PISELLI, Germanico

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
PISELLI, Germanico

Date di esistenza

Luogo di nascita
Ravenna
Data di nascita
April 26 1850
Luogo di morte
Bologna

Biografia / Storia

Nasce a Ravenna il 26 aprile 1850, da Alberto e Rosa Zotti, impiegato e pubblicista. Figlio di un cancelliere di tribunale compie gli studi classici a Ravenna. Nel 1866 e nel 1867 è con Garibaldi; inclina verso il repubblicanesimo radicale. Nel 1871 vince un concorso per ufficiale d’ordine in prefettura e comincia per lui una fase di intensi spostamenti, da Ferrara a Forlì, da Mondovì a Lanciano. Ma si tratta di notizie piuttosto vaghe: altri biografi indicano (provvisorie) destinazioni punitive in Sicilia e in Sardegna. È certo che si stabilisce a Forlì nel 1883, quale segretario presso l’ufficio annonario del comune, incarico che ricopre fino al 1891. La sua adesione al “comunismo anarchico” si colloca già nell’autunno del 1871, quando un documento riservato del prefetto di Forlì, Malusardi, lo segnala, il 19 novembre, fra i partecipanti ad una riunione segreta indetta dagli internazionalisti del «Romagnolo» di Ravenna per “spingere innanzi alacremente la organizzazione delle masse operaie” in Romagna. P. stesso, scrivendo un articolo retrospettivo per la «Rivendicazione» di Forlì, il 1° ottobre 1887, anticipa la conversione agli inizi dell’anno: “infiammati dagli scritti di Bakunin, sui primi del 1871, al primo congresso di Lugo, ci dichiarammo internazionalisti”. Sigfrido Sozzi noterà, forse con qualche ingenuità, che la ricostruzione di P. “rende possibile un’operazione paleontologica: disegnare al completo lo scheletro della primitiva associazione socialista romagnola”. P., da quel momento, compare nelle occasioni decisive, citato sempre fra i forlivesi. Firma un manifesto per la morte di Mazzini a nome del “Fascio Operaio Forlivese” (marzo 1872), e, fra il 4 e il 6 agosto 1872, partecipa al conferenza di Rimini che dà vita alle federazione italiana dell’AIL. Agli inizi di ottobre, è fra gli oratori che offrono l’estremo saluto al lughese Francesco Piccinini, ucciso dai repubblicani. Il suo discorso è così offensivo nei riguardi del governo che il delegato di Pubblica sicurezza deve farlo allontanare dalla tomba. Un ispettore di polizia, in un rapporto al prefetto di Forlì, del gennaio 1873, lo vuole a Milano, “presso un negoziante, per crearsi una situazione” [sic]. Da quel momento, il buio per circa dieci anni. Di fatto, quando P. rientra in gioco in Romagna, lo fa da posizioni ambigue. Ottiene il posto a Forlì (la sua ultima destinazione è stata Mondovì) grazie al deputato radical-repubblicano del collegio, Alessandro Fortis, che ha bisogno di un contatto con Costa in vista delle prossime scadenze elettorali. P. è un internazionalista della prima ora e si può permettere di scrivere ad Andrea che “Fortis non è un socialista, ma dopo tutto è un buonissimo democratico”. La fase più intensa della vita politica di P. coincide – dopo il ritorno a Forlì – con la direzione del settimanale «La Rivendicazione» (6 nov. 1886-26 nov. 1891) e la ricostituzione della Società operai braccianti forlivese (27 febbraio 1887). In questo periodo, egli acquisisce un ruolo centrale nel movimento socialista ed anarchico romagnolo, bordeggiando fra psr, e minoranze anarchiche. Le sue idee restano oscillanti e confuse, per lo più tendenti a costituire un ponte fra “comunisti anarchici” e socialisti rivoluzionari. Ma non bisogna dimenticare, d’altro canto, il versante più oscuro della sua personalità: i rapporti clientelari stretti Fortis, ed il suo impegno a favore dell’elezione di questi. Il carteggio di Fortis mette a nudo la trama di interessi personali fra il funzionario municipale ed il suo potente protettore e svela la subalternità, nei fatti, di parte degli internazionalisti e dei socialisti romagnoli al disegno di un grande “partito radicale di massa” regionale, rappresentato dai più transigenti e moderati fra i notabili “rossi”. In effetti, l’intransigenza mostrata a più riprese dal P. in tema elettorale (fatta salva l’elezione protesta di Cipriani nell’86) appare del tutto funzionale alla tenuta dei radicali: in modo del tutto simile ai mazziniani, anche per l’estrema di classe la rinuncia a proprie candidature significa, nei fatti, aprire la via a convergenze “improprie” con i democratici “borghesi”. D’altra parte, il vincolo stretto con Fortis (di cui si professa “amico personale” ed “avversario politico”) produce effetti su più piani: favorisce i finanziamenti alla cooperativa braccianti (nel 1888, in occasione della visita dei reali in Romagna, P., in cambio della sua “moderazione”, riceverà 7.000 lire; più tardi, in coincidenza con la crisi economica degli anni ’90, i suoi braccianti finiranno addirittura in Grecia, impegnati nella costruzione di una ferrovia in Tessaglia); e, d’altro canto, incoraggia il credo intransigente, contro la linea partecipazionista di Costa prima, e di Balducci poi. Non a caso, in occasione delle elezioni politiche del 1890, è ancora P. – lo raccontano le sue lettere a Fortis – a far saltare l’accordo fra socialisti, internazionalisti e repubblicani, che tanto impensierisce la lista dei radicali “progressisti”, ormai ralliés al crispismo. In nome del rigore ideale, P. rende un ottimo servizio al suo patrono: l’estrema della provincia di Forlì si presenta alle urne litigiosa e divisa. Alla luce di questi elementi – cui devono essere aggiunti i finanziamenti governativi ad anarchici e socialisti romagnoli “in gita” a Parigi durante il 1889 – diventa difficile prendere sul serio l’autorappresentazione che P. dà di sé e del suo movimento sulla «Rivendicazione». Egli continua, è vero, a godere di grande prestigio in seno al movimento socialista e anarchico romagnolo. Nel 1889, a Parigi, è uditore al congresso “marxista”. Viene poi coinvolto nell’attentato contro Ceretti e Prampolini, ad opera di anarchici “individualisti”. Nel 1890 partecipa al congresso delle associazioni operaie e cooperative di Ravenna; poi appoggia il socialista Balducci alle politiche, in realtà raccogliendo voti per Fortis, uscito da poco dal gabinetto Crispi. Nel 1891, al congresso di Capolago, continua a tenere in piedi una posizione ambigua: di fronte al dilemma elettorale, meglio decidere caso per caso, a seconda dell’opportunità. Dopo la chiusura della «Rivendicazione», che coincide, non a caso, con il progressivo distacco di socialisti e repubblicani dai metodi clientelari e consociativi di Fortis, parte per la Grecia. L’avventura dei braccianti non si conclude positivamente ed egli, rientrato in Italia, cerca fortuna in Argentina. Anche qui, un fallimento. Neppure cinquantenne, affetto da un cancro alla lingua si uccide nei pubblici giardini Margherita di Bologna il 31 marzo 1899. (R. Balzani)
 

