​GORI, Pietro Ernesto Antonio Giuseppe Cesare Augusto

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​GORI, Pietro Ernesto Antonio Giuseppe Cesare Augusto

Date di esistenza

Luogo di nascita
Messina
Data di nascita
14/08/1865
Luogo di morte
Portoferraio
Data di morte
08/01/1911

Attività e/o professione

Qualifica
Avvocato

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Messina il 14 agosto 1865 da Francesco e Giulia Lusoni, avvocato, scrittore, poeta. La famiglia è originaria dell’Isola d’Elba, il padre è ufficiale di stato maggiore dell’esercito regio con alle spalle un’esperienza nelle guerre risorgimentali, la madre è originaria di Rosignano Marittimo, mentre il nonno è stato ufficiale della Vecchia Guardia di Napoleone I. A Rosignano Marittimo, dove la famiglia si stabilisce nel 1878, Pietro viene avviato agli studi umanistici presso Ginnasio comunale e poi il Liceo classico Niccolini di Livorno.

Allo stato attuale degli studi poco si sa delle sue passioni e dei suoi interessi in questo periodo: alcune fonti riferiscono di una sua adesione ad una “Associazione Monarchica” dalla quale viene espulso, secondo le autorità di polizia, per imprecisate “indelicatezze”. Arriva a Pisa alla metà degli anni Ottanta e s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. Come segretario dell’Associazione Studentesca organizza, nel 1888, una commemorazione di Giordano Bruno. In questa fase la polizia gli attribuisce simpatie socialiste e stretti rapporti con i repubblicani. Si laurea nel luglio 1889, discutendo con David Supino una tesi di sociologia criminale dal titolo La miseria e il delitto.

È proprio durante il soggiorno pisano che G. matura quelle scelte e quelle esperienze che faranno della sua la voce più ascoltata del socialismo anarchico nell’intera regione. Molti anni dopo V.S. Mazzoni, amico di G. e compagno di fede scriverà: “la di lui evoluzione verso le dottrine libertarie incominciò dopo la frequenza alle conferenze di Livorno ed alle veglie goliardiche del Caffè dell’Ussero a Pisa ove gli studenti chiassosi si frammischiavano volentieri agli operai studiosi e a non pochi vecchi militi dell’Internazionale: fra i quali Oreste Falleri, Enrico Garinei, Raffaello Parenti, Teodoro Baroni e altri molti” (Pensieri e ricordi ed opere di P. Gori, Pisa 1922, pp. 12-13). Conferenziere facondo, animatore e coordinatore dei gruppi anarchici locali, polemista vivace, la sua voce trova espressione e risonanza, oltre che in raccolte di versi, in pamphlet e opuscoli di argomento politico e sociale, che incontrano una diffusione certo non comune per l’epoca e la zona. Il primo di tali libelli, dato alle stampe nel maggio del 1889, col titolo di Pensieri ribelli, stampato dalla tipografia il “Folchetto”, e che a Pisa avrà altre due edizioni nel 1910 e nel 1920, riscuote un buon successo grazie anche all’inaspettata pubblicità procuratagli dal sequestro, ordinato dalle autorità il 12 maggio 1889, e dal successivo processo – il primo della lunga serie subita da G. – cui è sottoposto l’autore per alcune affermazioni contenute nell’opuscolo.

Il processo si apre il 20 novembre 1889: nel collegio di difesa compaiono molti compagni di studi universitari di G., ma il nome di maggior spicco è quello del deputato radicale e futuro esponente socialista Enrico Ferri. Per l’accusa il carattere “sovversivo” dell’opuscolo è evidente nella presenza di “concetti ed espressioni offensive le inviolabilità del diritto di proprietà, provocanti l’odio tra le varie classi sociali, attaccanti l’ordinamento delle famiglie e la religione di stato” ma, nel corso dell’udienza, mentre un folto pubblico parteggia per l’imputato, i magistrati inquisitori non riescono a sostanziare i reati contestati a G., che viene assolto. Il pamphlet illustra i principi del comunismo anarchico che G. ha il merito di esporre con semplicità ed efficacia. Dopo aver sostenuto l’origine ingiusta della proprietà privata – frutto del furto quotidiano del lavoro degli operai, autorizzato dalle leggi a vantaggio di pochi sfruttatori – e aver denunciato l’oppressione dominante nell’“attuale società” – consentita da istituzioni come l’autorità, la patria, la famiglia, G. auspica una “società nuova” basata sulla proprietà comune, sul lavoro “liberato” e sul noto principio “da ciascuno secondo le proprie forze, a ciascuno secondo i propri bisogni”. Coniugando l’aspirazione libertaria a una formazione culturale positivistica G., non senza un’ombra di millenarismo, conclude annunciando “l’alba radiosa” in cui “cadranno le mostruose decrepite istituzioni del presente, e l’organismo della grande famiglia umana rifiorirà spontaneamente secondo le leggi immutabili della natura”.

