AGRESTI, Antonio

Tipologia Persona

Intestazione di autorità

Intestazione
AGRESTI, Antonio

Date di esistenza

Luogo di nascita
Firenze
Data di nascita
23/10/1864
Luogo di morte
Roma
Data di morte
28/03/1926

Attività e/o professione

Qualifica
Incisore

Nazionalità

Italiana

Biografia / Storia

Nasce a Firenze il 23 ottobre 1864 da Girolamo e Genoveffa Cherubini, incisore. I registri di PS lo segnalano militante nella “setta anarchica” sin dal 1883, sottolineandone il carattere “ardito ed audace” e le doti di valente organizzatore e conferenziere. Condannato in data 19 settembre 1884 per avere, con altri compagni, stampato e diffuso un manifesto “gravemente offensivo dell’ordine monarchico costituzionale”, A. fugge a Marsiglia, quindi a Parigi, da dove è espulso nel 1889 per attività “sovversiva”. Eluso il provvedimento di espulsione, il venticinquenne anarchico toscano rientra in Firenze (essendo nel frattempo intervenuta un’amnistia) soltanto nel marzo del 1890, allorché è tuttavia arrestato perché renitente alla leva e condannato a un mese di carcere. Una volta rilasciato, A. riprende a pieno ritmo l’attività di propaganda, facendo la spola tra Firenze e la provincia, fino ad agosto quando raggiunge nuovamente Parigi, ove vive per qualche tempo prima di essere tratto in arresto (il 20 giugno 1891) per aver disatteso al precedente decreto di espulsione. Scontata la relativa pena in un carcere francese, A. ripara a Bruxelles, poi ad Avignone, ovunque incorrendo in ulteriori disavventure giudiziarie, finché, nell’estate1895, non prende la via degli USA. Oltreoceano, su incarico fiduciario di E. Malatesta, si mette in luce come organizzatore e gestore del periodico «La Questione sociale» di Paterson. Sulla durata della sua permanenza negli USA vi è incertezza, anche perché i suoi successivi spostamenti non sono agevolmente documentabili. È però certo che, dal febbraio 1896, egli si trova a Londra, dove intensifica l’attività di pubblicista per conto della stampa libertaria (di particolare interesse un suo lungo articolo in quattro parti, I poeti della libertà – dal sapore, invero, più letterario che politico –, comparso tra il maggio e l’agosto del 1896 sulla rivista «La Protesta», edita a Tunisi da Nicolò Converti), contribuendo altresì alla pubblicazione, nell’agosto, dell’importante numero unico «L’Anarchia», fortemente voluto da E. Malatesta quale manifesto programmatico per la riorganizzazione su basi rivoluzionarie, anti-evoluzioniste e anti-individualiste, del movimento anarchico. Nell’agosto del 1897 A. fa infine ritorno a Firenze, mostrando, almeno in apparenza, un graduale disimpegno dall’attività politica e un sostanziale distacco dallo stesso anarchismo (“pare” si affretta a registrare la Prefettura fiorentina “che ei si sia scostato dal Malatesta Enrico e che abbia accettato la tattica evoluzionistica di cui si è fatto propugnatore il Merlino”). Negli anni a seguire A. (che alla fine del 1902 lascia definitivamente il capoluogo toscano per stabilirsi a Roma) abbandona dunque il la-voro organizzativo e di propaganda, per dedicarsi nondimeno a una fervida opera di pubblicista. Accostatosi in effetti al socialismo – come attestato dalla collaborazione con «Il Domani», di cui, per un periodo, è anche capo redattore, e con l’ «Avanti!» –, egli si rivela sensibile anche ad altre influenze. La sua firma compare, tra l’altro, su «La Lupa», la rivista fiorentina fondata da Paolo Orano, singolare arena d’incontro tra certo sindacalismo rivoluzionario e talune frange del nascente movimento nazionalista. Nell’originario anarchismo movimentista di A. vengono dunque innestandosi, nel contraddittorio clima politico-culturale d’inizio secolo, elementi nuovi ed eterogenei, ma, alla vigilia del primo conflitto mondiale, egli appare rientrato a pieno titolo nel movimento libertario (“professa sempre princìpi anarchici”, annota la Prefettura di Roma il 21 novembre 1913, specificando in ogni caso ch’egli deve ormai ritenersi “un intellettuale […] incapace di azione”), figurando altresì tra i collaboratori della malatestiana «Volontà». Le inclinazioni sindacaliste riaffiorano evidentemente all’irrompere della guerra. A. aderisce, infatti, all’interventismo rivoluzionario, dimostrandosi uno dei più entusiasti del battagliero gruppo di anarchici interventisti. Promotore, alla fine di ottobre del 1914 (insieme ad Attilio Paolinelli, Massimo Rocca, Maria Rygier e Torquato Malagola) del numero unico «La Sfida», foglio a firma “gli anarchici indipendenti d’Italia”; A. è anche autore del pamphlet Perché sono interventista, nel quale, in polemica con L. Fabbri, rivendica le ragioni propriamente libertarie della lotta contro l’autocrazia austro-tedesca. Nel corso della campagna interventista, peraltro, A. finisce per accostarsi al mazzinianesimo (cfr., una sua lettera pubblicata da «La Libertà», organo del PRI raven-nate, il 5 dic. 1914). Nel dopoguerra, l’ex anarchico, pur mostrando simpatia per il fascismo, si ritira di fatto dall’agone politico, trovando stabile impiego presso il giornale conservatore «La Tribuna». Nel marzo del 1925 la Prefettura della capitale ne propone la radiazione dal registro dei “sovversivi” in quanto comprovato “uomo d’ordine”. Muore a Roma il 28 marzo 1926. (A. Luparini)

Fonti

FONTI: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

BIBLIOGRAFIA: Scritti di A.: Perché sono interventista. Risposta all’opuscolo “La guerra europea e gli anarchici”, Roma 1917. Scritti su A.: A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo, tra rivoluzione e revisionismo, Montespertoli, 2001, ad indicem.

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