​ROSSI, Giovanni

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​ROSSI, Giovanni

Date di esistenza

Luogo di nascita
Pisa
Data di nascita
January 11 1856
Luogo di morte
Pisa

Biografia / Storia

Nasce a Pisa l’11 gennaio 1856, da Tito e Carolina Baldi, veterinario. R. viene ricordato soprattutto per le vicende legate alla brasiliana Colonia Cecilia, che nei libri di storia e nelle memorie dell’anarchismo internazionale è additata ad esempio dello sperimentalismo comunitario. Un progetto che ha radici articolate e che prende per la prima volta forma compiuta nel libro Un Comune Socialista pubblicato nel 1878, dove il ventiduenne R. con lo pseudonimo di Cardias, espone compiutamente il suo programma per la realizzazione di una colonia collettivista anarchica. Il volume conoscerà in pochi anni ben cinque edizioni, mentre verrà pubblicato a puntate su numerosi fogli anarchici di quel periodo. Un successo che faceva seguito al volume Il sogno pubblicato da Andrea Costa nel 1881, a dimostrazione dell’esistenza di un ampio pubblico per questo tipo di letteratura utopica. Nel libro vengono descritti la nascita e lo strutturarsi di un villaggio ove è stata instaurata la collettivizzazione della terra e della proprietà: un racconto quasi fantastico (protagonista è la giovane Cecilia, il luogo la comunità immaginata di Poggio a Mare) ma che fa emergere la figura del R. dal panorama politico italiano del tempo per la volontà di sperimentare immediatamente e in modo sistematico gli ideali rivoluzionari dai più solamente teorizzati.

La sua intensa attività politica (partecipa ancora studente alla sezione pisana dell’Internazionale) non sfugge al controllo dello Stato Italiano: nel novembre del 1878 R. viene arrestato in seguito ad una provocazione poliziesca per “attentato contro la sicurezza interna dello Stato”. Il processo provò la sua innocenza, ma egli resterà in carcere sino all’aprile del 1879 per una successiva ammonizione che gli venne comminata nel corso della detenzione preventiva. Avvicinatosi progressivamente ad Andrea Costa, di cui diviene amico e frequente corrispondente, collaboratore di numerosi giornali, R. non trascura la sua attività professionale, dando alle stampe alcuni opere di carattere veterinario ed agricolo. Sono opuscoli che prendono in esame la situazione del patrimonio zootecnico del circondario di Volterra e di Pisa, le malattie comuni ai bovini toscani, le problematiche di carattere agronomico. Riacquistata la libertà R. resterà oggetto di una sorveglianza poliziesca sempre più rigorosa. Nonostante le difficoltà frapposte dalla Polizia, riesce a vincere nel 1882 un concorso per l’incarico di veterinario consortile in un paese del bresciano, Gavardo in provincia di Brescia, ove resterà per circa cinque anni. Nel piccolo borgo lombardo e nei villaggi che componevano il consorzio veterinario, R. è assiduo nella sua attiva opera di propaganda, riuscendo in pochi mesi ad incidere efficacemente nella locale realtà sociale. A Gavardo R. continua nella pubblicazione del periodico di carattere agricolo-veterinario già edito a Montescudaio («Dal Campo alla Stalla») e sperimenta immediatamente una società cooperativa agricola, in aperta contrapposizione con le realtà mutualistiche già esistenti e gestite da un lato dal clero e dall’altro dal potente onorevole locale di marca liberale Giovanni Quarena. Indubbi furono gli influssi della presenza del R. sull’espansione del movimento socialista bresciano. Da Gavardo egli stringe contatti con gli ambienti progressisti, mentre si infittisce la corrispondenza con Costa, fungendo in pratica da tramite fra il leader socialista e il movimento della Lombardia orientale, organizzando incontri e conferenze del parlamentare romagnolo a Brescia.

