​MANCINI, Adamo

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​MANCINI, Adamo

Date di esistenza

Luogo di nascita
Imola
Data di nascita
February 6 1859
Luogo di morte
Imola

Biografia / Storia

Nasce a Imola il 6 febbraio 1859 da Francesco, calzolaio, ed Eva Berti. Conseguita la licenza elementare, frequenta per alcuni anni l’istituto tecnico, che presto abbandona per diventare calzolaio come il padre e il fratello Antonio, maggiore di 6 anni. È da questi, “avversario sempre di tutto ciò che viene dal Governo”, repubblicano poi internazionalista e presente al tentativo insurrezionale dell’8 agosto 1874, che viene iniziato alle idee di emancipazione sociale diffuse nella cittadina romagnola, idee alle quali resterà fedele tutta la vita. M., senza dubbio una delle figure più interessanti e singolari del movimento anarchico, non solo romagnolo ma nazionale, amico personale di Malatesta, Merlino, Cafiero, Costa, Borghi, Fabbri, Bentini, saprà interpretare il proprio ideale con la constante coerenza fra mezzi e fini e arricchendolo con una dedizione intransigente. Intransigenza, umana prima ancora che politica, che mai verrà meno, anche quando gli procurerà, in giovane età, sofferenze e persecuzioni da parte dell’Autorità, in tarda età, l’isolamento e l’incomprensione di molti compagni. Già nel novembre 1880 è tra i fondatori del Circolo Socialista imolese, che conta 120 iscritti, e l’anno successivo ne diventa l’attivo segretario. Nell’aprile 1881 presenta, su sollecitazione di Andrea Costa, la richiesta per la pubblicazione dei primi numeri de «L’Avanti!», e questo incarico gli costa un arresto e due processi: l’uno in maggio, conclusosi con una condanna a 10 giorni di carcere, la prima delle tante che segneranno la sua esistenza, l’altro in giugno, che lo vede assolto assieme all’internazionalista Antonio “Bavaresa” Cornacchia. In entrambe le occasioni si avvale del patrocinio gratuito di Aristide Venturini. Nella convulsa fase che ha epicentro in Romagna e che vede il progressivo passaggio dall’astensionismo internazionalista al possibilismo costiano, M. è fra i promotori dell’agitazione per l’allargamento del suffragio elettorale e nel Convegno del Partito Socialista Rivoluzionario Romagnolo, tenuto nell’osteria La Reggia di Imola il 26 febbraio 1882, sottoscrive, come referente della Commissione Federale, la partecipazione alle elezioni comunali, pur rifiutando quella alle elezioni politiche e l’accettazione del giuramento alla monarchia. Ben presto, però, le opzioni possibiliste ed elettoralistiche di Costa, in evidente contraddizione con i principi dell’internazionalismo anarchico, lo allontanano gradualmente da colui che, ancora nel 1922, ricorderà pur sempre come maestro. Così, nel gennaio 1883, in una affollata assemblea all’albergo Campana, con Antonio Castellari e Giuseppe “Mezdè” Benati, costituisce la Sezione imolese dell’Internazionale, portando, proprio nella città di Costa, una risposta che contribuirà a restituire linfa e vitalità al movimento anarchico, scosso e lacerato dal giuramento in parlamento del neo deputato. Ammonito nel frattempo per oziosità, e l’ammonizione avrà termine solo nel 1889, il 18 marzo 1884, dopo un inseguimento per le vie cittadine, viene arrestato per l’affissione del manifesto della Federazione Italiana dell’AIL inneggiante alla Comune e controfirmato da circa duecento anarchici italiani. Condotto dapprima alla Rocca di Imola, dalle cui celle scrive alla famiglia: “malgrado che i miei persecutori m’abbiano tolto la libertà, che è l’aria, la luce, la vita e l’ingegno, pure io sono allegro come un usignolo”, viene poi trasferito prima a Bologna poi a Pistoia. Nonostante le numerose interpellanze che Costa, anche se M. aveva rifiutato di incontrarlo in carcere, pronuncia in suo favore (”Io conosco il M. da molti anni, e l’ammonizione inflitta a lui è un’ingiustizia [...] è uno dei più colti operai di Imola nostra; ed è appunto perciò, perchè sente più vivamente le ingiustizie sociali, che egli è anarchico e rivoluzionario”), sconta 16 mesi di carcerazione preventiva. Il 27 giugno 1885 viene finalmente celebrato il processo, e M., assistito da Salvatore Battaglia, si “difende” accusando governo e magistratura di averlo ingiustamente e crudelmente colpito, e dichiarando di rifiutare la concessione delle attenuanti. Mentre i suoi coimputati, fra i quali Niccolò Converti e il napoletano Giustiniani, vanno assolti, M. è condannato alla pena massima di ventidue