigilato per tutto il ventennio, rimane sempre fedele all’ideale anarchico e anche nel dopoguerra, dopo la Liberazione, continua a sostenere attivamente il locale gruppo. Il secondogenito è Francesco, nato nel 1891, terza è Augusta (1893-1950), sposata all’anarchico imolese Aurelio Fantazzini, fratello dell’anarchico Pietro detto “Balilla”, già segnalatosi per avere disertato durante la guerra mondiale, e quindi emigrato in Svizzera nei primissimi anni venti. Il quarto fratello è Giovanni, nato nel 1895 e spentosi prematuramente nel 1917. L’ultimo, il più giovane, è Angelo. Compiuti gli studi elementari, T. trova presto lavoro come muratore. Allorché il fratello Oreste viene assegnato al confino, T., per non essere sottoposto ad analoga misura, espatria regolarmente recandosi dapprima a Mons, nel Belgio, dove lavora per alcuni mesi come minatore, poi a Ginevra, presso la sorella Augusta e il cognato Fantazzini. Entrato in contatto con la numerosa colonia di fuoriusciti, partecipa attivamente alla vita del movimento: nel 1930, ad Annemasse, nel corso di una riunione di antifascisti italiani, contribuisce a promuovere la formazione di squadre di lavoratori che si rechino a lavorare gratuitamente nelle colonie estive antifasciste; nei primi mesi del 1931 si incontra con Ciro Beltrandi, Giulio Conte e Adolfo Vella, per cercare di risolvere la polemica sorta fra le redazioni di «Falce e Martello» e «Il Risveglio» a proposito della posizione politica dei fratelli Vella, e in giugno partecipa alla commemorazione di Giacomo Matteotti tenutasi ad Annemasse. Sono anni spesso segnati dalla miseria e dalla disoccupazione, e per T. è un lungo peregrinare fra Ginevra, Annemasse, Chambery e la colonia antifascista di Saint Cerques nell’Alta Savoia, ma gli spostamenti frequenti non gli impediscono di mantenere stretti contatti con i compagni, in particolare con Tomaso Serra e Francesco “Ciccio” Barbieri. Il 14 aprile 1935, a casa di Bertoni, con Frigerio, Omobono Frateschi e Martini partecipa a una riunione nel corso della quale si parla della presunta sottrazione, da parte di Barbieri, di fondi raccolti per le vittime politiche, e l’agosto successivo, per nuovi dissidi con quest’ultimo, lascia il lavoro presso la “mensa” antifascista ginevrina di rue des Pavillons, restando ancora una volta disoccupato. Il 30 dicembre 1935 è presente al convegno anarchico di Chambery, convocato da Luigi Bertoni e al quale presenziano, tra gli altri, Ciro Beltrandi, Guido Polidori, Randolfo Vella e Savino Fornasari, nel corso del quale si dibatte sulla opportunità di creare accordi con gli altri schieramenti antifascisti e su come rispondere agli inviti del PCdI per coordinare l’attività antifascista in Italia. Allo scoppio della Rivoluzione spagnola, nel luglio 1936, si impegna intensamente nell’opera di arruolamento per le milizie rivoluzionarie, e in settembre entra in Spagna, arruolandosi nella Colonna Ascaso operante sul fronte aragonese. Negli archivi della polizia fascista si trova una cartolina del settembre 1936, inviata dalla Spagna a Roma ad Elena Melli, nella quale compaiono le firme di T., Tomaso Serra, Attilio Bulzamini, Carlo Castagna, Edel Squadrani e Riccardo Di Giuseppe. Nel gennaio del 1937 è fra gli aderenti al Gruppo Gori della Colonna. In febbraio, con Ciro Beltrandi, rientra in Svizzera e in Savoia dove vengono segnalati a bordo di un’auto, proveniente dalla Spagna, carica di libri di propaganda anarchica Nello stesso mese invia da Ginevra alla famiglia un assegno di cento franchi svizzeri, che viene sequestrato dalla polizia, “avendosi motivo di ritenere che trattisi di ‘soccorso rosso’ inviato alla madre del comunista Tinti Giuseppe”. Ammalatosi gravemente ad Annemasse non è più in grado di tornare in Spagna, e si ferma stabilmente prima a Saint Cerques poi ad Aix-les-Bains in Savoia. Nel novembre 1941 rientra in Italia dove viene arrestato e quindi, il 31 dicembre, assegnato a tre anni di confino a Ventotene. Il 28 agosto 1943 è prosciolto e rientra finalmente a Imola. Nel dopoguerra frequenta con impegno il gruppo anarchico, diffondendo regolarmente «Umanità Nova». Privo dell’abitazione e di un lavoro stabile, si adatta a umili lavori, mantenendo sempre, però, la consapevolezza e l’orgoglio della esemplarità della sua vita. Di poche parole, introverso e difficile come tutti i suoi famigliari, gode comunque dell’affetto, la stima e la considerazione dei più giovani compagni imolesi, che nel gennaio del 1966 ne raccolgono il corpo nella vecchia sede di via Cavour diventata la sua abitazione. Là dove “Peppino” muore d’infarto in una fredda notte invernale. (M. Ortalli) 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio storico della FAI, Fondo Anarchici imolesi; Testimonianza orale di Cesare Fuochi; «Umanità nova», n. 5, 5 feb. 1966; «Umanità nova», n. 45-46, 10 dic. 1966.

Bibliografia: L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’Anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, Pisa 2001, ad indicem

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Domenico e Rosa Bitonto

Bibliografia

2004

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