Nel 1884 R. cura personalmente il numero unico «Brescia per Amilcare Cipriani», in occasioni delle elezioni svoltesi in febbraio, e lo stesso anno procede alla ristampa del suo Un comune socialista, con premessa dello stesso Costa. Il progetto di una colonia sperimentale trova un primo sistematico approccio durante il periodo trascorso a Gavardo. Se ne trova traccia in una lettera del novembre 1884 inviata al repubblicano Gabriele Rosa in cui enuncia questo progetto, coinvolgendo anche Filippo Turati: “Turati con me ed altri”, scriveva R., “sta maturando il progetto di fondare nell’Italia meridionale o nella zona di bonificamento intorno a Roma una Colonia Sperimentale agricola che possa dare argomenti sperimentali alla soluzione della questione sociale”. Intensa anche l’attività pubblicistica dell’anarchico pisano durante la sua permanenza nel bresciano. Da Gavardo compaiono suoi interventi in decine di giornali italiani: interventi tesi ad illustrare la volontà e la necessità della creazione di una colonia sperimentale. Ma fra aspre critiche e documenti inviati anche alla Commissione Federale di Corrispondenza del Partito Socialista Rivoluzionario Italiano mai discussi, fra accorati appelli comparsi sui periodici sopra rammentati e lettere inviate ai maggiori esponenti del nascente socialismo italiano, il progetto segna il passo. Così R. prova anche a fondare un proprio giornale, «Lo Sperimentale», che da Brescia viene inviato in tutta Italia a partire dal maggio 1886 ed a cui egli dedicherà le sue energie migliori ed il proprio talento di pubblicista. «Lo Sperimentale» è dedicato quasi esclusivamente alla discussione ed alla propaganda del progetto di colonia socialista anarchica, mediante la pubblicazione di articoli redatti oltre che dallo stesso R., anche da Turati, Candelari e Gnocchi Viani. I cinque numeri del giornale (l’ultimo porta la data del febbraio 1887) riportano scrupolosamente anche le adesioni al progetto e le offerte per la sua prosecuzione. Ma dall’ultimo elenco si evince come le adesioni formali e le circa 2150 lire raccolte non siano certo sufficienti.

Nel frattempo, siamo nel 1887, a soccorrere l’idea del R. è un ex deputato cremonese, Giuseppe Mori, seguace del Mazzini, che dopo aver letto alcuni articoli dell’anarchico, intesse una ricca corrispondenza collo stesso, unitamente al deputato Leonida Bissolati. Si registra in questi mesi la graduale convergenza del R. alle tesi della cooperazione come momento intermedio fra il capitalismo e la comunarietà totale, ed è per questa sorta di progetto intermedio, preludio al collettivismo vero e proprio, che l’anarchico pisano accetta di trasferirsi a Stagno Lombardo, nel cremonese, presso i poderi della cascina Cittadella di proprietà del Mori. L’11 novembre 1887 a Cittadella si costituisce così la Associazione Agricola Cooperativa Cittadella. Durante questi mesi R. continua nel suo incessante prodigarsi per la propaganda per la diffusione di colonie agricole sperimentali. L’11 dicembre 1888 da il via alla “Unione lavoratrice per la colonizazzione sociale in Italia”, avente come scopo la promozione di colonie in Italia. Con questa Unione cerca di istituire un esperimento a Torricella di Sissa (Parma), contattando i contadini del luogo e contribuendo con somme in denaro, ed un altro esperimento prende il via anche in provincia di Padova, entrambi per la verità con scarsa fortuna, se non quella di convincere poi alcuni di questi contadini a seguirlo in terra brasiliana. Ma una comunità collettivista socialista è un’altra cosa rispetto alla cooperativa. R. avvia un nuovo tentativo nella primavera del 1889: sempre a Cittadella chiama accanto a sé due nuclei famigliari e alcuni giovani socialisti, decisi insieme a lui a tentare realmente quel progetto. Sedici persone, R. compreso, che lavorano per costruire una struttura semplice, che vuol sperimentare sul campo la possibilità di una distribuzione davvero egalitaria degli utili (e non per categorie come all’Associazione precedente), ove le spese sono decise in comunità, con la casa affidata alle donne a rotazione e le cui pareti sono tappezzate dai ritratti dei socialisti di tutto il mondo. Ma la possibilità di estendere a tutta la Associazione di Cittadella l’esperimento compiuto dal piccolo nucleo anarchico naufraga miseramente. È la dimostrazione, secondo R., che l’esperimento è forse meglio riproducibile fuori dai condizionamenti della società italiana del tempo, replicabile per ora in terre vergini, prive dei retaggi del passato sociale. Non a caso quindi decide di approfondire immediatamente la possibilità di aderire ad una delle due colonie fondate nel frattempo nell’America del Nord, Kaweah in California e Sinaloa in Messico. Già si profila nei disegni della mente del R. anche la possibilità di fondare una colonia in Uruguay, ma è una strana coincidenza a rivoluzionare programmi e ridare speranze al veterinario pisano. La concessione in affitto di un vasto territorio sito nello stato del Paranà da parte delle autorità brasiliane, in circostanze non ancora chiare ma ormai sconfinate nella leggenda riapre le speranze dell’anarchico.