mesi e 1400 lire di multa. Rifiutatosi di pagare la multa per non versare soldi nelle casse dello Stato, sconta altri undici mesi di carcere. Dopo quasi tre anni, rientra finalmente a Imola alla fine del 1886, calorosamente accolto da Costa, da Luigi Sassi e Ugo Tamburini. Di nuovo presente nelle lotte sociali, partecipa alla fondazione del Circolo Socialista Rivoluzionario «I Figli del Lavoro» e nell’ottobre del 1887, dopo aver passato altri 5 giorni in carcere per oltraggio, inizia a collaborare regolarmente a «La Rivendicazione» di Forlì. Fra il gennaio e l’ottobre 1888, con ogni probabilità, si reca in Francia e una volta rientrato nella città natale, subisce una nuova condanna a 15 giorni di carcere per aver inneggiato alla rivoluzione al passaggio di Amilcare Cipriani alla stazione di Imola. Nel 1889 è in contatto epistolare con Pini e Parmeggiani e nel gennaio 1890, a nome degli anarchici imolesi, propone a Malatesta, che rifiuterà, di presentarsi alle elezioni per una candidatura protesta. Dopo pochi mesi, nuovamente arrestato per grida sediziose e incitamento alla ribellione, è prosciolto per insufficienza di prove. Il 18 maggio 1890 con la pubblicazione del suo primo numero unico, «La Plebaglia», inizia quell’intensa, originale attività pubblicistica, che più di ogni altra caratterizzerà il suo impegno politico e sociale. Saranno infatti circa una quarantina, fra il 1890 e il 1920, i fogli editi a Imola su sua iniziativa, spesso con titoli suggestivi e pittoreschi, attenti a intervenire sulle tematiche, nazionali e locali, che più gli stanno a cuore. Fra i collaboratori della prima “serie”, uscita fra il maggio 1890 e il giugno 1894 («La Canaglia», «La Ciurmaglia», «La Poveraglia», «La Marmaglia», «La Gentaglia», «I Pezzenti», «I Ribelli», «I Miserabili», «I Malfattori», «Le Forche Repubblicane», «La Questione Sociale», «La Rivendicazione», «La Poveraglia», «Non Votate», «Il Ribelle», «La Propaganda», «La Libera Parola»), oltre a quello di Genuzio Bentini che si firma “Romagnolo”, compaiono quasi tutti i nomi dei socialisti-anarchici imolesi, da Ugo Lambertini a Giacomo Fertuzzi, da Innocenzo Ragazzini a Luigi Rafuzzi, da Francesco Cremonini ad Antonio Castellari. Numerose sono anche le riprese di articoli dei “maggiori” dell’anarchismo, quali Malatesta,  Merlino e Paolo Schicchi. Suo è l’editoriale “Anarchia!”, apparso su «La Plebaglia» del maggio 1890, nel quale è compreso il suo credo politico: “Risoluto a combattere, come meglio posso, la falsità e l’ingiustizia, il monopolio e il privilegio; mortalmente insofferente in questa società corrompentesi nella menzogna e nell’egoismo , non indietreggerò giammai dal mio sentiero, qualunque cosa avvenga, qualunque sventura mi colpisca”. A Bentini, invece, devono essere attribuiti gli enunciati comunisti-anarchici e rivoluzionari, che introducono, nel 1893, i 18 numeri de «La Propaganda». Naturalmente la sua attività pubblicistica non gli impedisce di partecipare all’intensa attività del movimento anarchico. Nel luglio 1890, approfittando della assenza sua e della compagna Palmira Golinelli, entrambi allontanatisi da Imola per sottrarsi alle ricerche della polizia, un “rappresentante del falso iddio” battezza proditoriamente il suo figlioletto di tre anni e in ottobre, con altri anarchici tra i quali Fertuzzi, Lambertini e Ferdinando Zappi, interrompe il consiglio comunale a guida socialista, per protestare contro la sua pretesa incapacità di affrontare il problema della disoccupazione bracciantile. Nel gennaio 1891, con Raffuzzi e Castellari, rappresenta gli anarchici imolesi al congresso Socialista Rivoluzionario di Capolago e in ottobre è nel Comitato delle Associazioni popolari creato dalle organizzazioni della sinistra per soccorrere le vittime del 1° Maggio romano. Il 27 aprile 1892, in previsione della manifestazione del 1° Maggio, la polizia organizza una vasta retata che colpisce numerosi anarchici imolesi. Anche M., grazie alla spiata di un prete, è arrestato dopo breve latitanza, e denunciato per associazione a delinquere ma è ancora assolto per insufficienza di prove. Nello stesso anno, su incarico degli anarchici italiani, compie una lunga trasferta a Marsiglia, Parigi, Londra, Bruxelles e Cannes per stabilire contatti con i compagni di quelle città e il 16 marzo successivo 1893 rientra a Imola, sempre sorvegliato dalla polizia. Ormai il movimento anarchico imolese, ripresosi dalle defezioni costiane e animato dal lavoro di