A Livorno, probabilmente in uno dei cenacoli frequentati da artisti e letterati (tra i quali Mascagni, Pascoli, Marradi, Sabatino Lopez e, talvolta, Carducci) G. conosce Carlo Della Giacoma, direttore della banda del 38° fanteria, a cui affida nel 1889 un manoscritto, Elba, scene liriche in tre atti, per comporne la partitura musicale. E sarà proprio la banda militare a eseguire, l’anno seguente in piazza, il primo atto della nuova opera. Curiosa contraddizione perché proprio il 1° maggio 1890 una manifestazione di lavoratori, con corredo finale di scontri tra “la folla varia di operai, di marinai, di studenti” e “gli assoldati di polizia”, porta Gori con altri 27 studenti e operai in tribunale, accusato di “ribellione ed eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali” nonché indicato come organizzatore dello sciopero preparato per “la prima pasqua del lavoro”. Arrestato il 13 maggio, è processato e condannato a un anno di reclusione, condanna che in appello sarà ridotta a sei mesi. Rinchiuso nel carcere di Livorno poi in quello di Lucca ed è liberato il 10 novembre.

Appena in tempo per raggiungere Milano e il Canton Ticino e partecipare, il 4, 5 e 6 gennaio 1891, all’Osteria dell’Ancora di Capolago, insieme con altri noti esponenti dell’anarchismo italiano, Malatesta, Galleani, Merlino e Cipriani, al congresso di costituzione del Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario. Dopo Capolago, G. si stabilisce a Milano, dove, prima di aprirne uno proprio, lavora nello studio di Filippo Turati. Il suo obiettivo è – secondo la Questura – quello di “organizzare a Milano il Partito Anarchico sfasciato dai processi del 1889 e 1890”. Obiettivo che G. raggiunge, sempre a parere della polizia, infiltrandosi “in varie associazioni, nella classe operaia, nelle conferenze, nelle dimostrazioni e manifestazioni pubbliche, prendendo un po’ in ogni dove la parola”, diventando “l’anima del Partito anarchico milanese”. Grazie al suo frenetico attivismo e alle sue doti di propagandista il movimento libertario riprende rapidamente consistenza. L’ascendente di G. sia su militanti maturi, come Fantuzzi e Panizza, passati attraverso l’esperienza del Partito Operaio Italiano, sia su giovani operai (Baracchi, Cafassi, Capelli, Chignola, Cipolla, Faccà, Fraschini, Frigerio, Gerosa, Gervasini, Redaelli ecc., nonché Sante Caserio) è comunemente visto come la causa del rilancio dell’anarchismo milanese (“riorganizzò lo sbandato partito anarchico, ne rianimò gli affiliati, incitò i correligionari con la parola e con gli scritti violenti”).

Nell’agosto 1891, in qualità di rappresentante della Federazione cappellai del lago Maggiore, partecipa, sempre a Milano, al Congresso Operaio Italiano che vede la nascita del Partito dei Lavoratori Italiani e attorno a lui si coagula la minoranza anarchica che tenta, con scarso successo, di contrastare la linea di Turati. Nel dicembre dello stesso anno dà vita al periodico «L’Amico del popolo», un piccolo foglio che i continui sequestri portano alla chiusura dopo appena sei numeri. “L’Amico del popolo cade, non vinto, ravvolto nelle pieghe della propria bandiera” ([P. Gori], Al popolo, «L’Amico del popolo», 23 gen. 1892). Al periodico seguirà una serie di numeri unici – dei ventisette menzionati da Sandro Foresi (La vita e l’opera di Pietro Gori nei ricordi di Sandro Foresi, Milano 1949, p. 9) ne abbiamo rintracciati solo cinque – uno dei quali successivo alla partenza di G. per Lugano. Sempre nel ’91 G. collabora anche al «Sempre avanti!…» di Livorno, a «Il Grido dell’operaio» di La Spezia e a «La Plebe» di Firenze.

Parallelamente alla sua attività di agitatore coltiva la passione per lo studio traducendo, nel 1891, per la Biblioteca popolare socialista di Flaminio Fantuzzi Il Manifesto del partito comunista di K. Marx e F. Engels. Nella stessa collana, e nello stesso anno, pubblica i primi due volumetti di Prigioni e battaglie, in cui raccoglie i suoi versi e nei quali già si delinea l’immagine del “buono e forte cavalier” dell’Ideale nel contrasto tra il “bel sogno luminoso” e “la orrenda spira/d’un fato inesorabile e crudel”. Le ripetute denunce e la sua reale o presunta influenza in tutte le manifestazioni potenzialmente “sovversive” fanno sì che in una nota riservata del Ministero degli Interni a tutti i prefetti del Regno (22 nov. 1891) venga sottoposto a “speciale sorveglianza” per il suo carattere “audace” e per il suo “ingegno svegliato”. Nell’aprile 1892, nella sede del Consolato operaio di Milano, G. tiene una conferenza dal titolo Socialismo legalitario e socialismo anarchico, nella quale chiarisce le posizioni critiche dell’anarchismo nei confronti del socialismo cosiddetto “autoritario”, nel tentativo, ormai senza speranza, di contenere i progressi dei “legalitari” in vista del congresso nazionale delle organizzazioni operaie e socialiste. Durante il congresso, svoltosi a Genova il 14 agosto, difende, insieme con Luigi Galleani, le posizioni intransigenti della “corrente anti-parlamentare” contro la linea di quelli che definisce “socialisti democratici”, che, abbandonata la Sala Sivori e riunitisi separatamente, “sotto i pergolati della Società Carabinieri Italiana”, danno vita al Partito dei Lavoratori Italiani poi PSI.