Dopo aver condotto una rapida campagna per la raccolta di fondi e ottenuta l’adesione di alcuni simpatizzanti al progetto, (Turati e Bissolati in testa) R. si imbarca a Genova il 20 febbraio 1890 alla volta del Brasile, per fondare la sospirata Colonia Cecilia, che diverrà realtà nei pressi della municipalità di Palmeiras, a pochi chilometri dalla capitale Curitiba. L’esperienza comunitaria della Colonia Cecilia viene analizzata da R. nello scritto Cecilia, comunità anarchica sperimentale, edito unitamente allla nuova edizione del suo Comune Socialista nel 1891 oltre che nell’opuscolo Un episodio d’amore nella Colonia Cecilia, pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nell’anno 1893 e successivamente edito anche in altri paesi. Qui R. teorizza quelli che saranno i grandi nodi della società del XX secolo: i pericoli di un socialismo oggi definito “reale”, la questione famigliare, il problema del femminismo e della parità fra i sessi sono da lui affrontati in modo coraggioso e pionieristico già in quegli anni. Più recentemente, Affonso Schmidt nel 1942, Stadler de Sousa nel 1971 e Candido De Mello Neto nel 1997 e nel 2000, con opere edite nello stato brasiliano, hanno ricostruito con dovizia di fonti archivistiche e di altra natura, fonti orali comprese, la storia della Colonia Cecilia, mettendone in evidenza la particolarità e l’importanza rivestita all’interno delle vicende socio-politiche di quella nazione. Una vita difficile, che non imped“ comunque ai coloni, aumentati a più riprese sino a 240, in maggioranza lombardi e toscani, di realizzare un piccolo villaggio (chiamato naturalmente Anarchia), un mulino con forno annesso, piccoli laboratori artigianali, mentre dall’alto del palmizio sventolava la bandiera nero rossa della colonia anarchica. Ma come già accaduto a Cittadella, fragilità umana e l’infiltrazione di alcuni coloni male intenzionati, fecero arenare l’armonia della colonia dopo un anno di vita. Ma non tutti i coloni decidono di abbandonare. Un nucleo di pochi elementi, cinque italiani e due giovani francesi, resta a continuare nell’esperimento insieme al mai domo R., che con immutato entusiasmo scrive della rinata colonia Cecilia: “Nessun patto, né verbale né scritto fu stabilito. Nessun regolamento, nessun orario, nessuna carica sociale, nessuna delegazione di poteri, nessuna norma fissa di vita o di lavoro. La voce di uno qualunque dava la sveglia agli altri; le necessità tecniche del lavoro, palesi a tutti ci chiamavano all’opera, ora divisi ora uniti; l’appetito ci chiamava ai pasti, il sonno al riposo”. La vita della nuova Colonia è narrata sin nei minimi particolari dallo stesso R. e dalle ricerche dei citati autori brasiliani. Ma Cecilia dovette, come ricordato, fare i conti con le difficoltà imposte dalla vita dura, con le gelosie e le invidie che divisero i vecchi dai nuovi arrivati: aspre discussioni ed allontanamenti, la guerriglia che infestava la neonata repubblica brasiliana nata dalle ceneri dell’impero di Pedro II e che distrusse più volte i raccolti, la fuga del cassiere con il denaro delle entrate, una epidemia di difterite, piegarono la volontà dei coloni italiani che nel marzo del 1894 decisero di sciogliere la colonia. Lo stesso R. considera l’esperienza Cecilia non certo alla stregua di un fallimento: fra le sperimentazioni effettuate, accanto alla collettivizzazione dei beni, la pratica dello scambio e un mercato interno non regolato dalla moneta, il tentativo non solo teorico del “libero amore”, narrato ed analizzato dallo stesso R. più tardi nel citato scritto che desterà le ammirazioni di molti anarchici ma anche le ire di Pëtr Kropotkin. Resta comunque, al di là di giudizi più o meno critici su Cecilia, la pratica attuazione del nuovo modello sociale sempre teorizzato ma mai attuato, l’aver provato, come ricorda il suo fondatore, “il sapersi uomini liberi ed uguali, l’aver provato una vita in comune che abitua di più alla comprensione delle nostre debolezze umane”. Gli archivi brasiliani hanno mostrato quanto la figura di R. appaia importante anche nella storia economica recente dello stato brasiliano di Santa Caterina.