compagni di grande valore, è profondamente radicato nella società e ne sono testimonianza i molti gruppi distribuiti quartiere per quartiere. Il 4 luglio 1894 numerosi anarchici imolesi, e tra questi anche M., vengono accusati di complicità con Paolo Lega nel fallito attentato contro Crispi, poiché il lughese, prima di recarsi a Roma, era passato per Imola, fraternamente accolto dai compagni del luogo. Arrestato al mercato di Lugo, nel pieno dell’agitazione contro le leggi eccezionali, e nuovamente scarcerato, subisce un ulteriore arresto il 20 ottobre, in compagnia, fra gli altri, di Cremonini, Fertuzzi ed Everardo Astorri. Anche Palmira Golinelli, mentre gli porta da mangiare in Rocca, verrà arrestata per oltraggio e condannata a trenta giorni di carcere. Il 5 dicembre viene assegnato a tre anni di domicilio coatto, e a fine marzo 1895 è tradotto a Pistoia, quindi al Monte Argentario, dove è accolto dai compagni di pena con il canto “Noi l’insulto abbiam raccolto / N’abbiam fatto una bandiera / Il vessillo per la schiera / Dei novelli malfattor!”. Trasferito a Napoli e quindi a Ponza, “nelle isole del mediterraneo, a raccogliere crostacei e conchiglie”, il 28 luglio risulta eletto, con una candidatura protesta, alle elezioni comunali di Imola, ma rifiuta coerentemente ogni collaborazione con il “comune socialardo”. Nuovamente Costa si dà da fare per l’antico compagno e, dopo essersi recato in visita all’isola, solleva più volte il suo caso in Parlamento con il collega Agnini, sollecitando l’amnistia riservata ai condannati in base alle leggi eccezionali. M., comunque, non fa nulla per compiacere gli sforzi dell’amico e, infatti, nell’agosto 1896 è ancora arrestato per aver intonato canti sovversivi. Trasferito a Pantelleria e finalmente prosciolto condizionatamente, il 5 novembre 1896 rientra a Imola. Fiero del suo sentirsi un “anarchico indipendente”,  inizia, con il ritorno, la “seconda” fase della sua vita, segnata dalle sempre più aspre polemiche con i dirigenti e gli amministratori socialisti, duramente accusati di degenerazione rispetto ai principi del socialismo, e dal progressivo affievolirsi dei rapporti organizzativi, anche se non personali, con gli esponenti del locale movimento anarchico. Il suo orgoglioso individualismo, comunque, gli permette di vivere con coerenza i trascorsi ideali internazionalisti, tanto da fargli rifiutare, prima, l’impiego nella calzoleria dell’ospedale amministrato dai socialisti, poi l’incarico di segretario dell’Associazione bracciantile.  Dall’agosto 1897 all’ottobre 1899 esce la seconda “serie” dei suoi numeri unici, nei quali gli argomenti di spicco, trattati principalmente dal M. stesso, sono pressoché tutti di carattere locale e scritti in fortissima polemica, talvolta forse anche eccessiva, con i “socialardi” de «Il Momento» («Imola...nostra», «Il Patatrac di Imola nostra», «La coda del Patatrac di Imola nostra», «Imola...nuova», «Imola vecchia», «La baraonda», «La resurrezione», «Imola ride!», «La Plebaglia»). Nel 1902 troviamo la sua firma, assieme a quelle di Giovanni Baroncini, Saturno Piccinini e Alessio Sarti, in un manifesto astensionista socialista anarchico, e nello stesso periodo inizia l’invio regolare di corrispondenze a «Il Grido della Folla». Dopo un’aspra polemica, dalle pagine de «La Tribuna libertaria», con i socialisti in occasione del loro congresso nazionale tenutosi a Imola nel settembre 1902, nel dicembre dello stesso anno ferisce con il trincetto da calzolaio il medico socialista Rosolino Cenni, da lui chiamato Musolino come il brigante calabrese, accusandolo di essere autoritario e violento con i suoi sottoposti. Dopo una breve latitanza, viene condannato a 14 giorni di carcere. Nel settembre 1904 durante lo sciopero generale contro gli ultimi eccidi proletari, interviene al comizio di protesta prendendo la parola dopo Anselmo Marabini e Alessio Sarti, e in ottobre sottoscrive un acceso manifesto antimilitarista, nel quale si incitano i soldati a non sparare sugli operai in sciopero. Processato per quel manifesto con altri 27 anarchici imolesi, rifiuta il patrocinio del “traditore” Bentini e riporta una condanna a 4 mesi e 300 lire di multa. Spesso interviene in contraddittorio durante le manifestazioni pubbliche socialiste: nel 1908, durante un comizio elettorale presieduto da Romeo Galli, si pronuncia per l’astensionismo attivo e in difesa delle vittime politiche e all’on. Antonio Graziadei rinfaccia che il suo socialismo potrebbe