Negli anni tra il 1892 e il 1894 l’attività si G. si manifesta su diversi fronti: poeta, avvocato, propagandista. Pubblica il poemetto Alla conquista dell’Avvenire (1892) e il 3° volume di Prigioni e battaglie. Patrocina in più occasioni diversi compagni milanesi, tra cui Caserio, e partecipa, in qualità di difensore, a processi come quello di Viterbo a Paolo Schicchi (mag. 1893), di Chieti a Camillo di Sciullo (apr. 1894), di Genova a Galleani e altri (mag.-giu. 1894), non perdendo occasione di “processare” a sua volta la società borghese e “liberticida” e offrendo un modello di arringa politica che sarà usato a scopi di propaganda con la pubblicazione delle sue più note “difese”. Continua nel frattempo la sua incessante attività di conferenziere, sia nel capoluogo lombardo (affrontando anche temi come la disoccupazione e la condizione femminile) sia in altre località italiane. Il 1° maggio 1893 è nel “gran quadro verde della campagna di Pisa”. Il 5 giugno seguente tiene ad Ancona una conferenza dal titolo Obbiezioni all’anarchia dichiarando che il vero socialismo non può che corrispondere al comunismo anarchico. Nell’agosto partecipa al congresso dell’Internazionale socialista a Zurigo e ne è espulso insieme con Amilcare Cipriani.

Agli inizi del 1894 fonda la rivista «Lotta sociale», subito sequestrata, nel cui primo numero inizia la pubblicazione della Sociologia criminale. L’8 luglio, anticipando di pochi giorni l’approvazione da parte del Parlamento delle leggi eccezionali volute da Crispi, G. parte per Lugano con la sorella Bice, sfuggendo così alla campagna diffamatoria di alcuni quotidiani milanesi («La Lombardia», «La Sera»), volta a ricollegare il suo nome all’atto di Caserio, e sottraendosi a una sicura condanna (gli saranno, infatti, comminati cinque anni di domicilio coatto). A Lugano G., espulso preventivamente dalla Francia per timore che intendesse assumere la difesa di Caserio, diventa ben presto il polo d’attrazione degli esuli anarchici. Secondo la polizia ticinese: “entrano a casa Gori in media da 20 a 30 persone al giorno. […] Ogni giorno arrivano nuovi compagni”. Anche sotto l’aspetto pubblico la presenza di G. diventa sempre più inquietante: mette in scena al teatro Rossini il suo atto unico Ideale, assume la difesa di alcuni anarchici italiani, rilascia interviste ed invia corrispondenze alla stampa. Agli attacchi dei giornali francesi e della stampa conservatrice ticinese nei confronti di colui a cui si addebita il “traviamento” di Caserio si aggiungono le pressioni delle autorità italiane, il misterioso attentato subito da G. nel settembre, il continuo andirivieni di anarchici tra l’Italia e il Canton Ticino.

Tanto basta per indurre le autorità federali decretare l’espulsione di un primo gruppo di 18 indesiderabili, cui seguirà un secondo. G. alla fine di gennaio, con altri diciassette italiani, tra cui Milano, Baracchi, Redaelli, i due Bonometti, Borghesani e l’immancabile spia Domanico, viene prima arrestato (mentre è in carcere compone Il canto degli anarchici espulsi, meglio nota come Addio a Lugano) e, dopo breve detenzione, accompagnato alla frontiera con la Germania. Dalla Germania, passando per Bruxelles, dove conosce Elisée Reclus, e per Amsterdam, dove si lega in amicizia con Domela Nieuwenhuis, approda ai più sicuri lidi inglesi. A Londra, come narrerà nell’articolo Tra fucinatori di bombe, apparso ne «L’Avvenire sociale» del 5 giugno 1902, entra in relazione con i principali esponenti dell’anarchismo internazionale, da Kropotkin a Louise Michel, da Charles Malato a Sebastien Faure, oltre naturalmente al solito E. Malatesta, e collabora a «The Torch», pubblicando – nel marzo 1895 – un lungo pezzo su Sante Caserio, nel quale spiega come “il grande amore che Caserio sentiva per l’umanità oppressa, si convertì in odio contro i tiranni della terra”.

Il 18 marzo celebra l’anniversario della Comune a Milton Hall, impressionando per il suo talento oratorio Georges Clemenceau, e 1° maggio parla, a fianco di Kropotkin, Malatesta, Louise Michel, alla “imponente massa di popolo” radunata in Hyde Park. Dopo un imbarco come marinaio su di un piroscafo nei mari del Nord, nel luglio si dirige alla volta degli Stati Uniti, dove inizia un lungo viaggio di propaganda, durato circa un anno, viaggiando dall’Atlantico al Pacifico, tenendo centinaia di conferenze e cantando anche le proprie canzoni, accompagnandosi con la chitarra. A Paterson contribuisce alla nascita del periodico «La Questione sociale». L’11 novembre 1895 G. commemora a Chicago i “cinque martiri”, alla fine di gennaio 1896 è a S. Francisco, dove tiene la notissima conferenza Il vostro ordine e il nostro disordine. Nel marzo (a Barre, Vt) pubblica il bozzetto sociale in un atto Primo Maggio e lo rappresenta per la prima volta a Paterson, improvvisandosi anche attore. Da quel momento il bozzetto si diffonde in Italia e nei gruppi anarchici sparsi lungo le rotte dell’emigrazione, diventando uno dei testi più rappresentati del teatro sociale, mentre l’Inno cantato sull’aria del coro del Nabucco accompagna per trent’anni le manifestazioni operaie, a gara con l’Inno dei lavoratori di Turati.

