BIENTINESI, Armando

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
BIENTINESI, Armando

Date di esistenza

Luogo di nascita
Livorno
Data di nascita
14/01/1898
Luogo di morte
Livorno
Data di morte
20/10/1967

Attività e/o professione

Qualifica
Impiegato
Qualifica
Muratore

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Livorno il 14 gennaio 1898 da Luigi e Iginia Cecchi, impiegato, muratore. Soldato nella Grande Guerra, viene condannato, il 16 novembre 1920, a un anno di carcere “per duplice obiezione in zona di guerra” (pena sospesa per cinque anni), poi, al principio del 1921, emigra in Francia e nel 1924 fa il “propagandista anarchico” a Marsiglia. Nel gennaio del 1926 lavora, come scaricatore, a Port-de-Bouc, e il mese seguente rientra a Livorno, dove subisce diverse perquisizioni domiciliari e personali, tutte “infruttuose”. Falliti due tentativi di lasciare l’Italia con il postale Livorno-Bastia, riesce a procurarsi, nel maggio 1931, una barca e a emigrare clandestinamente in Corsica. Denunciato “per espatrio abusivo determinato da motivi politici”, è colpito, nel 1932, da un decreto di espulsione per la sua attività sovversiva. Rimasto nell’isola, viene condannato a due mesi di reclusione per “rottura di bando”, poi, nell’agosto 1933, si rifugia ad Algeri e, 40 giorni dopo, si sposta a Orano, dove lavora nell’edilizia sino al principio del 1935. Successivamente fa il facchino ad Alicante e a Valencia e nell’agosto 1936 si arruola, a Barcellona, nella Colonna Italiana a maggioranza anarchica, comandata dal repubblicano Mario Angeloni. In seguito prende parte ai sanguinosi combattimenti di Monte Pelato, Tardienta, Almudévar e Carrascal de Huesca e nell’aprile 1937, dopo lo scioglimento della Colonna Italiana, passa nella 26ª Divisione. Il 7 dicembre 1937 viene iscritto nel «Bollettino delle ricerche», per la misura di arresto, il 10 gennaio 1938 è schedato dal prefetto di Livorno, che ne ricorda il ribellismo e la militanza libertaria, e il 15 maggio 1938 figura in un “elenco di anarchici che sono stati in Spagna nelle milizie rosse”, insieme a Ernesto Bruna, Antonio Calamassi, Antonio Chierici e Luigi Collina. Nel febbraio del 1939 rientra in Francia e finisce nel tremendo campo della “fame e del disprezzo” di Argelès-sur-Mer, una desolata distesa di sabbia, priva di tutto, dove gli internati dormono – in un inverno rigidissimo – in buche scavate nel suolo, mangiano canne palustri e sono vittime dello scorbuto, della tbc e perfino della lebbra. Ad Argelès B. aderisce al gruppo anarchico “Libertà o morte”, insieme a Ernesto Bonomini, Faustino Braga, Gennaro Gramsci, Carlo Montresor, Cornelio Giacomelli, Muzio Tosi e altri compagni di fede, poi, al principio del 1940, viene aggregato ad una compagnia di lavoratori stranieri e mandato a fortificare la frontiera franco-belga. Passato in Belgio, dopo la caduta di Parigi, è segnalato a Bruxelles, dove vive in un appartamento, assieme agli ex “miliziani rossi” Dante Armanetti, Aldo Demi, Giuseppe Peano e Ateo Vannucci, e lavora al ripristino di uno dei ponti della città. In seguito fa l’operaio edile e stradale nelle città tedesche di Stettino e Berlino e il 14 novembre 1942 viene consegnato ai fascisti italiani al valico del Brennero. Tradotto a Livorno il 18 novembre, viene sottoposto a interrogatorio e il 2 marzo 1943 è assegnato al confino di polizia per due anni. Tradotto alle Tremiti, viene liberato nel settembre 1943. Tornato a Livorno, continua a militare nel movimento libertario fino alla morte, che lo coglie il 20 ottobre 1967. (F. Bucci – R. Bugiani – A. Tozzi)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; I compagni, Armando Bientinesi, «Umanità nova», 18 nov. 1967.

Bibliografia: U. Marzocchi, V. Rabitti, La Colonna italiana sul fronte di Aragona, «Umanità nova», 16 lug. 1956; A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, p.1116; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomenLa Spagna nel nostro cuore. 1936-1939 Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen.

Codice identificativo dell'istituzione responsabile

181

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