essere sottoscritto anche dal prete e dal poliziotto. Mentre continua l’attività pubblicistica («Alberghetti risorto» nel 1903, «Lo Zigo Zago di Imola nostra» nel 1904, «Germinal» e «Il Libertario» nel 1907, «Imola nostra» nel 1913 e nel 1920), collabora e diffonde anche i fogli nazionali, quali «La Protesta Umana» e «La Rivolta» e, nel 1913, il bolognese «L’Agitatore». Nel marzo 1911 si reca in Francia da cui rientra in aprile e nel luglio 1912 aderisce, come osservatore esterno, al convegno anarchico romagnolo di Rimini. L’anno successivo, nelle corrispondenze inviate a «Volontà» di Ancona, critica aspramente le degenerazioni burocratiche e “autoritarie” dei socialisti, accusando in particolare di malversazione il presidente della Cooperativa lavoranti in legno, Ferdinando Bassi. Naturalmente saranno querelati sia lui che il gestore di «Volontà», nonostante che la redazione del settimanale dichiari la propria estraneità. Il 7 settembre è presente al convegno, presieduto dal fratello Antonio, che vede radunati a Imola i superstiti della Prima Internazionale, e rivede con grande commozione il vecchio compagno Malatesta. Nel gennaio 1914 pubblica Memorie di un anarchico, felice opuscolo nel quale ricorda i lunghi trascorsi giudiziari, e in luglio l’acceso Dall’internazionalismo di Andrea Costa al Cortigianismo di Leonida Bissolati, nel quale ricostruisce, con accentuata e forse anche ingenerosa forza polemica, il passaggio dalla fase rivoluzionaria a quella istituzionale del Partito Socialista. Sempre presente alle iniziative anarchiche cittadine, turbato dai venti di guerra che soffiano sull’Europa, in marzo assiste alla conferenza di Maria Rygier per Augusto Masetti, quindi aderisce al Fascio Libertario Imolese e in agosto interviene contro la guerra nella sede del “Germinal” di Ancona ove si trova per il processo Bassi. Il 21 agosto, a Imola, alla presenza di Galli e Marabini che preferiscono non intervenire, polemizza con Alceste De Ambris, avendo subito individuato, nelle sue argomentazioni, il veleno del futuro interventismo sindacalista. Durante il periodo bellico è costantemente vigilato ma mantiene ancora i contatti con i vecchi compagni. Nel 1916, durante una visita a Castelbolognese al padre di Nello Garavini, ricorda come Andrea Costa e Genuzio Bentini gli avessero sempre conservato la loro profonda amicizia, nonostante lui non avesse mai mancato di stigmatizzarne il “tradimento” parlamentarista. L’incontro avviene durante una trasferta a piedi di M. da Imola ad Ancona: “ È la mia passeggiata preferita; ieri ero a Corticella da Luigi Fabbri, oggi stesso visiterò Serafino Mazzotti a Faenza - l’amico di Bakunin - farò poi una fermata a Forlì e sarò domani a Rimini nel forno del compagno Drei. Spero di rivedere Alceste Cipriani, il fratello di Amilcare; farò fermata a Senigallia per salutare i compagni; poi ad Ancona visiterò Felicioli e Cesare Agostinelli. Adesso vorrei vedere Raffaele Cavallazzi! ma vado io stesso in tipografia a visitarlo”. Anche nel dopoguerra, continua a sostenere la stampa anarchica e spesso il suo nome compare fra i sottoscrittori di «Umanità Nova». Il 25 settembre 1920 esce «Imola Nostra», l’ultima delle sue pubblicazioni, e nel 1921, dalle pagine de il «Sorgiamo!», apre una nuova polemica sulla gestione della Società Operaia di Mutuo Soccorso imolese, da lui sostenuta per oltre 40 anni, e ora accusata di lasciarsi morire ingloriosamente di inedia. Gli ultimi anni lo trovano ancora attento alla vita del movimento, come testimoniano gli abbonamenti a «Fede!» e a «Pensiero e Volontà». Costantemente vigilato dalla polizia, nel 1925, a 66 anni, le autorità ordinano l’ennesima perquisizione, alla ricerca di copie del Ganellone di Paolo Schicchi, introdotte in Italia clandestinamente. Paradossalmente, gli vengono trovate solo alcune lettere di Dino Grandi, già potente ministro fascista, il quale, quando ancora era repubblicano, si vantava di godere l’amicizia di una persona proba e integerrima come M. Muore nell’ospedale civile di Imola il 18 gennaio 1928. Dalle pagine parigine di «Lotta Umana» del 22 marzo, i compagni ricordano che “negli ultimi tempi, a causa dell’età e della malferma salute, viveva completamente in disparte da ogni movimento, tanto che da parecchi anni non avevamo più sue notizie. Ed il silenzio è stato rotto solo ora dalla triste notizia della morte”. 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio storico della FAI, Fondo Anarchici Imolesi.

