​GIGLI, Oberdank

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​GIGLI, Oberdank

Date di esistenza

Luogo di nascita
Gallarate
Data di nascita
December 4 1883
Luogo di morte
Milano

Biografia / Storia

Nasce a Gallarate (VA) il 4 dicembre 1883 da Giuseppe e Giulietta Pasta, detto “Oberdan”. Diplomato in ragioneria a Genova, dove vive con la famiglia all’inizio del secolo, viene considerato dalla polizia di “buona educazione e coltura piuttosto vasta ma superficiale”. Individualista, appena diciannovenne risulta avere “non poca influenza” sugli anarchici del genovesato ed essere in grado di infondere negli ascoltatori delle sue frequenti conferenze “passioni malsane e di rivolta alle Autorità costituite”. Nel maggio 1902 inizia a collaborare a «Il Grido della folla» con lo pseudonimo “Lina di Gergob”, prefigurando l’evoluzione della società umana “verso una meta di libertà nella quale l’individuo sarà sopra lo stato” (Nuovi tempi - Nuove tendenze, «Il Grido della folla», 17 mag. 1902). Dal gennaio al marzo 1903 redige «La Tribuna del popolo», settimanale anarchico di Sampierdarena, ma ha già contatti personali con gli animatori de «Il Grido della folla», in particolare con Nella Giacomelli. Nell’aprile 1903 è chiamato a Milano per assumere la redazione de «Il Grido della folla», dopo l’esperienza di Gavilli prima e di Paolo Casadei dopo. Rimpatriato con foglio di via obbligatorio nel maggio “come […] disoccupato e vagabondo”, riesce tornare a Milano grazie a una dichiarazione del periodico repubblicano «L’Italia del popolo» nella quale è indicato come proprio impiegato amministrativo (Epifane - Ireos, Un triste caso di libellismo anarchico p. 14). Si apre per il settimanale milanese “un anno di luce”, “un periodo davvero brillante, grazie alla sua agile penna e alla sua anima squisita e ribelle” (ivi, pp. 14-15). Coadiuvato da Ettore Molinari, che spesso firma “G. Bresci”, e da Nella Giacomelli -“Ireos”, G. dispiega una notevole attività di giornalista (utilizzando, oltre al consueto nom de plume, anche quelli di “Nadrebo”, “Nardina Braccetti”, “N. Liggi”, “Yorick”) e di conferenziere. «Il Grido della folla» acquista un tono più meditato, pur nella intensa verve polemica, e un maggior respiro culturale. Tra “Epifane”, “Ireos”, “Virgulto” (Giuseppe “Pippo” Manfredi) e G. si instaura un rapporto di intensa amicizia che durerà negli anni, a dispetto dei profondi contrasti suscitati dalla guerra e più tardi dal fascismo. Alla fine di maggio del 1904 G. si trasferisce da Milano a Finale Emilia, dove lavora come ragioniere presso la Congregazione di carità e più tardi come insegnante di computisteria presso la Scuola tecnica. Nel settembre successivo partecipa, a Roma, al Congresso del Libero Pensiero, dove conosce L. Fabbri. Alla fine del 1905 G. viene coinvolto in un aspro contenzioso tra Fabbri e Ciro Baraldi a proposito della rivista «Il Pensiero». Baraldi, editore e amministrare della rivista a Mantova, nel tentativo di impedire a Fabbri, proprietario della testata, di trasferire il periodico a Roma, cerca di continuarne la pubblicazione offrendo a G. la redazione. Il rifiuto di G., ma soprattutto la sua misura e correttezza, testimoniata dal carteggio con Fabbri, gli procureranno la stima del “pupillo” di Malatesta e degli ambienti dell’anarchismo organizzatore. Quando la ben nota tetrarchia (Epifane, Ireos, Virgulto e Ricciotti Longhi), dopo la traumatica rottura con Gavilli, dà vita a «La Protesta umana», G. collabora intensamente al nuovo periodico, con articoli e con una rubrica intitolata Inni e bestemmie, distinguendosi per l’esaltazione della volontà eroica e per una concezione fortemente aristocratica dell’anarchismo: “lo stesso sogno anarchico è un aristocratico sogno di libertà e giustizia” (O. Gigli, Federico Nietszche, «La Protesta umana», 3 nov. 1906). Il suo individualismo