Alla fine di luglio è nuovamente a Londra, per partecipare al Terzo Congresso dell’Internazionale operaia e socialista (27 lug.-1° ago.) su mandato di alcuni sindacati italiani del Nord America. Dopo l’esclusione degli anarchici rappresentanti gruppi politici, G. rimane con i pochi delegati di associazioni sindacali, Francesco Cini, Malatesta e Fernand Pelloutier, il quale rappresenta la Federazione delle cdl italiane, e con loro firma un documento di protesta “contro il tentativo di monopolizzazione del movimento operaio internazionale da parte dei socialdemocratici”. Subito dopo il Congresso Internazionale è colpito da una grave malattia ed è ricoverato al National Hospital di Londra, dove è assistito da Louise Michel, di cui ricorderà più tardi “gli occhi grigi pieni d’infinita dolcezza anche tra i lampi dello sdegno umano”.

L’interessamento dei compagni e dei parlamentari Bovio e Imbriani, che fanno pressione sulle autorità, permettono a G. di ritornare in Italia con l’obbligo però di risiedere all’isola d’Elba. Nel dicembre del 1896, trasferitosi a Rosignano Marittimo presso la famiglia, riprende i contatti con il movimento anarchico, che, dopo la caduta di Crispi e il ritorno di Malatesta in Italia, sta riorganizzandosi su base nazionale. Tornato a Milano, alla fine di aprile 1897, in libertà condizionale per adempiere a quella che ritiene la missione degli anarchici, “sentinelle perdute di questo esercito infinito di tutte le speranze e di tutte le angosce” (All’opera, «L’Agitazione», 4 giu. 1897), da un lato invita ad una campagna unitaria con i partiti popolari per la difesa del “diritto costituzionale” (Per la libertà, ivi, 16 lug. 1897), dall’altro ribadisce il ruolo dei socialisti libertari “nel folto della contesa fra capitale e lavoro, anche sul-la base delle organizzazioni per arti e mestieri” (Postilla alla polemica, ivi, 4 nov. 1897).

A Pisa nel dicembre partecipa alle manifestazioni anti-clericali in onore a Giordano Bruno, parlando al comizio finale al velodromo Stampace accanto ad Andrea Costa. Nel 1898 in occasione dell’inaugurazione del monumento commemorativo delle Cinque giornate a Milano tiene un acclamato discorso che sarà poi assunto come uno dei capi di accusa durante il processo in contumacia in-tentatogli davanti alla Corte marziale dopo i moti del “caropane” di Milano del maggio 1898. Il 5 febbraio 1898 difende gli operai e i contadini di Campiglia Marittima che hanno partecipato alle agitazioni popolari d’inizio d’anno e sempre nel medesimo anno di fronte alla Corte d’assise di Casale patrocina con successo gli operai protagonisti delle rivolte di Carrara. Principale protagonista della campagna per la libertà d’associazione e contro l’articolo 248, che vede l’adesione anche di molte sezioni delle Trades Unions britanniche, dell’Indipendent Labour Party, della Socialist Democratic Federation e del London Trades Council, siede ad Ancona tra i difensori della redazione de «L’Agitazione» (Malatesta, Smorti, Felicioli e compagni), che segue il processo con un supplemento quotidiano dal 21 al 30 aprile. E proprio in questa occasione conosce L. Fabbri, al quale si deve il resoconto processuale. A causa delle agitazioni e delle successive azioni repressive del governo è costretto ancora una volta ad emigrare.

A Marsiglia si imbarca per l’America del Sud, mentre le autorità italiane lo condannano a 12 anni di galera. Giunto a Buenos Aires, dopo aver fatto tappa a Madera, Santos e Rio de Janeiro, G. s’inserisce subito in un ambiente in cui era tutt’altro che sconosciuto, visto che già due anni prima «L’Avvenire» si era augurato il suo arrivo per “far uscire moltissimi operai dall’indifferenza” in cui erano sprofondati. L’attività argentina di G. è multiforme: da un lato tiene una lunga serie di conferenze davanti ad ogni tipo di pubblico; dall’altro lavora come avvocato (tanto da aprire un “consultorio juridico” con Arturo Riva, un avvocato anarchico), giurista, criminologo, studioso e, occasionalmente, come docente universitario. Da poco arrivato riesce a radunare, a una sua conferenza, più di 2.000 persone entusiaste. Si può dire, con G. Zaragoza, che “la voce di Gori si udì in tutti gli ambienti sociali e in tutti gli angoli dell’Argentina, sia in lo-cali operai che in grandi teatri, in italiano o in spagnolo”.

