DAMIANI, Luigi

Tipologia Persona
Gigi (nome significativo)

Intestazione di autorità

Intestazione
DAMIANI, Luigi

Date di esistenza

Luogo di nascita
Canosa di Puglia
Data di nascita
18 maggio 1876
Luogo di morte
Roma
Data di morte
16 novembre 1953

Attività e/o professione

Qualifica
Pittore scenografo

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Roma il 18 maggio 1876 da Sabatino e Anna Passeri, pittore scenografo, detto “Gigi”. Orfano di madre, di una famiglia modesta e religiosissima con la quale si scontra per il suo rifiuto della religione, viene rinchiuso in una casa di correzione per minorenni a Napoli. Con alcuni compagni, organizza una ribellione e tenta di fuggire. Viene allora incarcerato. Torna poi a lavorare nella bottega del padre a Roma. Racconta, con parole molto delicate, come gli sia mancato l’amore della madre e come abbia trovato una famiglia nell’anarchia. Diventa anarchico seguendo le gesta di Ravachol sulla stampa borghese; già nel 1892 è un attivo propagandista. Assegnato a domicilio coatto il 16 settembre 1894, soggiorna a Porto Ercole, alle isole Tremiti, a Favignana e a Lipari. Torna a Roma l’8 settembre 1896 e collabora con «L’Avvenire sociale» di Messina.

Dopo le dimostrazioni per il 1° maggio 1897, viene incarcerato per un giorno nella stessa prigione di Romeo Frezzi. Il 19 agosto ottiene il passaporto e il 28 settembre parte alla volta del Brasile il 28 settembre 1897. All’interno dello Stato di San Paolo, va da una località all’altra, sicuramente per il suo mestiere di pittore scenografo. Grazie alla “Piccola posta” dei giornali anarchici, sappiamo che è a Itu nel novembre 1897, poi a Tietê e a Alto da Serra nel gennaio 1898. Il suo biografo, Ugo Fedeli, fa risalire erroneamente il suo arrivo in Brasile nel 1899, basandosi su un articolo firmato da D., apparso su «L’Avvenire sociale» di Messina nel 1898, e sulla testimonianza dello stesso D., che però riconosce di non avere la memoria delle date.

Il suo primo contributo alla stampa anarchica di lingua italiana in Brasile è una poesia (Ad una contessa, «La Birichina» 28 nov. 1897). Da allora, per 20 anni, collabora a tutti i numeri unici e periodici anarchici che appaiono a San Paolo, partecipando a tutte le fasi dell’evoluzione della stampa anarchica, in italiano e in portoghese. Il suo arrivo in Brasile avviene dopo una fase di forte repressione poliziesca e di espulsione degli anarchici italiani, come Felice Vezzani e Arturo Campagnoli. D. partecipa dunque al risveglio del movimento e alla creazione, insieme ad Alfredo Mari, di un nuovo periodico, «Il Risveglio» appunto, nel 1898. Ne diventa pure il direttore dopo la partenza di Mari. D. conosce le prigioni brasiliane nel 1900. È incarcerato per qualche mese con l’accusa di violenze sessuali, perché ha aiutato un suo compagno, José Sarmento, a rapire una ragazza che per amore voleva fuggire dalla famiglia. D. ricorda di essere stato in carcere nel luglio del 1900, al momento dell’attentato di Monza. Oltre alla stampa di San Paolo, collabora anche a «Il Diritto» di Curitiba, giornale del Paraná fondato nel 1899 da Egizio Cini.

D. lascia lo Stato di San Paolo per il Paraná dove vive tra il 1902 e il 1908, spostandosi da una località all’altra, da Curitiba a Porto União, Ponte Grande, Ponta Grossa. Durante la sua permanenza nel Paraná, scrive varie commedie, tradotte in portoghese, di cui si conoscono solo alcuni titoli: Rabbino, O milagre. Scrive per la stampa anarchica in portoghese nel periodico «O Despertar», del suo amico José Buzzetti, ma non perde minimamente di vista la stampa anarchica in italiano di San Paolo, e tutti i giornali che appaiono allora ricevono la sua collaborazione, in particolare «La Battaglia» di Oreste Ristori che pubblica, oltre alle sue corrispondenze dal Paraná, i venti episodi di un suo “romanzo sociale”, L’ultimo sciopero. Dopo il suo ritorno a San Paolo nel 1908, diventa un pilastro della stampa anarchica – concedendosi solo una vacanza di qualche mese in Italia nel 1913, insieme alla compagna Emma Menocchi-Ballerini, moglie separata di un ex commissario di Pubblica sicurezza – e lo resta per tutto il decennio che passa ancora in Brasile. Così, ogni volta che il direttore di un periodico, per motivi personali, finanziari, politici, viene a mancare, D. assume la responsabilità del giornale, nonostante i problemi di salute, gli impegni professionali e la stanchezza che ogni tanto lo prende davanti alla maldicenza o alla meschineria di certi compagni.

