​FRISCIA, Saverio Sortino

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
​FRISCIA, Saverio Sortino

Date di esistenza

Luogo di nascita
Sciacca
Data di nascita
November 11 1813
Luogo di morte
Sciacca

Biografia / Storia

Nasce a Sciacca (AG) l’11 novembre 1813 da Michele e Michelangiola Sortino. Abbandonata la carriera ecclesiastica, nel 1837 si laurea all’università di Palermo e intraprende la professione di medico omeopata (in seguito collaborerà alla «Rivista omiopatica» di Roma opponendosi all’uso dei vaccini antivaiolosi, e poco prima della morte assumerà la presidenza dell’Accademia omiopatica italiana). Iniziato alla carboneria da un cugino, frate domenicano e cospiratore, aderisce successivamente al fourierismo, introdotto a Palermo da Benoît Jules Mure, intimo del Considérant, e al comunismo utopistico professato da Michele Foderà. Nel dicembre 1847 organizza l’insurrezione antiborbonica di Sciacca, precorritrice di quella palermitana del 12 gennaio 1848. Deputato al Parlamento Generale di Sicilia, si schiera con l’opposizione “democratico sociale” di Pasquale Calvi e Milo Guggino, e propone l’armamento volontario del popolo nei giornali l’«Armamento» e «La Costituente italiana». Quest’ultimo è l’organo del Circolo Popolare di Palermo, ma con ramificazioni in tutta l’isola, che F. presiede propugnandovi la costituzione di una repubblica federale tra quelle di Sicilia, della Toscana, di Roma e di Venezia. Con la restaurazione borbonica, viene inviato al domicilio coatto di Trapani e di Favignana, e infine esiliato il 7 luglio 1850. Prima a Genova, poi a Parigi, svolge un’intensa attività cospirativa in collegamento con Rosalino Pilo e Giuseppe Mazzini. Nella capitale francese entra in contatto con l’ambiente proudhoniano (stringe amicizia, in particolare, con Elisée Reclus), assumendo posizioni vieppiù socialiste e antinapoleoniche. Rientrato in Sicilia nell’agosto 1860, viene chiamato da Garibaldi a reggere il segretariato generale del Supremo Magistrato di Salute (una sorta di Ministero della Sanità), da cui sarà poi allontanato per le sue critiche alla “piemontesizzazione” dell’isola. Riesce a ottenere in extremis dal Generale l’impegno per un’ampia autonomia amministrativa della Sicilia, che tuttavia non avrà seguito, e l’approvazione dell’importante decreto sulla censuazione dei beni ecclesiastici, stravolto dalla successiva legge Corleo. Nel frattempo costituisce la Società Unitaria, ne fonda l’organo di stampa («La Campana della Gancia»), e promuove l’assemblea delle Società democratiche della Sicilia, tenutasi a Palermo dal 15 a 28 febbraio 1862, che voterà un programma di riforme politiche avanzate (tra cui una nuova legge elettorale e l’armamento dei volontari garibaldini) e la sfiducia al Ministero Ricasoli. Nel marzo dello stesso anno assume la vicepresidenza dell’Associazione Emancipatrice Italiana, diretta da Garibaldi. Promuove nel contempo una riforma in senso democratico e popolare della massoneria meridionale, sfociata, dopo un primo incarico di rilievo nel Grande Oriente di Palermo, nella fondazione di logge autonome in tutta l’isola e nella città di Napoli. Qui, infatti, finisce con lo stabilirsi alla fine del 1863, per preparare il terreno a una nuova iniziativa di Garibaldi per la liberazione del Veneto, in accordo con Mazzini, e dopo la soppressione dell’Associazione democratica italiana per la Sicilia, che aveva costituito a Palermo a seguito dei fatti di Aspromonte. Dall’Associazione democratica proverranno le leve della cosiddetta frazione “irregolare” del repubblicanesimo siciliano che saranno protagoniste, nei due anni seguenti, delle dimostrazioni di protesta contro l’incameramento dei beni ecclesiastici da parte dello Stato e della borghesia (anziché rimanere patrimonio del popolo e dei Comuni, come proposto da F.), contro l’accentramento amministrativo, l’esosa politica fiscale e la militarizzazione dell’isola. Su sollecitazione di F. e in crescente opposizione al teismo e all’unitarismo mazziniano, diverse sezioni della frazione “irregolare” aderiranno nel 1866 alla società per l’emancipazione dell’umanità, l’organizzazione segreta, anticlericale, federalista e anarchica, che Bakunin ha nel frattempo trasferito da Firenze a Napoli. F. inizia in questo periodo a utilizzare il mandato di deputato (svolto pressoché ininterrottamente dal 1861 al 1882) anche per minare dall’interno il sistema parlamentare borghese e diffondere i propri ideali democratici (pubblici) e socialisti (segreti), usufruendo delle agevolazioni e dell’immunità previste per i parlamentari. Della sua attività parlamentare è particolarmente degna di nota l’accorata ma al tempo