Una particolare attenzione G. dedica all’organizzazione operaia nonché a quella degli anarchici, fondate sulla “morale della solidarietà” in opposizione al “dogma individualista”, e scontrandosi perciò con le frange più radicali dell’individualismo locale che lo attaccano con estrema violenza verbale. Ma l’attivismo di G. è straripante. Ne «L’Avvenire» pubblica articoli teorici, analisi sulla situazione della classe operaia europea, incitamenti all’organizzazione, polemiche con gli individualisti e i socialisti, poesie, canzoni, opere teatrali (Primo maggio, Proximus tuus, Ideale, Senza Patria, Gente onesta). Dopo il regicidio e il famoso attacco di Giovanni Bovio agli anarchici, con l’articolo Giù il coltello, dà alle stampe a Buenos Aires La nostra utopia, che può essere considerata la sintesi del suo pensiero po-litico. L’ideale anarchico inteso come “l’ascensione accelerata e trionfale della vita dell’individuo, nelle multiformi sue attitudini; la armonia con l’innalzamento di tutte le vite che formano il tessuto organico della società” è inserito in un processo evolutivo che si fonda da un lato sull’ineluttabile sviluppo della tecnica, dall’altro sulla lotta quotidiana di “falangi sempre più co-scienti di lavoratori, sul terreno pratico delle conquiste economiche strappate al capitale dalla resistenza e dalla solidarietà operaia”. La conquista della libertà, non in “virtù della scheda”, ma in “quella della stampa, del comizio, [della] forza suprema della logica, della persuasione”, passerà attraverso l’evento rivoluzionario, “mezzo inevitabile di trasformazione proporzionata ai nostri ideali, e corrispondente al processo accelerato della evoluzione moderna, in cui i fatti sociali son troppo distanti dai bisogni e dalle aspirazioni generali per non far prevedere le scosse brusche, che il nuovo ordine di cose dovrà produrre nel sovrapporsi a quello che già si sta screpolando”. Una rivoluzione, in definitiva, “necessaria” nel quadro dell’inarrestabile corso della storia: “La evoluzione delle idee, trascinate dai fatti e rischiarate da una coscienza nuova della vita, muove rapidamente per mille alvei alla fiumana vigorosa che di tutte le correnti raccoglie gl’impulsi e le energie”.

Nel novembre 1898 pubblica, dirige e coordina la rivista «Criminalogía moderna», sulle cui pagine espone la sua teoria “ambientale” del delitto accanto a contributi di Cesare Lombroso, Guglielmo Ferrero, Adolfo Zerboglio, Scipio Sighele, Augustín Hamon, Pio Viazzi, Napoleone Colajanni (La Mafia. Sus causas y su historia, jun. 1900). Nel 1899 inizia lungi giri di conferenze per il paese, recandosi anche in Uruguay e in seguito, nel 1901, in Patagonia, Cile (ritornando in Argentina per la via della cordigliera), Paraguay. Sempre nel 1901 parte per esplorare le sorgenti del Parana, accompagnato per una parte del viaggio da Cesare Pascarella. La sua attività di propaganda attrae all’anarchismo numerosi lavoratori e intellettuali e contribuisce “a hacer del anarquismo una ideología atractiva y moderna” (G. Zaragoza). Particolarmente rilevante il contributo di G. alla nascita della Federación Obrera Argentina, costituita nel maggio 1901. Solo grazie alle sue doti di mediatore e alla sua concezione unitaria del movimento operaio si riesce a evitare lo scontro frontale tra anarchici e socialisti, segno questo dell’importanza attribuita da G. all’unità del movimento operaio or-ganizzato. Sua infatti la mozione, approvata a maggioranza, che si riserva di accettare, in particolari casi, il “juicio arbitral”, come suoi sono i documenti in favore di una “energica agitación” per la protezione del lavoro femminile e minorile e sullo sciopero generale che, pur “base suprema de la lucha economica entre capital y trabajo”, rimane una delle possibili e non immediate opzioni. Accusato di eccessiva moderazione, G. illustrerà, poco dopo, ai suoi compagni non solo la necessità di conciliare le opposte tendenze, ma definirà la lotta sindacale una “lucha de transacciones continuas” e soprattutto, di fronte alle in-quietudini suscitate dalla questione dell’arbitrato, distinguerà nettamente il piano dei principi anarchici da quello dell’attività rivendicativa quotidiana. Nel settembre seguente, infatti, in occasione dello sciopero dei ferrovieri del Ferrocarril Sud, G. e Montesano riescono a ottenere un accordo con il direttore inglese e il mediatore del governo che è, di fatto, una vittoria operaia. In Sud America G. matura una concezione che può definirsi proto-sindacalista. Se fin dai primi anni Novanta G. aveva sempre considerata importante la presenza e l’azione libertaria all’interno delle società operaie, l’esempio di Pelloutier, conosciuto a Londra, e della sua Féderation des Bourses du Travail, lo induce ad individuare negli organismi orizzontali la cellula di una nuova organizzazione sociale.