Nel 1911, sostituisce Ristori quando questi lascia «La Battaglia» e la propaganda anarchica, sostituisce Alessandro Cerchiai alla testa di «La Propaganda Libertaria» nel 1914 e Angelo Bandoni alla testa di «Guerra sociale» nel 1916. La produzione giornalistica brasiliana di D. è notevole, anche se è spesso sottovalutata, pure dal suo biografo, perché misconosciuta. Ed è di ottima qualità: nonostante l’abbondanza degli articoli pubblicati, D. non perde mai la qualità d’espressione e la chiarezza che lo caratterizzano e non si ripete, pur trattando spesso gli stessi temi. Usa molto volentieri la forma letteraria, teatrale o poetica, vedi il romanzo e le commedie già citati, un’altra commedia, La Repubblica, rappresentata nel 1912, e innumerevoli poesie, sempre a sfondo sociale. In alcuni suoi articoli, adopera lo stile della cronaca, come nel suo Viaggiando (La gente che s’incontra) («La Battaglia», 21 mar. 1908), rivelandosi un acuto osservatore della società brasiliana e in particolare della “colonia italiana”, vittima del suo umorismo e della sua ironia: D. si diverte spesso a fare il ritratto, sia psicologico che linguistico, degli emigrati italiani di San Paolo, imitandone la parlata, miscuglio di portoghese e di dialetto, spesso dell’Italia meridionale.

I testi di D. rivelano molta sensibilità e anche buon senso e da essi emana, nonostante l’ironia, la virulenza e la critica acerba, malgrado i periodi di scoraggiamento, un sentimento di profondo innamoramento per la vita, il mondo, per l’uomo e per la libertà. Benché avrebbe rifiutato questa etichetta, D. è anche il teorico dell’anarchismo in Brasile, ma non si accontenta di scrivere lunghi articoli su cosa sia l’anarchismo o come s’intende l’organizzazione in senso anarchico: D. partecipa di persona a tutte le iniziative sociali che nascono e accompagna il proletariato di San Paolo – che pure ancora qualche mese prima rimproverava per la sua apatia – nel suo momento di gloria: lo sciopero generale del luglio 1917. Le rappresaglie della polizia dopo il movimento, che ha raggiunto dimensioni insurrezionali, sono violentissime. Al contrario di tanti altri, D. riesce ad evitare lo scontro con la polizia, la carcerazione e l’espulsione.

Quando nel 1919, dopo più di un anno di silenzio, rinasce la stampa anarchica di San Paolo, siamo a una svolta. Lo capisce bene D. che incoraggia ora gli anarchici italiani a sostenere la stampa anarchica in portoghese: la stampa in italiano si rivolge ormai a una comunità immigrata, sistemata da tempo, che non costituisce più una riserva potenziale di pubblico per la propaganda in italiano, la quale del resto non sa più che “cantare a sé stessa la ninna-nanna dell’avvenire immancabile, roseo e profumato”. D. diventa dunque, per gli ultimi mesi della sua permanenza in Brasile, un collaboratore di «A Plebe», il periodico anarchico fondato da Edgard Leuenroth. Mentre avvengono nuovi movimenti sociali nell’ottobre del 1919, ancor più rapidamente e violentemente repressi rispetto al 1917, D. mette in scena la propria espulsione: ha annunciato da tempo il suo desiderio di tornare in Italia, – ha chiesto il nullaosta per il passaporto, che gli è stato rifiutato, e cambiato i suoi risparmi in moneta italiana – ma aspetta che “l’arbitrio sia consumato”. Infatti, viene arrestato il 22 ottobre ed espulso, in modo del tutto illegale e clandestino, sul Principessa Mafalda che si trova nella rada di Rio de Janeiro. Giunto a Genova, viene subito messo in prigione e ne esce dopo 20 giorni, grazie all’azione di Pasquale Binazzi, direttore de «Il Libertario» di La Spezia.