élitario – ma contemporanemente privo delle asprezze e dell’iroso velleitarismo tipici dei “novatoriani” alla Libero Tancredi – gli apre le colonne della rivista «Vir», fondata a Firenze nel 1907 da Giuseppe Monanni, sulla quale afferma la continuità dell’anarchismo con la tradizione classica, a partire dalla filosofia greca del v secolo a. C. (O. Gigli, Anarchismo. Fonti elleniche, «Vir», feb. 1908). A differenza della maggior parte degli anarchici comunisti (organizzatori o no), G. non si limita a ricostruire la propria genealogia ideologica risalendo all’Illuminismo o alla prima tradizione postivista e scientista, ma cerca le proprie radici nel pensiero dei sofisti: “L’analogia del sistema critico della sofistica greca col pensiero anarchico non ha forse bisogno di maggiore illustrazione […]. Affermato essere ogni cosa null’altro che potenza e nulla esservi di sacro per se stesso nasce la psicologia violenta dell’anarchismo”. Quando, nel 1909, Monanni e Leda Rafanelli pubblicano a Milano «Sciarpa nera», hanno anche in questo caso la collaborazione di G. Tuttavia G. non si limita ad una attività puramente giornalistica. Sempre nel 1909 assume la segreteria della Camera del lavoro di Finale Emilia ed entra in polemica, per le sue posizioni relativamente moderate, con il radicalismo di Filippo Corridoni, allora segretario della Camera del lavoro di San Felice sul Panaro. Nell’agosto 1909, infatti, Corridoni, invitandolo ad un pubblico contraddittorio, gli scrive: “Sentiremo quali saranno gli argomenti che ti detterà l’anarchia per combattere il Sindacalismo, in nome del Riformismo”. Se il caso di un anarchico individualista nonché sindacalista non è unico (basti pensare a Camillo Signorini, noto organizzatore dei ferrovieri), è abbastanza inconsueto che l’autore dell’“elogio dell’illogico” e il fautore del vitalismo paganeggiante fosse allo stesso tempo un pragmatico mediatore sindacale pronto a recepire le istanze dei riformisti oltre che gli entusiasmi dei sindacalisti rivoluzionari. Ma G., che è fautore di una linea di ricomposizione dell’unità sindacale, al sindacalismo riformista e al sindacalismo rivoluzionario “semplicistico” di Sorel contrappone il “sindacalismo libertario”: “Questa teoria sindacalista – che confronta il gruppo alla Società – è corollario naturale alla dottrina individualistica che preferisce l’individuo allo Stato” (O. Gigli, Sindacalismo. I tre sindacalismi, «La Voce del popolo», 18 set. 1909). A partire dal 1909 il ventaglio delle collaborazioni giornalistiche di G. si amplia: da «L’Ère nouvelle» a «Il Pensiero» di Fabbri, da «La Voce del popolo» a «La Bandiera del popolo», dal combattivo «L’Agitatore» di Bologna a «La Libertà» di Milano, ennesima creatura di Monanni e di Leda Rafanelli, in cui riprende il tema a lui caro della filosofia sofistica. Allo scoppio della guerra europea, le strade di G. e di alcuni dei suoi vecchi e migliori amici si separano. Non Virgulto “Pippo” Manfredi che desidererà “l’aria frizzante” delle Argonne, ma “Ireos”, ormai “Petit Jardin” Nella Giacomelli, che dopo l’entusiasmo amoroso del 1903 era rimasta una amica affettuosa e presente per Oberdan. G. è uno dei primi anarchici, con Maria Rygier e Mario Gioda, ad assumere una posizione interventista: “Oggi se il problema diventasse anche per noi di difesa della patria se cioè un’invasione terribile di eserciti di abbattesse sull’Italia, noi dovremmo [...] combattere l’invasore e poi – se sarà possibile – noi dovremo combattere la nuova guerra per la liberazione interna” (lettera di O. Gigli in Petit Jardin, In pieno patriottismo!! Da Hervé a Mussolini; da Mario Gioda a Oberdan Gigli, «Volontà», 22 ago. 1914). In difesa della Francia. G. redige con Maria Rygier il Manifesto degli anarchici e rivoluzionari , apparso ne «Il Resto del carlino» il 21 settembre 1914; collabora con