Nel gennaio 1902 G. lascia l’Argentina, dopo una memorabile conferenza rimasta a lungo impressa nella memoria degli intervenuti, e ritorna in Italia, agevolato da un’amnistia, per motivi sia familiari sia di salute. Il suo arrivo a Genova suscita notevole entusiasmo tra gli anarchici: “Noi non siamo corrivi alle idolatrie, ma pure non possiamo esimerci dal manifestare il nostro giubilo per la venuta, o meglio il ritorno, del compagno nostro Pietro Gori, tra noi”, scrive «L’Avvenire sociale» il 12 febbraio 1902. Il rientro in patria significa per G. la ripresa dell’attività di conferenziere, pubblicista e avvocato. Invitato da circoli anarchici, Camere del Lavoro, leghe di resistenza tra il 1902 e il 1904 G. gira l’intero paese (Roma, Firenze, Milano, Spezia, Ancona, Pisa, Carrara, Torino, Imola, Napoli, la Sicilia, ma anche molte località minori) suscitando ovunque entusiasmo per la sua “parola alata”.

Su invito di L. Fabbri assume la condirezione, nel 1903, della rivista quindicinale «Il Pensiero», alla quale collaborerà soprattutto con studi di sociologia criminale. In realtà, se è vero che G. avrà sempre un ruolo secondario nella redazione del periodico, la sua funzione non è puramente esornativa, ma testimonia la profonda affinità tra lui e Fabbri nella concezione di un anarchismo organizzato, profondamente radicato nelle realtà operaie, lontano dalle esasperazioni individualistiche e frutto non più della necessità storica ma del progressivo evolvere della coscienza dei produttori verso il “lavoro redento”. G. effettua nel 1904 un viaggio in Egitto e in Palestina di cui relazionerà in una brillante conferenza, Dalla terra dei Faraoni al paese di Gesù, tenuta all’Associazione della Stampa in Roma e che diventerà uno dei temi dei suoi tour propagandistici. Tuttavia le sue precarie condizioni di salute lo costringono a più riprese a soste, più o meno lunghe, all’Elba.

Nel novembre 1905 partecipa al convegno sindacalista organizzato da Ottavio Dinale a Bologna intervenendo sulla vexata quaestio dei rapporti tra sindacato e partiti politici, sostenendo, come aveva già fatto in Argentina, l’estraneità dell’organizzazione sindacale alle lotte politiche e la necessità dell’unità operaia. Nella prima metà del 1906 attua un capillare giro di conferenze “scientifiche e libertarie” in Piemonte, Lombardia, Emilia, ma deve interromperlo per il riacutizzarsi della malattia. Impossibilitato, causa di un intervento chirurgico, a partecipare al Congresso anarchico italiano di Roma nel giugno 1907, è attivo nell’agosto successivo nelle agitazioni che si verificano all’Isola d’Elba per la morte di tre operai e il ferimento di molti altri per lo scoppio di un altiforno e agli inizi del 1908 presenta alla Corte di Lucca opposizione al pro-scioglimento dei “potenti padroni degli alti forni” con l’arringa In difesa delle vittime del lavoro.

Nello stesso anno è tra gli animatori dei grandi scioperi dei minatori di Capoliveri. Nel 1909 tenta di intraprendere un nuovo giro di conferenze, ma la malattia lo costringe all’inattività. In una lettera a Nella Giacomelli scrive: “Ma io son dannato, ormai, ad essere un naufrago della vita vera, della lotta ritempratrice, in questa mia sconsolata zuffa con le insidie del male” («La Protesta umana», 23 feb. 1909). Il 14 novembre 1909 a Portoferraio tiene l’ultima conferenza in commemorazione di Francisco Ferrer. Il 13 marzo 1910 al teatro La Pergola di Firenze viene rappresentata, con un buon successo di pubblico l’opera teatrale di G., Calendimaggio, musicata dal maestro Giuseppe Pietri.

L’8 gennaio 1911 alle ore 6,30 G. muore a Portoferraio, ove si è rifugiato per cercare di trovare sollievo per la sua ma-attia, fra le braccia della sorella Bice e quelle dell’operaio anarchico di Piombino Pietro Castiglioli. La salma viene trasferita da Portoferraio a Piombino via mare e poi con il treno a Rosignano, dove viene tumulata. I funerali si protraggono per ben per tre giorni, durante i quali migliaia di lavoratori da tutta la Toscana si fermano per porgere al poeta dell’anarchia l’ultimo commosso e profondamente sentito estremo saluto. Al cordoglio popolare si unisce il coro dei giornali, anarchici ma non solo, che lo descrivono come il “cavaliere errante”, “l’apostolo”, “il luminoso arcangelo” dell’anarchia. L’8 gennaio diventa una data da celebrare e, anno dopo anno, fino al fascismo il ricordo di G. è perpetuato da cerimonie commemorative, poesie, conferenze, articoli rievocativi e molti paesi e città, soprattutto della Toscana, ma anche dell’Umbria e del Lazio, affiggono epigrafi a lui dedicate, al “poeta gentile insaziabile sempre/di Giustizia e Verità”. (M. Antonioli – F. Bertolucci) 

Fonti

Fonti: Archivio di Stato Pisa, Ispezione Pubblica Sicurezza, b. 935 categ. 21/10, Gori Pietro anarchico; Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Pi. b. 42; Archivio Centrale dello Stato, Fondo Crispi Roma, f. 728; Saggi di letteratura di delinquenti e d’anarchici in Conto-reso del Dipartimento di Giustizia. Anno 1895, Bellinzona, 1896, pp. 86-89.
 