Nel novembre 1919 Damiani è a Roma, presso una zia e a Lucca all’inizio del 1920. Si dichiara “ben contento di ritornare” dato che la situazione gli sembra “piena di promesse”. Inizia immediatamente le sue collaborazioni con i periodici anarchici italiani: «Il Libertario», che già pubblicava notizie dal Brasile prima dell’espulsione di D., «Guerra di classe» e «Umanità nova», che nasce proprio in quel momento, pubblicano articoli di D., in particolare sulla situazione degli emigrati in Brasile, articoli poi raccolti nell’opuscolo I paesi nei quali non bisogna emigrare. La questione sociale al Brasile (Milano 1920). D. è allora il vero giornalista di «Umanità nova» il quotidiano diretto da Malatesta, appena tornato dall’esilio, e vi esprime l’anima antiorganizzatrice del movimento accanto a quella egemone di Malatesta. Dall’ottobre del 1920, quando tutti gli altri redattori del periodico anarchico vengono arrestati, D. dalla clandestinità garantisce la pubblicazione regolare del foglio, cosa che contribuisce non poco alla resitenza del movimento alla repressione antianarchica decisa da Giolitti. Questo suo ruolo si accentua dopo l’attentato del marzo 1921 che provoca una strage al teatro Diana, genera scompiglio tra le fila anarchiche e “permette ai fascisti di distruggere il giornale. In mancanza di «Umanità nova», pubblica qualche articolo su «Il Libertario», ma riprende a pubblicare il giornale a Roma nel luglio del 1921.

«Umanità nova» rimane in vita fino al 28 ottobre 1922, quando anche la tipografia romana viene distrutta dai fascisti. Questo periodo è ricco per D. anche a livello personale: interrompe le relazioni che ha mantenuto, almeno fino al gennaio 1920, con la compagna che dal Brasile l’aveva raggiunto e sposa il 7 agosto 1922 la ventenne Lidua Meloni. Pubblica il romanzo Il didietro del re. Memorie di un mancato regicida raccolte e tradotte da Simplicio (Roma 1921), “un libro che si legge tutto d’un fiato”, dove “schioppettano l’ironia e l’arguzia dello scrittore”. Dopo l’ottobre 1922, D. passa qualche mese a Palermo dove riprende la sua professione di pittore decoratore e dove nasce, nel luglio 1923, la figlia Valeria. Torna a Roma in settembre e fonda il periodico «Fede! settimanale anarchico di cultura e di difesa» che esce fino all’ottobre 1926. Il periodico raggiunge presto le 13.000 copie. In questo periodo romano escono anche l’opuscolo Il problema della libertà (Roma 1924) e la raccolta di poesie Voci dell’ora. Riflessioni (Roma 1924), che non hanno certo più la leggerezza del romanzo del 1921, e altre due testate, «Vita» “mensile di politica ed arte” e «Parole nostre» “foglio mensile di spicciola propaganda libertaria”, fondate da D. nel 1925.

Nel settembre del 1926, D. riesce a sfuggire all’ondata di arresti che segue l’attentato di Gino Lucetti contro Mussolini. Quando torna al suo domicilio, il 25 settembre, è “accompagnato in Questura, perquisito e trattenuto fino al giorno seguente”. Parte il 13 ottobre per Genova e Milano e passa clandestinamente in Francia; nel novembre è a Marsiglia. Passa per Parigi all’inizio del 1927 e dà articoli al periodico «Veglia» diretto da Virgilia D’Andrea. Sempre all’inizio del 1927, D. diffonde clandestinamente in Italia il «Non molliamo», stampato a Marsiglia. I tre numeri di questo giornaletto, pubblicati con i fondi residui del settimanale «Fede!» a nome di un Comitato Anarchico per l’azione antifascista, sono dedicati al comportamento da adottare nella lotta contro il fascismo.

Le stesse edizioni del «Non molliamo» pubblicano l’opuscolo Il re fascista che confuta il preteso antifascismo del re Vittorio Emanuele III. Sempre alla lotta contro il fascismo sono dedicate le due commedie scritte da Damiani nel 1927, La palla e il galeotto (Roma, ma in realtà Francia), che mette in scena, per ridicolizzarlo, un dittatore, e La Bottega. Scene della ricostruzione fascista (Detroit), rappresentata a Marsiglia il 26 marzo 1927. Lo stesso anno D. pubblica il dialogo che immagina tra Cristo e Bonnot (Chicago) e, in una traduzione di Emile Armand, Histoire du soldat inconnu (Orléans), il racconto di una riunione di soldati fantasmi sull’altare della patria, davanti alla statua di Vittorio Emanuele ii. La casa di D. è frequentata da compagni e compagne anarchici (e da alcuni informatori della polizia) che accolgono a maggio la nascita del secondo figlio Andrea. In settembre, D. passa per Nizza e Antibes. Il 30 dello stesso mese, viene espulso dalla Francia e accompagnato al confine belga. La sua presenza è allora regolarmente segnalata a Bruxelles, in particolare quando, all’inizio del 1928, sarebbe stato gravemente malato, “quasi all’agonia”. Nel settembre del 1928, viene arrestato a Liegi per tentato assassinio, in seguito alle dichiarazioni di un certo Senofonte Cestari, e rilasciato a dicembre.