Bibliografia: 
scritti di M.: A. Mancini, Memorie di un anarchico, Imola 1914; A. Mancini, Dall’Internazionalismo di Andrea Costa al Cortigianismo di Leonida Bissolati, Imola 1914.

Periodici: «La Plebaglia», 18 mag. 1890, «La Plebaglia», 8 giu. 1890, suppl. al 5 giu.; «La Canaglia», 29 giu. 1890, «La Ciurmaglia, 13 lug. 1890; «La Poveraglia», 27 lug. 1890; «La Marmaglia», 10 ago. 1890, «La Gentaglia», 24 ago. 1890; «I Pezzenti», 7 set. 1890; «I Ribelli», 21 set. 189; «I Miserabili», 5 ott. 1890; «I Malfattori», 18 ott. 1890; «Le Forche Repubblicane», 9 nov. 1890; «La Questione Sociale», 14 giu. 1891; «La Plebaglia», 13 dic. 1891; «La Rivendicazione, [11 numeri], dal 20 dic.1891 al 10 lug.1892; «La Plebaglia», 2 ott. 1892, «La Canaglia», 9 ott. 1892; «La Gentaglia», 16 ott. 1892; «La Poveraglia», 23 ott. 1892; «Non Votate», 30 ott. 1892; «La Marmaglia», 6 nov. 1892; «I Ribelli», 13 nov. 1892; «Il Ribelle», 23 apr. 1893; «La Propaganda», [18 numeri], dal 6 ago.1893 al 17 dic.1893; «La Libera Parola», 10 giu. 1894; «Imola ... Nostra», ago. 1897; «Il patatrac di Imola Nostra», ott. 1897; «La Coda del patatrac di Imola nostra», 28 nov.1897; «Iomla Carnuvél», 17 feb. 1898; «Imola ... Nuova», 4 set. 1898; «Imola Vecchia», 23 ott. 1898; «La Baraonda» 1 gen.1899; «La Risurrezione», 20 mag. 1899; «Imola ride! ...», 26 ago. 1899; «La Plebaglia», 4 ott. 1899; «La Tribuna Libertaria», 7 set. 1902; «Alberghetti risorto!», 25 ott. 1903; «Lo Zigo Zago di Imola Nostra», 17 lug. 1904; «Germinal», 23 giu. 1907; «Il Libertario», 11 ago. 1907; «Imola nostra», 12 gen. 1913; «Imola Nostra», 25 set. 1920. 

scritti su M.: Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano (Opera G.E. Modigliani), Bibliografia del socialismo e del movimento operaio italiano, vol. 1-2, Periodici, Roma-Torino 1956, ad indicem; N. Garavini, Memorie inedite, Castelbolognese, [1973]; N. Dell’Erba, Giornali e gruppi anarchici in Italia. 1892-1900, Milano 1983; R. Gaddoni, Note in margine ad alcuni numeri unici anarchici conservati nella Biblioteca Comunale di Imola, Estr. da «Studi Romagnoli», XXXVIII (1987); S. Sangiorgi, La primavera del giornalismo imolese - 1840-1900. Storia, fatti e vicende dal vivo, Imola 1999; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972; id., Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976.
 

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Francesco e Eva Berti

Bibliografia

2004

Iconografica

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