Dopo l’esperienza della Colonia Cecilia, R., grazie all’amicizia che lo legava al rivoluzionario Hercilio Luz, assunse l’incarico di direttore della Stazione Agronomica della città di Taquary (Rio Grande do Sul), e di professore associato alla locale scuola tecnica. Da qui passò dopo alcuni anni alla direzione della nuova Stazione Agronomica di Rio dos Cedros, nei pressi di Blumenau nello stato di Santa Caterina, nominato con risoluzione statale del 27 settembre 1898 e dove risiederà per alcuni anni. In questa piccola località, popolata come le vicine Rodeio e Ascurra in massima parte da coloni italiani, R. svolgerà un lavoro coerente con i suoi propositi libertari. Accanto all’occupazione di responsabile tecnico nella stazione agricola, ove sperimentava nuove culture -porterà qui per la prima volta piante come l’olivo e il tabacco- o acquistando sementi dall’Italia e commercializzando i prodotti anche fuori dallo stato, R. continuava a rimanere legato agli ideali che avevano animato tutta la sua vita. La presenza e l’attività del R. a Rio dos Cedros vengono tenute costantemente sotto controllo anche dalla polizia locale, allertata dalla Legazione Italiana di Rio de Janeiro. Le autorità italiane, a distanza di oltre 12 anni dalla partenza per il Brasile del R., vedevano ancora in lui un elemento pericoloso per l’ordine sociale, ritenendolo potenziale organizzatore di disordini e complotti.

L’impegno del R., che a Rio dos Cedros teneva due volte la settimana una scuola agricola, unitamente ai positivi risultati delle sperimentazioni agricole, fecero sì che egli guadagnasse la stima di tutta la popolazione italiana di queste colonie e della stessa città di Blumenau. Una stima confermata dall’incarico ufficiale affidatogli in occasione del Cinquantenario della fondazione di Blumenau, festeggiato nell’anno 1900, per la stesura del testo e della storia italiana di questa cittadina, da inserire nel libro commemorativo accanto alle testimonianze di altri illustri cittadini locali delle diverse etnie. In quell’occasione -che coincideva anche col venticinquesimo anniversario della presenza italiana nella valle dell’Itaja“- R. ricostru“ con dovizia di particolari, suggeritigli dai primi coloni trentini giunti quaggi+, la storia dell’immigrazione italiana a Blumenau e nello stato del Paranà. Le parole scritte in quella occasione sono dure ed inequivocabili e crearono sicuramente un certo scompiglio fra i tranquilli abitanti di Blumenau. Parlando del fenomeno immigratorio e del costante flusso di trentini e lombardi verso queste regioni, R. rammentava come “la scarsità di istruzione, questo stretto limite nell’orizzonte dei conoscimenti umani non è imputabile a loro, ma all’insieme delle condizioni sociali e politiche nelle quali son cresciuti. L’economia piccolo proprietaria e grande capitalistica conserva gli operai d’Europa e specialmente quelli d’Italia in tali strettezze finanziarie tutt’altro che favorevoli allo svilupparsi della cultura intellettuale”. Anche a Rio dos Cedros l’agronomo italiano tentò in ogni modo di mettere in pratica le idee collettiviste esposte a più riprese su riviste e opuscoli: fondò una cooperativa agricola fra i coloni italiani, mediandone e favorendone l’esportazione dei prodotti, principalmente tabacco, col governo italiano. A questa cooperativa seguirà, la fondazione della cooperativa agricola di Ascurra, avvenuta il Primo maggio 1905, una data significativa anche in questa terra lontana.