Bibliografia: Opere di G: Rigo [Pietro Gori], Pensieri ribelli: appunti, Pisa 1889; Prigioni, Milano 1891; Intermezzi, Milano 1891; Introduzione a K. Marx e F. Engels, Il manifesto del Partito Comunista 1847, Milano 1891; Battaglie, Milano 1892; Alla conquista dell’avvenire, Mirandola 1892; Il nostro processo: la difesa di Pietro Gori / [Pietro Gori ... et al.], Chieti 1894; Gli anarchici e l’art. 248 del Cod. Pen. Italiano, Difesa dell’Avv. Pietro Gori innanzi al Tribunale Penale di Genova, Paterson [1895]; Primo maggio, bozzetto drammatico in un atto con prologo in versi ed inno corale, Barre, Vt. (USA) [1896]; Proximus tuus, Bozzetto sociale in un atto, Milano 1898; Senza patria: bozzetto sociale in un atto, Buenos Aires 1899 (prima ed. italiana, Chieti 1902); Le basi morali dell’anarchia, Buenos Aires 1900; Ideale. Bozzetto poetico, Chieti 1902; Scienza e religione. Conferenza tenuta il 14 luglio 1896 a Paterson, Roma-Firenze 1904; Guerra alla guerra! Conferenza tenuta il 18 ottobre 1903 nel Politeama Alfieri in Genova, Roma-Firenze 1904; Emilio Zola, Roma 1904; Umanità e militarismo, La Spezia 1904; Nuovi Canti di Pietro Gori. Il Canto dei Lavoratori del mare. Il Canto dei Lavoratori della terra, Torino 1904; Il vostro ordine e il nostro disordine, conferenza tenuta il 15 marzo 1896 nella “Bersaglieri Hall” di S. Francisco Cal. (Stati Uniti d’America), Firenze-Roma 1905; Aspettando il sole! Conferenza tenuta a Roma il 1° Maggio 1902, Firenze-Roma 1905; Ideali e Battaglie, Firenze-Roma, Roma 1905; Gli anarchici sono malfattori? Difesa pronunciata il 27 aprile 1898 innanzi al Tribunale Penale di Ancona nel processo Malatesta e compagni, Roma-Firenze 1905; In difesa della Vita, conferenza tenuta il 18 gennaio 1904 nel Teatro Villa Mazzini in Messina Firenze-Roma 1905; Gente onesta: scene della vita borghese in tre atti, Firneze-Roma 1905; La leggenda del Primo Maggio, (documento pro-postero), Firenze-Roma 1905; Prefazione a F. Pelloutier, Sindacalismo e rivoluzione sociale, Firenze-Roma 1905; Socialismo legalitario e socialismo anarchico. Conferenza tenuta in Milano al Consolato Operaio il 4 aprile 1892, Roma 1906;Gli anarchici sono socialisti? Conferenza tenuta a Roma nella sede della Lega Resistenza Pittori il 6 maggio 1902, Roma 1906; Sante Caserio, Buenos Aires1906; La donna e la famiglia. Conferenza tenuta in Buenos Aires il 25 novembre 1900 nel Teatro Iris, Roma 1906; Canti d’esilio, Chieti 1906; La nostra utopia, Roma 1906; In morte di Messina. Ritmi e rime, Castrocaro 1909; Calendimaggio, scene drammatiche, un atto in due parti, musica di G. Pietri, La Spezia 1910; [Il nostro processo : la difesa di Pietro Gori] / [Pietro Gori ... et al.], Castellamare Adriatico [1910] 3. ed.; Francisco Ferrer. Discorso commemorativo tenuto al Teatro di portoferraio il 14 novembre 1909, Roma 1910; Per la vita e in morte di Francisco Ferrer, Roma 1910; Pensieri ribelli, Pisa 1910; Socialismo e anarchia, Milano [1910].
 