stesso prudente difesa dell’insurrezione palermitana del settembre 1866, meglio nota come “la rivoluzione del sette e mezzo” (F. tuttavia non condivise di quella rivoluzione l’equivoco degli accordi con le frange borboniche e separatiste in cui erano caduti alcuni suoi amici della frazione “irregolare”). L’incontro con Bakunin, avvenuto nel 1865, porta al distacco di F. da Mazzini, precipitando una crisi, implicita nelle sue posizioni proudhoniane, materialiste e federaliste, ma rinviata per motivazioni tattiche e contingenti fin dai tempi dell’esilio parigino. La rottura emerge dagli articoli inseriti nei due periodici di cui F. può disporre a Napoli per diffondere le proprie opinioni politiche, «La Luce d’Italia» e «Il Pensiero». Il primo di essi, fondato da Giovani Pantaleo, agisce direttamente sulle logge più avanzate della massoneria meridionale. Il secondo, organo dell’Associazione Elettorale Italiana, di cui F. è membro autorevole, raccoglie gli elementi del repubblicanesimo napoletano più critici nei confronti del mazzinianesimo ufficiale e inclini al libero pensiero e all’apostolato presso le associazioni operaie. Con la mediazione di F., questi gruppi e quelli dei suoi amici siciliani, già organizzati in società segrete (la “Stella d’Italia” a Palermo e la ”Vita nova” in tutta l’isola e nella stessa Napoli) entreranno ben presto nell’orbita della società segreta di Bakunin. L’adesione di F. alle idee bakuniniane è testimoniata dal suo netto rifiuto di partecipare alla Terza Guerra d’indipendenza nazionale. Tale pronunciamento, che si rifà all’opinione di Bakunin per cui “le guerre che si combattono dai Re riescon sempre svantaggiose per il popolo”, mette a dura prova la tenuta stessa della società segreta. Si deve soprattutto a F. e alla sua opera di mediazione se, nonostante le defezioni, la società può riprendersi e porsi su nuove basi pubbliche e di massa. In particolare, F. si volge a recuperare pazientemente alla sua influenza, perduta al momento dello scoppio della guerra, le “sezioni siciliane” a lui precedentemente legate. A Napoli, rimessosi da una grave malattia nervosa che lo ha colpito nell’aprile 1867, F. collabora insieme a Gambuzzi, uno dei transfughi pentiti della società bakuniniana e combattente con Garibaldi in Trentino, all’edizione napoletana de «La Plebe» e, dal 17 agosto 1867, a «Libertà e giustizia», l’organo dell’associazione omonima di cui presiede la Giunta esecutiva e che trae il nome dal motto distintivo del suo programma politico. In questi giornali e nell’attività profusa anche presso i circoli operai napoletani, F. trasferisce la sua caratteristica “doppia militanza”, pubblica e segreta, che è un residuo del metodo cospirativo mazziniano a due livelli, quello democratico generico e legalitario, e quello segreto, sovversivo e illegale (in Bakunin, invece, i due livelli, piuttosto che contenuti diversi, nascondono differenti forme di organizzazione), condivisa d’altronde da molti membri dell’associazione napoletana. Tale “duplicità” favorisce l’infiltrazione dei bakuniniani nelle società operaie, nei gruppi politici mazziniani, in quelli anticlericali e massonici, tant’è che alla fine del 1868 si costituiscono in Sicilia e a Napoli, trasformazioni di preesistenti società operaie e logge massoniche patrocinate da F., le prime sezioni in Italia dell’AIL, alla quale F. ha aderito con Bakunin fin dal mese di luglio. In settembre, F. si reca a Bruxelles, delegato della società operaia catanese “I figli del lavoro” e della loggia massonica “L’Avvenire” di Caltanissetta, per partecipare al iii Congresso dell’ail, ma vi giunge a lavori ormai conclusi; pochi giorni dopo sarà a Berna, al ii Congresso della Lega della Pace e della Libertà (613 set. 1868), dove avrà un ruolo di rilievo, conducendo insieme a Bakunin la minoranza socialista del congresso alla rottura col “pacifismo” democratico e alla creazione a Ginevra, nei giorni seguenti, dell’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista, organizzazione sia pubblica che segreta, di cui sarà chiamato a dirigere la branca nazionale italiana. Tornato in Sicilia, F. si adopera per la costituzione di sezioni internazionaliste nell’isola, non negandosi tuttavia a impegni di più larga portata. È il caso dell’attacco formidabile a Mazzini, per le posizioni di acerba critica di quest’ultimo alla Comune di Parigi, contenuto nel lungo articolo L’Internazionale e Mazzini, che F. fa pubblicare su «L’Eguaglianza» di Girgenti (l’odierna Agrigento) del 6 agosto 1871, e diffondere poi a livello internazionale. A partire dal dicembre dello stesso anno appoggia sulla stessa «L’Eguaglianza» e su «La Campana» di Napoli la