Fonti

Fonti: Archivio dello Stato – Forlì-Cesena, Archivio Fortis, Fondo Alessandro Fortis, Lettere varie, ad annum; Prefettura di Forlì, Carte riservate di gabinetto; Biblioteca comunale di Imola (Bo), Carte Costa.

Bibliografia: R. Balducci, Alessandro Balducci e gli albori del socialismo nel Forlivese (1880-1904), Milano 1954; S. Sozzi, Gli inizi del movimento socialista a Forlì, «Studi romagnoli», 1972, pp. 261-270; Il Movimento Operaio Italiano Dizionario Biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen; S. Sozzi, Gli inizi del movimento socialista nella Romagna (1870-1892), Cesena 1978; R. Balzani, Aurelio Saffi e la crisi della sinistra romantica (1882-1887), Roma 1988; V. Varoli, Su alcune lettere di socialisti rivoluzionari ad Alessandro Fortis, «Romagna arte e storia», n. 40, 1990, pp. 103-118; E. Caruso, Forlì. Città e cittadini tra Otto e Novecento, II, Ravenna 1991; R. Balzani, P. Hertner (a cura di), Una borghesia di provincia. Possidenti, imprenditori e amministratori a Forlì fra Ottocento e Novecento, Bologna 1998, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Alberto e Rosa Zotti

Bibliografia

2004

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