Opere pubblicate dopo la morte:
Opere complete, Spezia 1911: 1. Prigioni: versi; 2. Battaglie : versi; 3. Ceneri e faville; 4. Ceneri e faville, Parte ii; 5. Le difese pronunciate innanzi ai Tribunali e alle Corti di Assise; 6. Sociologia criminale; 7. Sociologia anarchica; 8. Bozzetti sociali; 9. Bozzetti sociali, (Serie ii); 10. Pagine di vagabondaggio; 11. Conferenze politiche, parte prima; 12. Conferenze politiche, parte seconda; 13. Canti d’esilio, poesie varie; Ricordi, Milano [1911]; Sociologia criminale, Vienna 1930; Opere complete, Milano 1946-48: 1. Prigioni: versi, 1946-47; 2. Battaglie : versi, 1946-47; 3. Ceneri e faville, 1947; 4. Ceneri e faville, Parte seconda.; 5. Le difese pronunciate innanzi ai Tribunali e alle Corti di Assise, 1947; 6. Sociologia criminale, 1947; 7. Sociologia anarchica, 1947; 8. Bozzetti sociali, (Serie i), 1947; 9. Bozzetti sociali, (Serie ii), 1947; 10. Pagine di vagabondaggio, 1948; 11. Conferenze politiche, parte prima, 1948; 12. Conferenze politiche, parte seconda, 1948; 13. Canti d’esilio, poesie varie, 1948; Scritti scelti. Vol. 1, Sociologia anarchica. Conferenze, presentazione di G. Rose, Cesena, l’Antistato, 1968; Scritti scelti. Vol. 2, Le difese. Ceneri e faville. Sociologia criminale. Poesie e drammi, Cesena, l’Antistato, 1968; La miseria e i delitti, a cura di M. Antonioli e F. Bertolucci, Pisa, 2011 [Contiene anche la traduzione dallo spagnolo dell’art.: Francesco Carrara e la moderna criminalogia; e la nuova edizione di Pensieri ribelli]
 
Scritti su G.: L. Fabbri, Pietro Gori è morto, «Il Pensiero», 16 gen. 1911; In memoria di Pietro Gori, Roma 1911; G.S. Cassisa, Pietro Gori, Livorno [1911?]; A. Ceccarelli, Pietro Gori, Roma 1911; V.S. Mazzoni, Pensieri e ricordi ed opere di P. Gori, Pisa 1922; L. Galleani, Figure e figuri, medaglioni, Newark (USA) 1930; La vita e l’opera di Pietro Gori, nei ricordi di S. Foresi; “Ultime battaglie”; Lettere e scritti inediti [di Pietro Gori], Milano 1948; Commemorando Pietro Gori nel 40° della morte, numero umico a cura del Gruppo anarchico “Il Pensiero”, Roma, 1950; Borghi, ad indicem; C. Molaschi, Pietro Gori, Milano 1959; Rosignano a Pietro Gori, raccolta di saggi e testimonianze a cura del comitato cittadino costituitosi per le onoranze a Pietro Gori, Cecina 1960; G. Dinucci, Pietro Gori e il sindacalismo anarchico in Italia all’inizio del secolo, «Movimento operaio e socialitsa», n. 3-4, 1967; P. Bianconi, Il movimento operaio a Piombino, Firenze 1970, ad indicem; V. Emiliani, Gli anarchici : vite di Cafiero, Costa, Malatesta, Cipriani, Gori, Berneri, Borghi, Milano 1973; M. Castri et al., Documenti, testimonianze orali, interventi critici riguardanti Pietro Gori, pro manuscripto, Rosignano Marittimo, 20 mar. 1974; Pietro Gori e l’Elba (frammenti della vita di un anarchico raccontati dalla gente), a cura di P. Piscitello e S. Rossi, ciclost., Portoferraio 1974; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972; id., Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, ad indicem; I. Oved, El anarquismo y el movimiento obrero en Argentina, México D.F. 1978, ad indicem; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979, ad nomen: P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano, 1981, ad indicem; M. Antonioli, Pietro Gori, o la breve stagione del cavaliere errante, «Università di Firenze, Facoltà di Magistero, Annali dell’Istituto di storia», 1982-1984; F. Bertolucci, Anarchismo e lotte sociali a Pisa 1871-1901, Pisa 1988, ad indicem; M. Antonioli, Pietro Gori, ovvero il cavaliere errante dell’anarchia, in I miti del Quarto stato tra nostalgia e speranza, a cura di A. Riosa, Manduria 1994; Id., Pietro Gori, il cavaliere errante dell’anarchia: studi e testi, Pisa 1995, 1996 (2. Ed.); Id., Carlo Della Giacoma e Pietro Gori in Carlo Della Giacoma, maestro di musica una vita, a cura di S. Ragni, Cernusco sul Naviglio 1995; S. Ragni, La musica su testi di Pietro Gori, in ivi; G. Zaragoza, Anarquismo argentino (1876-1902), Madrid 1996; L. Fabbri, Luigi Fabbri storia d’un uomo libero, Pisa 1996, ad indicem; M. Antonioli, P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale, Pisa 1999, ad indicem; M. Antonioli, Il teatro sociale di Pietro Gori, in Maschera e rivoluzione. Visioni di un teatro di ricerca, a cura di F. Mastropasqua, Pisa 1999; F. Bertolucci, Per una geografia dell’anticlericalismo in Toscana fra Otto e Novecento, in Galilei e Bruno nell’immaginario dei movimenti popolari tra Otto e Novecento, Pisa 2001; M. Binaghi, Addio, Lugano bella. Gli esuli politici nella Svizzera italiana di fine Ottocento, Locarno 2002, ad indicem; F.J. Devoto, Storia degli italiani in Argentina, Roma, Donzelli, 2006, p. 306; Nostra Patria è il mondo intero. Pietro Gori nel movimento operaio e libertario italiano e internazionale, a cura di M. Antonioli, F. Bertolucci e R. Giulianelli, Pisa 2012; M. Bucciantini, Addio Lugano bella. Storie di ribelli, anarchici e lombrosiani, Torino, Einaudi, 2020.

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