Le carte degli archivi brasiliani mostrano la quotidianità di questa permanenza e dell’impegno in Santa Caterina profuso da R. La “Società del Tabacco” in Rio dos Cedros, fondata nel 1893, conobbe in coincidenza con la permamenza del R., notevole impulso, con la costituzione al suo interno una cooperativa a cui aderirono 19 coloni italiani. L’avvenuto trasferimento della Stazione Agronomica nei pressi di Florianopolis, decretata dal governatore dello stato nel 1904, permette al R. di ritrovare nuovo slancio per dare il via a nuove iniziative. Fra queste la costituzione, della “Sociedade Catarinense de Agricoltura”. Fra le iniziative della Sociedade l’edizione del periodico intitolato «Revista Agricola», diretta ed animata dallo stesso R., che firmerà buona parte degli articoli comparsi nei suoi primi numeri. Le lettere inviate dal veterinario al governo centrale mostrano l’immutato vigore con cui R. si batte all’interno della struttura per dare slancio e respiro all’agricoltura locale. La richiesta di libri di tecnica agraria, le pressioni esercitate verso i deputati catarinensi del parlamento nazionale, le lettere inviate e ricevute dall’Italia ove tentava di piazzare i prodotti dello stato brasiliano, la documentazione dei frequenti spostamenti compiuti per visitare fattorie, portare consigli e aiuti, restano a testimoniare di una vita spesa per il progresso di queste regioni. Il 28 febbraio 1907 il governo di Santa Caterina concede al direttore della Stazione Agronomica tre mesi di licenza, per motivi di salute.

Il 4 aprile dello stesso anno R., con la compagna Adele e le piccole figlie salpa dal porto di Florianopolis per non fare più ritorno all’amato Brasile: destinazione Italia, dopo 17 lunghi e indimenticabili anni. In realtà l’anarchico pisano resta in stretto contatto con le autorità dello stato e della città di Florianopolis. Nelle sue lettere inviate in Brasile fra il 1907 e il 1909 traspare l’impegno profuso per favorire l’esportazione dei prodotti agricoli catarinensi sui mercati europei, soprattutto il tabacco e il maté, mentre vengono inviati in Brasile semi e utensili per l’allevamento dei bachi da seta, invio reso possibile attraverso il suo interessamento presso alcune aziende italiane. Giunto in Italia R. trascorre alcuni anni nella regione ligure, come direttore del “Vivaio Cooperativo Ligure” di Sanremo. Un’occupazione che favorisce l’indole sperimentale dell’agronomo toscano, lasciando tempo per redigere memorie e osservazioni circa la sua esperienza brasiliana. Nel 1908 esce a Firenze l’opuscolo Agricoltura primitiva negli Stati Meridionali del Brasile, scritto dal R. che non dimentica di sottoscriversi, oltre che direttore del “Vivaio Cooperativo ligure” anche come “professore presso la Scuola Superiore di Agronomia in Taquar“, Rio Grande do Sul” e “Direttore della Stazione Agraria dello stato di Santa Caterina”. R. torna finalmente nella sua città natale di Pisa nel 1914, alla viglia del primo conflitto mondiale.

Lasciata in pratica la politica, si dedicherà all’agricoltura presso il proprio podere di Montescudaio, ma le ristrettezze economiche imposte dalla guerra lo costringeranno ad accettare una supplenza veterinaria presso Codogno, ove insegnerà anche presso il locale istituto tecnico. È di questi anni il suo ultimo intervento sul giornale «Università Popolare», in cui spiegherà, trent’anni dopo, il suo punto di vista sulle colonie sperimentali e sulla “Cecilia” in particolare. L’avvento del regime fascista trova R. ormai stanco ed invecchiato, tanto da evitare qualsiasi schieramento, se non sporadiche partecipazioni all’estremo saluto di amici anarchici. Di lui, nel territorio brasiliano resta il ricordo vivido di quel “filosofo, sonhador, poeta, pioneiro da Colonia Cecilia, agronomo, escritor, pai de familia, uma das personalidades estrangeiras mais interessantes do Brasil”. Muore a Pisa, all’età di 87 anni, il 9 gennaio 1943. (M. Zane)

Fonti

Fonti: Archivio centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archvio di Stato Pisa, Pubblica Sicurezza, b. 856, 857, 870, 920 e 921; Archivio del Comune di Gavardo (BS), b. 96/A f. 17; Biblioteca Comunale di Imola, Carte Costa, lettere varie; Arquivo do Estado de Santa Caterina, Florianopolis (Brasile), Tesouro do Estado de Santa Caterina, livro de assentamentos.