All’inizio del 1929, passa per il Lussemburgo prima di tornare clandestinamente in Francia. Vive ospite di vari compagni, in particolare di Damonti vicino ad Amiens, prima di raggiungere la famiglia a Puteaux, nella periferia di Parigi. Lavora alla pubblicazione della seconda serie di «Fede !» il cui primo numero esce il 1° maggio 1929. In questo periodo escono anche tre opuscoli pubblicati da «L’Adunata dei Refrattari» di Newark, due commedie, Fecondità e Viva Rambolot e un testo filosofico sulla criminalità, scritto durante la sua incarcerazione nella prigione di Liegi nel 1928, Del delitto e delle pene nella società di domani (1930). Nel marzo del 1930, viene di nuovo arrestato, per infrazione al decreto d’espulsione, e incarcerato per 20 giorni. Torna in Belgio dove però non è autorizzato a restare. Segue un periodo nel quale è difficile seguire i suoi movimenti, dato il suo stato di clandestino e le voci che fanno correre gli anarchici, diligentemente trasmesse dagli informatori. Come avverte uno di questi informatori, “bisogna tenere presente che il D. si serve della scusa di guardare il letto per allontanarsi dalla propria residenza, quindi gli informatori possono essere giocati”. È comunque costretto a spostarsi in continuazione e, sommerso dalle difficoltà, pensa pure di riattraversare l’oceano. In estate si sarebbe di nuovo ritrovato in fin di vita e sarebbe stato operato a Amburgo. Avrebbe passato qualche tempo in quella città trovando da “lavorare facendo traduzioni” e avrebbe poi avuto intenzione di stabilirsi lì perché “le autorità non gli fanno nessuna difficoltà”.

Fine aprile o inizio maggio 1931 passa in Spagna, presto raggiunto a Barcellona dalla moglie e dai figli. La situazione in Spagna, dopo la proclamazione della repubblica, sembra anche a lui favorevole e promettente. Progetta di organizzare la fuga di Malatesta dall’Italia ma, il progetto va in fumo per una sibillina diffida fatta pubblicare dall’allora segretario della CNT ángel Pestaña. La situazione non mantiene le promesse: già da settembre, “le cose vanno di male in peggio; sono cominciate le espulsioni, continua miseranda la vita dei superstiti rifugiati italiani”. Così alla fine del 1931, D. si rimette in viaggio e attraversa il Mediterraneo con la famiglia. Fanno una tappa a Orano, in Algeria, dove lavorano “il tanto bastante per proseguire il viaggio”. Si stabiliscono poi a Tunisi dove D. lavora dipingendo cuscini.

Dopo la morte di Galleani (nov. 1931) e quella di Malatesta (lug. 1932) i servizi di Mussolini lo considerano il nuovo capo dell’anarchismo italiano, così sul suo conto continuano a correre voci sempre più fantasiose. L’informatore in Belgio continua a incontrare D. in caffè e ristoranti, altri ritengono che sia a Zurigo, in Olanda, in Cecoslovacchia, a Palma de Maiorca, Valenza, Rotterdam, Bruxelles, Alicante, Amsterdam, Ginevra, Parigi. Solo la morte della moglie, avvenuta a Tunisi il 1° dicembre 1932 e annunciata nella stampa anarchica, fa smettere quelle voci. D. s’inserisce presto nella vita politica tunisina e frequenta i compagni anarchici, in particolare Niccolò Converti, del quale, nel 1940, pubblicherà una biografia: Attorno ad una vita (Newark). Al periodo tunisino risalgono anche altri tre opuscoli: I ceti medi e l’anarchismo (Tunisi 1937), Carlo Marx e Bacunin in Spagna (Newark 1939) e Razzismo e anarchismo (Newark 1939). Non conosce lunga vita il periodico al quale partecipa D. nell’agosto e settembre 1935: «Domani». D. continua però le collaborazioni con i periodici anarchici di lingua italiana, in particolare con «L’Adunata dei refrattari» e «Il Risveglio» di Ginevra, che lo aiutano a far fronte alla sitazione finanziaria sempre difficile, tanto più che D. è senza documenti e trova difficoltà a trovare una occupazione regolare.