lotta di Bakunin contro il Consiglio Generale dell’Internazionale, e dal 4 al 6 agosto 1872 partecipa come delegato della sezione di Sciacca alla conferenza di Rimini, costitutiva della Federazione Italiana dell’Internazionale. Dopo il congresso di Mirandola dell’anno successivo, F., che comincia a nutrire delle riserve sull’esclusivismo “insurrezionalista” che sembra prevalere nella Federazione Italiana, riduce la sua attività alla sola Sicilia, coadiuvato a Sciacca – in cui sperimenta una sorta di socialismo municipale – da amici e parenti, in particolare dalla moglie, la belga Mélanie De Breuk sposata a Parigi nel 1856, e dal fratello Alfonso. Sarà quest’ultimo, durante i moti dell’agosto 1874, a subire l’arresto in sua vece. F. sarà invece direttamente implicato nel processo per cospirazione iniziato a Palermo a seguito della diffusione di manifestini anarchici introdotti da F.S. Merlino e da suoi emissari in Sicilia nell’ottobre 1878, e conclusosi il 4 agosto 1879 con un non luogo a procedere. F. risulta in questi anni in stretto contatto con gli esponenti della corrente repubblicano-socialista, ai margini dell’Internazionale italiana: Carlo Gambuzzi, Lorenzo Piccioli Poggiali, Massimiliano Guerri, Diego Martelli, il belga De Witt e Antonio Martinati. Insieme ad essi sostiene un programma politico ateo, federalista (imperniato sul “comune” quale cellula della società futura), possibilista sui mezzi e attendista in fatto di rivoluzione (atteggiamento che si tramuterà in attesa messianica dell’89, l’anno centenario della rivoluzione francese), e s’impegna in campagne per la liberazione degli internazionalisti arrestati, a Palermo dopo il moto del Matese, e a Firenze per l’“affare delle bombe” del ’78. Il mutato clima politico, con l’avvento della sinistra parlamentare al potere, spinge F. a sostenere in sede parlamentare i governi Depretis, “ma solo pel timore del peggio e perché egli ha saputo burlare il Crispi ed il Nicotera” (lettera a Guerri del 21 dic. 1881) e a farsi promotore di una campagna per il suffragio universale, che inaugura con una imponente manifestazione regionale tenutasi a Girgenti il 22 agosto 1881. Inizia così da parte degli ex internazionalisti siciliani quell’opera di raccordo delle frazioni estreme della democrazia isolana che porterà alla costituzione nel settembre del 1882 dell’Associazione Radicale palermitana, con posizioni nettamente più avanzate di quelle sostenute dalle analoghe organizzazioni continentali. L’Associazione radicale e i suoi giornali degli anni 18821885 («Il Radicale», «La Nuova Età», «Il Risveglio» e «L’Italia del popolo»), ai quali F. collabora a suo modo, “senza che altri abbia a capire da qual persona venga l’articolo” (lettera a Guerri del 2 mag. 1881), servirà da incubazione e copertura dei movimenti di estrema sinistra (socialisti costiani e anarchici, operaisti, mazziniani) che emergeranno gradualmente, autonomizzandosi, nella seconda metà degli anni Ottanta. Di identico tenore sono i giornali che F. fonda o ispira a Sciacca («La Luce» 1879, «La Gioventù» 1882, «Il Belligero»” 1883, «Il Vesper» 1884, «Humanitas» 1885), dove le ricorrenti crisi di asma prima e la sconfitta elettorale del novembre 1882 finiscono col relegarlo ai margini del dibattito. Non smette tuttavia il suo impegno politico pubblico, sia come consigliere provinciale che come presidente del Consorzio Agrario, per il quale introdurrà metodi d’avanguardia nella coltivazione della vite e dell’ulivo. Continua nel frattempo a svolgere una preziosa seppur sotterranea opera di orientamento in senso socialista rivoluzionario delle nuove generazioni siciliana fino alla morte che lo coglie in Sciacca il 22 febbraio 1886. (N. Musarra)

Fonti

Fonti: Biblioteca Comunale di Sciacca, Archivio famiglia Friscia-Cassar-Scaglione; Domus Mazziniana, Corrispondenza Friscia-Dolfi; Biblioteca nazionale centrale Firenze, Corrispondenza Friscia-Guerri; Ai miei elettori del Secondo Collegio di Palermo, Suppl. a «Il Popolo d’Italia», Napoli 27 nov. 1866.
 
Bibliografia: P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969, ad indicem; A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l’Unità (18601878), Napoli 1973; G. Mazzini, Lettere a Saverio Friscia, Chiavari 1975; G. Asproni, Diario politico 1855-1876, vol. iv (186467), Milano 1981; G.C. Marino, Saverio Friscia socialista libertario, Palermo 1986; F. Cassar, Saverio Friscia tra Risorgimento e Stato unitario, Sciacca 1986.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

Note

Paternità e maternità: Michele e Michelangiola Sortino

Bibliografia

2003

Persona

Collezione

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