l’articolo Per la Francia al numero unico anarcointerventista romano «La Sfida» (ott. 1914) e successivamente al periodico «La Guerra sociale», edito a Milano da Edoardo Malusardi, usando anche lo pseudonimo “Il solitario”. Nel gennaio 1915, durante un giro di propaganda interventista G. è aggredito a Rivara (cfr «Il Domani», 30 gen. 1915) e riceve la solidarietà scritta di Guido Mazzocchi, compagno ai tempi de «Il Grido della folla», di “Pippo” Manfredi, di Attilio Paolinelli e Alfredo Consalvi, ma anche di Nella Giacomelli, che, “col sentimento della [sua] maternità offesa”, si lascia andare ad affermazioni del genere: “Che venga la guerra a spazzar via questa canaglia così spaventevolmente bassa e vile”. Nell’aprile del 1916, G. è accettato come allievo ufficiale di complemento e incorporato nel 2° rgt Artiglieria Campale Pesante e nel luglio parte per la zona di guerra. Diventato tenente, nel 1918 è decorato con la medaglia di bronzo e con la croce di guerra. Congedato una prima volta nel gennaio 1919, lo è definitivamente, dopo un richiamo di sei mesi, nell’agosto. Il rapporto con il fascismo non sarà inizialmente facile. La politica liberticida di Mussolini, di cui era stato compagno nella battaglia interventista, gli procura una profonda inquietudine. Collabora, in questo periodo, a «Critica sociale». Nel 1923 ritorna a Milano come ragioniere capo presso la Società anonima Corporazione italiana di credito. In seguito lavora per la Società di bakelite di proprietà della famiglia Molinari. Infatti, nel dopoguerra, dopo una fase di allontanamento, documentata da una lettera della Giacomelli, riprende i contatti con i Molinari. E nel 1928 interviene, scrivendo a Ada Negri e forse anche a Mussolini (esiste una minuta di lettera) per sollecitare la scarcerazione di Nella Giacomelli, Henry e Libero Molinari, arrestati perché sospettati di avere rapporti con C. Berneri, a sua volta accusato di correità nell’attentato Lucetti. Nel 1929 è radiato dallo schedario dei sovversivi. Simpatizza ormai per il fascismo, in cui vede una forma di “solidarietà sociale” superiore all’“atomismo della civiltà capitalistica” (O. Gigli, Solidarietà operaia, «Il Popolo d’Italia», 10 nov. 1934). Collabora a «Il Popolo d’Italia» e a «La Stirpe», osteggiando le pretese monopolistiche della Chiesa cattolica in ambito scolastico, e si occupa di critica cinematografica. Secondo informazioni pervenute dalla famiglia, a partire dalla Seconda Guerra mondiale si sarebbe spostato su posizioni antifasciste. Muore a Milano nel marzo 1949. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio di Stato Milano, Gabinetto Prefettura, ff. Partiti, Giornali e riviste, Guerre; Biblioteca A. Mai Bergamo, Archivio Masini, Carte Molinari-Giacomelli; Biblioteca Franco Serantini, Sez. Archivio, Carte O. Gigli.
 
Bibliografia: Epifane [E. Molinari], Ireos [N. Giacomelli], Un triste caso di libellismo anarchico (Risposta ad un turpe libello di Paolo Schicchi), Milano 1909; M. Antonioli, Il movimento anarchico milanese agli inizi del secolo, in Anna Kuliscioff e l’età del riformismo, Roma 1978; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano, 1981, ad indicem; M. Antonioli, Gli anarchici italiani e la prima guerra mondiale. Lettere di Luigi Fabbri e di Cesare Agostinelli a Nella Giacomelli (1914-1915), «Rivista Storiaca dell’Anarchismo», gen.-giu. 1994; Id., Gli anarchici italiani e la prima guerra mondiale. Lettere di anarchici interventisti (1914-1915), ivi, gen.-giu. 1995; M. Antonioli, P.C. Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale, Pisa 1999, ad indicem.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

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Note

Paternità e maternità: Giuseppe e Giulietta Pasta

Bibliografia

2003

Persona

Collezione

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