Fin dal 1944, intraprende le pratiche per il suo ritorno in Italia chiedendo anche l’aiuto e il sostegno di vari compagni. Gli pesano la difficoltà di comunicare con gli amici in Italia e la mancanza di informazioni sulla situazione. Le autorità francesi finiscono per concedergli un lasciapassare ma ancora nel luglio del 1945, il veto inglese non è levato. Riesce a tornare in Italia solo nel febbraio del 1946. Il numero di opuscoli pubblicati quell’anno testimoniano dell’accoglienza che gli è riservata. Alcuni anarchici piemontesi pubblicano la raccolta di versi, Rampogne. Versi di un ribelle, (Torino 1946) dedicata agli esuli antifascisti. Altri ripubblicano il testo del 1924, Il problema della libertà (s.l. [1946)], che ben mostra la chiaroveggenza di D. sulla situazione durante il primo fascimo e la pertinenza della sua analisi sulla mancata rivoluzione. Anche «L’Adunata dei refrattari» saluta il ritorno di D. in Italia e pubblica l’opuscolo Stato e comune (1946), nel quale fissa le sue riflessioni sulla ricostruzione dello Stato borghese dopo la guerra e il fascismo, e Sgraffi (1946), una raccolta di versi dedicati alla sua compagna, nella vita e nell’esilio, che “riposa in terra d’Africa”. Soprattutto la FAI gli affida la direzione della rinata «Umanità nova» con l’ambizioso compito di riportarla quotidiana, obiettivo che sarà impossibile, non solo a D.. Questi, tramite il giornale pubblica altri tre opuscoli: Discorsi nella notte (1947), Le ragioni di una antitesi tra comunisti ed anarchici (suppl. al n. 34, 1948), L’utopia anarchica e la realtà anarchica (suppl. al n. 50, 1948).

Alla redazione di «Umanità nova», accoglie Giuseppe Mariani dopo la sua liberazione dall’ergastolo per l’attentato al teatro Diana del 1921. Scrive la prefazione al libro di Mariani: Memorie di un ex-terrorista (Torino, 1953). La salute cattiva e il glaucoma, per il quale è già stato operato in Tunisia e che gli fa perdere irremediabilmente la vista, lo obbligano a rallentare le sue attività, tanto che ad affiancarlo nel lavoro di «Umanità nova» viene chiamato U. Consiglio, e poi anche A. Borghi al suo ritorno dagli usa. D. pubblica ancora, anche se alla fine non può più scrivere ed è costretto a dettare, Diabolica carmina. Poesie paganeggianti e anticlericali (Roma 1949), Dio millenaria inquietudine (Torino 1953), La mia bella anarchia (Cesena 1953). Si rifiuta, anche se insistentemente pregato, in particolare da Ugo Fedeli, a scrivere le sue memorie e spiega che per lui le memorie hanno valore “non per quello che raccontano, ma per quello che succede loro di ricapitolare come travaglio di pensiero”. Dopo un’ultima operazione, passa qualche tempo a Carrara e torna a Roma, vicino ai suoi figli, poco tempo prima di morire al Policlinico, il 16 novembre 1953. (I. Felici)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Pubblica sicurezza, polizia politica ad nomen; Arquivo Nacional Rio de Janeiro,IJJ7 f. Sarmento-Damiani, 1917; E. Malatesta, Scritti scelti (a cura di G. Berneri e C. Zaccaria), Napoli, 1954; «Volontà», 1° luglio 1955.

Bibliografia: Scritti di D.: Saggio su di una concezione filosofica dell’anarchismo, «L’Adunata dei refrattari», apr.-set. 1941, poi Pistoia, 19912, Viaggiando (La gente che s’incontra) da «La Battaglia» di San Paolo, 21 mar. 1908, con presentazione e note di I. Felici, Gli italiani all’estero, n. 4, documenti raccolti da J. C. Vegliante, circe, Université de la Sorbonne Nouvelle-Paris iii, 1996. Scritti su D.: U. Fedeli, Gigi Damiani. Note biografiche. Il suo posto nell’anarchismo, Cesena 1954.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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Note

Paternità e maternità: Sabatino e Anna Passeri

Bibliografia

2003

Persona

Collezione

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