Bibliografia:

Scritti di R.: Del tifo del cavallo e delle sue diverse forme, Pisa, 1876; Statistica ed allevamento del bestiame di Montescudajo, Pisa 1878; Un Comune Socialista, Milano 1878; I ricoveri del bestiame nella provincia di Pisa, Pisa 1879; Alimenti e digestione. Fisiologia ed igiene del cavallo, Volterra 1879; Le condizioni foraggere nel circondario di Volterra, Bologna 1880; Le vacche da lavoro in collina, Casalmaggiore 1880; Criteri generali nello studio della zootecnia, Milano 1881; Il progresso e i contadini, a veglia di un podere toscano, Siena 1882; Ematinuria bacteriosa enzootica dei bovini, Brescia 1883; Manuale di agricoltura pratica ad uso delle scuole rurarli, Milano 1886; Un episodio d’amore nella colonia Cecilia, Livorno 1893 (II ed. Buenos Aires 1920); Cecilia comunità anarchica sperimentale, Livorno 1893; Utopie und experiment, Zurich, 1897, (II ed. 1979); Agricoltura primitiva negli stati meridionali del Brasile, Firenze 1908.

Scritti su R.:
Per il periodo giovanile: cfr. N. Badaloni, Le prime vicende del socialismo a Pisa (1873-1883), «Movimento Operaio», nov-dic 1956; N. Badaloni, Democratici e socialisti livornesi nell’Ottocento, Roma 1966; F. Bertolucci, Anarchismo e lotte sociali a Pisa 1871-1901, Pisa 1988; per il periodo bresciano e cremonese cfr. M. Zane, Inquisito e spioneggiato. Giovanni Rossi e il suo soggiorno a Gavardo (1882-1887), «Studi Bresciani», n. 5, 1989; M. Zane, Per un’altra storia. Breve storia del movimento socialista valsabbino e gavardese, Brescia 1990; L. Betri, Cittadella e Cecilia. Due esperimenti di colonia agricola socialista. Carte inedite e un saggio introduttivo sull’utopia contadina, Milano 1971; R. Gosi, Il socialismo utopistico. Giovanni Rossi e la colonia anarchica Cecilia, Milano 1977; Cfr. inoltre Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen; M. Stampacchia, G. Rossi. Lettere inedite a R. Grieco, «Rivista Storica dell'Anarchismo», lug.-dic. 1996, pp. 111-118.

Per il periodo brasiliano: cfr. V. Vicenzi, Historia e immigracao italiana de Rio dos Cedros, Blumenau 1985; J. Finardi, Colonizacao italiana de Ascurra -1876/1976, Blumenau 1976; R. M. Grosselli, Vincere o morire. Contadini trentini, veneti e lombardi nelle foreste brasiliane, parte I, Santa Caterina, Trento 1986. Per la Colonia Cecilia si vedano A. Schmidt, Colonia Cecilia. Uma aventura anarquista na america 1889 a 1893, Sao Paolo 1942; N. Stadler de Souza, O anarquismo da Colonia Cecilia, Rio de Janeiro 1970; B. Pellizzetti, Os papeis de Giovanni Rossi no Arquivo Ermenbergo Pellizzetti, «Boletim da Universidade Federal do Parana», Curitiba, n. 14, 1971; «Blumenau en Cadernos», n. 8, ago. 1976 e n.10, ott. 1976.; V. Munoz, Uma cronologia de Giovanni Rossi, «Reconstruir», n. 83, 1973; B. Pellizzeti, La Colonia Cecilia: gli anarchici italiani in Paranà, presentata al convegno La presenza italiana in Brasile tenutosi il 21/25 ott. 1985 a San Paolo; E. Rodriguez, Lavoratori Italiani in Brasile, Casalvelino Scalo 1985; I. Felici, Mise au point sur l’histoire de la colonie anarchiste Cecilia, «La Revue des Langues Néo-latines», Parigi mar. 1993; M. Zane, Anarchici e nostalgia. La diaspora degli anarchici italiani in Brasile dopo l’esperienza della colonia sperimentale Cecilia di Giovanni Rossi (1890-1907), in La riscoperta delle Americhe. Lavoratori e sindacato nell’emigrazione italiana in America Latina 1870-1970, atti del convegno storico internazionale nov. 1992, a cura di V. Blegnino, E. Franzina, A. Pepe, Milano 1994, pp. 339-354; I. Felici, La Colonia Cecilia. Fra leggenda e realtà, «Rivista Storica dell'Anarchismo», lug.-dic. 1996, pp. 103-109; C. De Mello Neto, O anarquismo experimental de Giovanni Rossi. De Poggio al mare à Colonia Cecìlia, Ponta Grossa 1996 (II ed. 1998); C. De Mello Neto, Colonia Cecilia e outras utopias, Curitiba 2000.

Filmografia: La Colonia Cecilia, regia di Jean Comolli.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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Note

Paternità e maternità: Tito e Carolina Baldi

Bibliografia

2004

Persona

Collezione